Una manifestazione di studenti a Padova. Foto d'archivio LaPresse

bandiera bianca

Più giovani ci sono in una città peggiore è la qualità della vita

Antonio Gurrado

Quest'anno la classifica del Sole 24 Ore è suddivisa anche per fasce d'età. Le cittadine universitarie se la cavano maluccio. Qualche deduzione

Le classifiche delle migliori città italiane per qualità della vita, che quest’anno il Sole 24 Ore ha diffuso anche suddivise per fasce d’età, indicano secondo me la strada di un’utopia intentata: concentrare specifiche fette di popolazione nel luogo in cui, dati alla mano, si troverebbero meglio. E quindi fare di Aosta, Arezzo e Siena delle città-asilo per bambini fra gli 0 e i 10 anni, consentire l’accesso a Piacenza, Ferrara e Ravenna solo a chi è fra i 18 e i 35, mandare gli anziani anziché in ospizio a Cagliari, Bolzano e Trento. Ne uscirebbe un’Italia molto più ordinata. Inoltre, per converso, si potrebbe minacciare i pargoli di mandarli a Matera, Caltanissetta o Foggia se non fanno i bravi, punire i giovani indisciplinati confinandoli a Roma, Barletta o Carbonia, e vendicarsi di genitori o nonni stronzi facendoli marcire a Lucca, Massa-Carrara o Pistoia. C’è solo una controindicazione. Noto infatti che le cittadine universitarie, quelle dunque in cui ci sono molti studenti rispetto ai pochi abitanti, se la cavano malaccio: Padova è cinquantaseiesima, Perugia sessantacinquesima, Pavia settantunesima, Pisa ottantaseiesima. Se ne deduce che per i giovani le migliori città sono quelle con meno giovani, e che probabilmente più giovani ci sono in una città peggiore è la qualità della vita. Chissà se vale anche per bambini e anziani.

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