Matteo Renzi e Angela Merkel (foto LaPresse)

I confini di un duello

Renzi pressa Merkel ma se la tiene stretta. Cosa viene dopo di lei, chissà

David Carretta
Berlino promuove le riforme italiane, Roma loda l’apertura ai rifugiati, ma i dossier Turchia e austerity restano

Bruxelles. In pubblico l’ascia di guerra è stata seppellita, ma l’incontro di ieri a Berlino tra la cancelliera tedesca Angela Merkel e il presidente del Consiglio italiano Matteo Renzi non ha partorito un inedito “Merkenzi”: un asse tra i due leader più autorevoli che ha oggi l’Europa per salvare l’Unione europea dall’ennesima crisi esistenziale. I complimenti reciproci non sono mancati. La cancelliera ha lodato “l’agenda di riforme molto ambiziosa” del premier italiano: l’Italia va nella “giusta direzione” perché “possiamo vedere che questa agenda viene attuata passo dopo passo”, ha spiegato Merkel. “La scommessa comune sui rifugiati vede la Germania e l’Italia dalla stessa parte”, ha detto Renzi, annunciando la disponibilità a togliere il veto italiano sui 3 miliardi promessi alla Turchia per bloccare le partenze degli immigrati verso la Grecia con destinazione la Germania, se la Commissione sconterà la quota italiana dal Patto di stabilità.

 

Tuttavia sui dossier più scottanti dell’attualità europea – crisi dei migranti, politica di bilancio nell’Eurozona, status di economia di mercato per la Cina – Merkel e Renzi sembrano rimasti fermi sulle loro posizioni. Con il paradosso che entrambi hanno usato la Commissione come parafulmine delle loro dispute. Renzi ha accusato Jean-Claude Juncker di aver “cambiato idea” sulla flessibilità. “Ci sono opinioni divergenti” e “io non mi immischio”, in una decisione della Commissione, ha detto Merkel.

 

Il mezzo ricatto sui 3 miliardi alla Turchia nei palazzi comunitari rafforza l’impressione che Renzi si sia lasciato, almeno in questa fase, andare a un tatticismo per ottenere qualche zero virgola di flessibilità sfruttando l’attuale fragilità di Merkel in Germania. La cancelliera è sempre più contestata dalla sua base: la Csu bavarese minaccia ricorsi alla Corte costituzionale, mentre decine di deputati della Cdu firmano appelli per fissare un tetto agli ingressi. A marzo si vota in tre Lander e i sondaggi danno gli anti-europei di Alternativa per la Germania in crescita. E’ pur vero che la fine della cancelliera era già stata annunciata nel 2010-2011 quando Merkel accettò di non lasciare andare completamente alla deriva i Pigs dell’Eurozona, sfidando la volontà di molti tedeschi che avrebbero preferito nessun interventismo nella politica economica altrui e soprattutto nessun rischio per i soldi dei contribuenti nazionali. L’accordo raggiunto con i partner di coalizione giovedì (una stretta ai ricongiungimenti familiari e più espulsioni verso Marocco, Tunisia e Algeria) dà comunque a Merkel un po’ di ossigeno. Ma, guardando alle elezioni politiche del 2017, il futuro della cancelliera si gioca nei prossimi mesi sul numero dei migranti. Uno sgambetto da parte di un partner europeo importante – come quello ventilato da Renzi sulla Turchia – e Merkel rischia molto.

 

“Indebolire Merkel è un errore”, dice però al Foglio Antonio Tajani di Forza Italia che, come vice-presidente dell'Europarlamento e del Partito popolare europeo (Ppe), deve fare i conti quotidianamente con i deputati della Cdu-Csu. Per l’Italia “Merkel è in questo momento il cancelliere migliore che possiamo chiedere alla Germania”, spiega Tajani. “Nel dibattito interno tedesco e interno alla Cdu, Merkel rappresenta un punto positivo di tenuta del quadro europeo comune”, conferma Roberto Gualtieri, presidente della Commissione economica dell'Europarlamento che, da renziano, non può certo essere sospettato di posizioni filo-merkelliane. Dura ma pragmatica, nell’Ue Merkel si è sempre dimostrata pronta a compromessi, anche scontentando le sue “costituencies” tedesche. Semmai il problema – dice Gualtieri – “sono alcuni rigurgiti dei falchi tedeschi” che “spesso si esprimono a livello di Ecofin (la riunione dei ministri europei delle Finanze, ndr) con una posizione più radicale di quella più ragionevole della Merkel”.

 

Già nell’autunno 2015 si era parlato di un complotto dentro la Cdu per portare alla caduta della cancelliera, con l’attuale ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble  come soluzione ad interim per arrivare alle elezioni del 2017. Il ministro, che ha posizione meno aperturiste sull’immigrazione, è l’uomo del “nein” alla flessibilità e al completamento dell’Unione bancaria.

 

Il gruppo degli aspiranti leader della Cdu pullula di cloni di Schäuble. Ma anche con un socialdemocratico alla cancelleria “la ricetta tedesca di politica economica rimarrebbe grosso modo invariata”, dice al Foglio Vincenzo Scarpetta, ricercatore italiano che lavora per il think tank Open Europe. “Con o senza Merkel, non sarà semplice per Renzi rimettere in discussione” le regole dell’Eurozona, dice Scarpetta.

 

[**Video_box_2**]Per contro – secondo un’altra scuola di pensiero – liberare Merkel dal peso della crisi dei rifugiati potrebbe contribuire a sbloccare altri dossier prioritari per l’Italia, come l’Unione bancaria che attualmente è nelle mani dell'inflessibile Schäuble, spalleggiato dal governatore della Bundesbank, Jens Weidmann. All’ultimo Vertice Ue, incalzata da Renzi sul perché la Germania si opponga alla garanzia europea su depositi, Merkel ha ammesso di aver trascurato la riforma della zona euro perché “occupata dall’arrivo quotidiano di decine di migliaia di migranti”.

 

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