La paraculaggine di fascisti e razzisti

Antonio Gurrado

La maglietta con la scritta “Auschwitzland” a Predappio? “Humor nero”. I baristi di Susa contro i “finti profughi”? Una “provocazione un po' forte”. Le parole giustificatorie dei protagonisti di spicchi marci di cronaca

Non apologia di fascismo bensì humour nero, secondo l’ex candidata sindaco di Budrio che si è presentata alla commemorazione di Mussolini a Predappio con la maglietta “Auschwitzland” che equiparava campo di sterminio e parco divertimenti. Non discriminazione razziale bensì una provocazione un po’ forte, secondo i baristi di Susa che su Facebook si sono vantati che nel proprio locale fosse vietato l’ingresso a “finti profughi” come nigeriani, senegalesi e non so chi altro. Dalla provincia di Bologna a quella di Torino, e chissà dove altro in Italia, la nuova linea di pensiero degli inaccettabili è il postmodernismo: o meglio, quelle diramazioni imprevedibili della boutade di Nietzsche secondo cui non esistono fatti ma solo interpretazioni. Dunque non esiste negazionismo ma solo “humour nero”, non esiste segregazione ma solo “una provocazione un po’ forte”. Queste testuali parole giustificatorie dei protagonisti di tali spicchi marci di cronaca, tuttavia, non hanno solamente una rilevanza relativa agli effetti deleteri della volgarizzazione della filosofia e delle sue trovate; sono anche testimonianza di una nuova ideologia che adotta la tattica di affermare negando, ovvero contraddire le parole con lo spirito. La bandiera comune sotto cui si riuniscono le idee impresentabili della plebe postmoderna non è, nonostante le ambizioni, né il fascismo né il razzismo: è la paraculaggine, anzi la codardia. 

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