manifestazione a Lannemezan per la scarcerazione di George Ibrahim Abdallah

I dibattiti pubblici francesi e le soluzioni britanniche

Massimo Bordin

Negli anni Ottanta a Parigi dovettero fare i conti con un tipo di terrorismo molto insidioso

Negli anni Ottanta a Parigi dovettero fare i conti con un tipo di terrorismo molto insidioso che colpì il luogo più affollato della città, il metrò. Un gruppo libanese, le Farl, Frazione armata rivoluzionaria libanese, reclamava la liberazione di un suo leader, detenuto in Francia con accuse di omicidio, George Ibrahim Abdallah. Il gruppo in sé non era un granché, sostanzialmente una delle tante bande armate libanesi costruite su base familistica. In parole povere un clan che, al servizio della Siria, allora guidata dal padre di Bashar el Assad, Hafez – “il leone di Damasco” – si occupava di omicidi mirati non solo in medio oriente ma anche in Europa. Di un paio di questi omicidi era accusato Abdallah. I suoi sodali rapirono l’addetto culturale francese in Libia e poi, visto che non era servito a liberare il loro capo, passarono agli attentati al metrò, che fecero vittime. Contestualmente, rivendicando gli attentati di Parigi, fecero presente di avere contenziosi minori ma simili anche in Inghilterra, adombrando l’ipotesi di analoghe iniziative oltre Manica. In Francia si avviò un grande dibattito fra fermezza e trattativa, l’avvocato Jacques Vergès assunse la difesa di Abdallah col suo consueto stile pirotecnico e il piccolo rais libanese alla fine fu liberato. In Inghilterra non successe nulla di tutto ciò. Il governo tacque sulle minacce dei comunicati provenienti da Parigi, nessuno propose lo stato d’emergenza e attentati non ce ne furono e nemmeno dibattiti sulla stampa. Solo un trafiletto in cronaca sulla misteriosa morte di due cittadini libanesi a Londra.

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