(foto LaPresse)

L'obbligo di indicare il capo coalizione

Massimo Bordin

Non c’era obbligo, tutti lo facevano comunque con entusiasmo

Ha ragione Luca de Vecchi che ieri mi correggeva su questo stesso giornale a proposito dell’obbligo di riportare nel simbolo delle liste coalizzate, secondo il sistema elettorale detto Porcellum, il nome del capo della coalizione, di fatto candidato presidente del Consiglio. Non c’era obbligo, tutti lo facevano comunque con entusiasmo. L’obbligo dell’indicazione del “capo” però era previsto espressamente al momento della presentazione delle liste coalizzate che così concorrevano al pingue premio di maggioranza. Di questo, più precisamente di quanto si sia fatto qui, de Vecchi ha dato conto al lettore. Si potrebbe obiettare che dal punto di vista della percezione dell’elettore medio poco cambia, ma mi rendo conto che è materia opinabile e in ogni caso la ricostruzione di de Vecchi è innegabilmente più precisa. Vero che, a Costituzione immutata, resta il Presidente della Repubblica l’unico titolato a nominare il presidente del Consiglio. Vero anche che l’obbligo dell’indicazione del capo coalizione si abbinava a quello di allegarvi un programma, che “nessuno, per fortuna, si è mai avventurato – scrive De Vecchi – a ritenere vincolante ma, com’è ovvio, soggetto alla libertà di mandato dei parlamentari eletti”. Vero, anzi ovvio. Anche se, sempre per la verità, qualcuno comincia ad avventurarsi non senza inquietanti consensi. Cercare di capire perché potrebbe essere utile. Sempre con la massima precisione, si capisce.

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