(foto LaPresse)

La presunta colpa di Marco Minniti

Massimo Bordin

Gianni Alemanno chiede le dimissioni del ministro dell'Interno per aver fatto i nomi dei due agenti di polizia che in un conflitto a fuoco hanno ucciso lo stragista

Non poteva durare e infatti è finito subito. Giusto il tempo di immaginare il presidente del Consiglio italiano al prossimo vertice europeo mentre guarda i colleghi tedesco e francese con una espressione tipo “Avanti. E adesso dite che siamo un paese inaffidabile. Forza”. L’immaginazione ha dovuto cedere alla realtà appena è uscito un comunicato di Gianni Alemanno che chiede le dimissioni del ministro dell’interno. La colpa di Marco Minniti sarebbe quella di aver fatto i nomi dei due agenti di polizia che in un conflitto a fuoco hanno ucciso lo stragista. Stragista presunto, per carità. Sui social forum si sono immediatamente aggiunti economisti, politologhe, esperte di comunicazione e soggetti vari, perfino giornalisti. Preoccupazioni analoghe, senza richieste di dimissioni, sono state espresse dal capo della polizia, non su Twitter ma con una circolare. Poco importa che il ministro abbia parlato quando già agenzie e televisioni avevano fornito i nomi a tutti. Poco importa che la pubblicità sia stata inevitabile, visto che non si trattava di una azione coperta fatta da forze speciali ma di un controllo fatto da una forza territoriale. Poco importa che con un ferito all’ospedale era difficile coprire i protagonisti. Ancora meno importa che una censura sui nomi avrebbe provocato una ridda di dietrologie e richieste di dimissioni, magari dal fronte politico opposto, in nome del noto slogan “Sia fatta piena luce!”. Eppure non siamo un paese inaffidabile. Siamo un paese irredimibile.

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