Matteo Salvini (foto LaPresse)

Ostia come la Catalogna? Salvini avrebbe fatto meglio a dire “indipendenza alla padana”

Antonio Gurrado

La solita moda dei politici italiani di adattare a un contesto locale modelli stranieri, che non c'entrano niente

Aridagli, Salvini. Sarà stata una battuta di spirito, e avrà magari tutte le ragioni concrete di questo mondo, ma il leader della Lega che invoca per Ostia una “indipendenza alla catalana” dal comune di Roma ricade nel solito vizio: acciuffare un modello politico estero alla moda, che gli elettori hanno orecchiato senza particolare comprensione dei dettagli, per applicarlo su un contesto locale che non collima minimamente. Lo ha fatto con Trump, con la Brexit, con Marine Le Pen, perfino con Alternative für Deutschland; adesso il sovranista col fascino dell’esotico ci riprova con Puigdemont. Se proprio vogliamo essere pignoli, seguire il modello catalano significherebbe proclamare uno Stato autonomo composto da Ostia, Dragona, Acilia, Infernetto e Casalpalocco. Ma immaginiamo pure che il X Municipio decida davvero di staccarsi dalla Capitale alla catalana. Ciò implicherebbe un referendum semiclandestino, un po’ di mazzate, la proclamazione dell’indipendenza in favore di telecamere e la sua immediata sospensione in favore dello status quo. A ben guardare lo stesso identico schema era stato seguito nel 1996 da Umberto Bossi nel proclamare indipendenti tutti i popoli confluiti a Venezia dalla Lombardia, dal Triveneto, dall’Emilia, dalla Romagna, eccetera; perfino dalle Marche. Risultato, vent’anni dopo? Sono ancora in Italia. Forse Salvini avrebbe fatto meglio a dire “indipendenza alla padana”; forse, rispetto alla roboante e poetica dichiarazione di Bossi, ha un po’ ridimensionato le pretese.

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