Una seduta del Senato (Foto La Presse)

La Terza Repubblica si fonderà sul pilastro della prima: il proporzionale

Massimo Bordin

Si chiude il periodo iniziato con i referendum di Mario Segni e in parte dei radicali, dopo venticinque anni di progressivi slittamenti dall’idea originaria, quella del maggioritario uninominale puro

“Non è che possiamo piazzare all’inizio della terza repubblica i pilastri della seconda. Non è che, continuando con la torsione della rappresentanza, risolviamo i problemi”. Queste parole, pronunciate ieri da Matteo Orfini nel corso della direzione del Pd, sono forse state le più significative della intera riunione. Orfini rispondeva a chi esplicitamente riproponeva il Mattarellum per uscire dall’impasse ma in realtà le sue parole erano implicitamente critiche anche verso l’ultimo, contestato e non ancora sperimentato, sistema elettorale, prodotto dal governo Renzi. La Terza Repubblica, se mai vedrà la luce, si fonderà sul pilastro della prima: il proporzionale. Si chiude il periodo iniziato con i referendum di Mario Segni e in parte dei radicali, dopo venticinque anni di progressivi slittamenti dall’idea originaria, quella del maggioritario uninominale puro, da subito modificata, prima dal quesito referendario, inevitabilmente, poi dalla trascrizione legislativa, con scelte non altrettanto necessitate, infine con la mutazione in un altro sistema, definito dal suo stesso ideatore una obiettiva porcata. Adesso il giro si è completato e si torna alla prima casella. Resta però un problema. La “torsione della rappresentanza”, per dirla con le parole di Orfini, grande o piccola che sia, esiste in qualsiasi sistema elettorale. Anche nel proporzionale. Non esiste un sistema che dia rappresentanza perfetta, sarebbe un paradosso, una carta geografica 1:1, come la “mappa dell’impero” di cui ha scritto Borges. Prepariamoci a un dibattito sulla torsione sostenibile.