Arnone (foto LaPresse)

La bizzarra vicenda dell'avvocato Arnone

Massimo Bordin

La giustizia è una cosa strana. In tribunale può veramente accadere di tutto e ci si stanca perfino di stupirsi. Resta però il gusto della cronaca di qualcosa che non si era mai visto

La giustizia è una cosa strana. In tribunale può veramente accadere di tutto e ci si stanca perfino di stupirsi. Resta però il gusto della cronaca di qualcosa che non si era mai visto. Per esempio un indagato agli arresti domiciliari, con tutte le limitazioni del caso relative a contatti e colloqui, che convocato in tribunale per due interrogatori, decida di utilizzare in modo creativo la pausa fra l’uno e l’altro. Siccome il detenuto è avvocato ha indossato la toga e ha patrocinato in udienza una sua collega, che era nella veste di parte lesa. Il giudice l’ha lasciato fare, pur sapendo benissimo della particolare situazione, visto che l’arresto dell’avvocato Arnone aveva avuto notevole eco nel palazzo di giustizia di Agrigento. Della vicenda questa rubrica se ne è occupata qualche giorno fa, notando come, a parte ogni altra considerazione, il mondo giudiziario agrigentino, procura, tribunale e avvocati, non ne uscisse benissimo. La bizzarra vicenda sembra confermare un giudizio del genere. Anche se naturalmente qualcuno può sempre trovare il modo di mettere nero su bianco che un detenuto a casa, con divieto di telefonare e ricevere persone, può però patrocinare in tribunale. Del resto, oltre che dei templi, Agrigento è la città di Pirandello.

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