Una scena di Se mi lasci ti cancello (Eternal Sunshine of the Spotless Mind), film del 2004 diretto da Michel Gondry con protagonisti Jim Carrey e Kate Winslet

L'ultimo rifugio del nostro egoismo

Antonio Gurrado

Sogni e incubi. Dall’app che ogni mattina ti domanda cos’hai sognato alla sua deriva distopica

Leggo su Panorama che esiste Dream, un’app che ogni mattina ti domanda cos’hai sognato e, presumo, non ti lascia in pace fino a che non hai risposto. È un modo per sognare di più, in effetti. Già Freud notava che, quando si appuntano i propri sogni per analizzarli o farli analizzare, al risveglio si tende a ricordarsene molti di più che in condizioni abituali; e il grande scrittore sottovalutato Luigi Malerba nel 1978 tenne un diario quotidiano dei sogni, su un quadernino, notando che dopo le iniziali reticenze l’inconscio sembrava predisporsi a imbastire sogni più sofisticati e significativi, come se facendo i compiti ogni notte volesse rimediare una bella figura.

 

Sognare è bellissimo, avventuroso ed eccitante, oltre che utile all’autostima poiché si scopre di essere, senza saperlo, più bravi o più originali di fior di sceneggiatori. Ma sognare perché ce lo chiede un’app? Magari a giovamento di un database che consenta di monitorare le fluttuazioni dell’attività onirica mondiale in base alle mutate condizioni socioeconomiche? Quello sì che sarebbe un incubo; temo si finirebbe per sognare di essere spiati da una masnada di volenterosi robot moralisti. I sogni fatti a pubblico beneficio diventerebbero noiosi ed edificanti, sottraendoci l’ultimo rifugio in cui possiamo davvero permetterci di essere egoisti.

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