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La libertà accademica ai tempi della Brexit

Antonio Gurrado

Un parlamentare sostenitore del leave è accusato di perseguitare i più europeisti fra i docenti britannici

Lord Patten, massima autorità dell’Università di Oxford, ha parlato di “leninismo idiota” mentre il capo dell’istituto di studi europei della London School of Economics, Kevin Featherstone, ha tirato in ballo il maccartismo: tali reazioni opposte ma assimilabili sono state generate da una lettera, informale e ingenua, che un parlamentare conservatore ha inviato ai rettori di tutte le università britanniche. Strenuo sostenitore della Brexit nella buona e nella cattiva sorte, Chris Heaton-Harris ha richiesto i nomi di tutti i professori che tengano corsi sugli affari europei, nonché i relativi programmi d’esame e i link alle lezioni online; tutto materiale reperibile con un po’ d’impegno su internet ma che, domandato su carta intestata di Westminster, ha fatto temere l’inizio della persecuzione sistematica dei più europeisti fra i docenti britannici. Non è mania di persecuzione quanto piuttosto la gelosa difesa della libertà accademica, caposaldo della ricerca e dell’insegnamento (nonché dell’eccellenza) oltremanica, e per questo motivo tutti hanno strillato.

 

Heaton-Harris è stato solo maldestro e ha scritto su iniziativa personale, subito sconfessato dal partito che rappresenta; contemporaneamente invece i rettori di Cambridge e Oxford sono stati sollecitati a mutare i criteri di selezione delle matricole da una lettera formale di centootto parlamentari, primo firmatario il laburista David Lammy. Sette anni fa Lammy insisté per ottenere da ogni singolo college dati esatti riguardo all’estrazione sociale di ciascuno studente, in barba a ogni privacy, onde calcolare quanto rappresentate fossero le minoranze etniche e adesso, dopo approfonditi studi, comunica urbi et orbi la scoperta dell’acqua calda: nelle università d’élite non sono adeguatamente rappresentati gli studenti che provengono da situazioni di disagio o ignoranza, in particolare se neri o caraibici. La soluzione è garantire quote etniche a queste minoranze, così da trascinare Cambridge e Oxford dalla meritocrazia all’egualitarismo; senza però considerare che proprio i rigidi criteri di selezione hanno reso tali le migliori università britanniche. Non è libertà accademica anche questa? Eppure non ha strillato nessuno.

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