Giuseppe Sala (foto laPresse)

Il sindaco Sala, la critica garantista e il tempo delle indagini

Massimo Bordin

Non è una posizione comoda quella di Beppe Sala

Ci sono interpretazioni dei fatti che paiono di primo acchito molto ragionevoli, tanto da determinare nei propri pensieri una sorta di reazione di rigetto nel momento in cui sopravvengono i primi dubbi. E’ quella sensazione descritta dal sommo Altan quando un suo personaggio pronuncia la memorabile battuta : “Mi trovo a fare pensieri che non condivido”. A proposito di questa sensazione, prendiamo la “auto sospensione” del sindaco di Milano dopo aver ricevuto la notizia, ma non la notifica, di una indagine su di lui. Un “garantista” doc può avere più di un motivo di critica verso la scelta del sindaco Sala. Da un punto di vista politico, così si accondiscende a un criterio secondo il quale basta l’avvio di una indagine di un pm per bloccare una autorità politica democraticamente eletta, a prescindere dall’esito dell’indagine. Troppo comodo e troppo squilibrato nel rapporto di pesi e contrappesi. Dunque un cedimento grave dal punto di vista democratico. Per di più l’istituto della auto sospensione non esiste, è una metafora non una procedura, e alle procedure un “garantista” deve essere attento. Per questo, ed è l’affondo finale, la auto sospensione si configura come una indebita pressione sui magistrati. Benissimo, anzi no. Perché indebita? Mi indagate e vi prendete sei mesi per decidere se vale la pena poi formulare l’accusa. Io nel frattempo sono, settimana dopo settimana, “il sindaco indagato” che malgrado ciò resta al suo posto. Non è una posizione comoda. Facciamo così: voi indagate pure, io intanto non tocco carta. Ne risentirà l’amministrazione? E certo. Dunque prima decidete e meglio sarà per tutti. Certamente è una pressione ma più che indebita a me pare intelligente e perfino doverosa, direi. Se condividessi il mio pensiero.

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