Benjamin Netanyahu (foto LaPresse)

Obama ha paura di ciò che Netanyahu dirà oggi sull'Iran. Parla il consigliere di Bibi

Giulio Meotti

Il premier israeliano "sembra solo, ma non lo è”, dice al Foglio Efraim Inbar, direttore del Centro Begin-Sadat dell’Università Bar-Ilan, ma soprattutto storico consulente di Netanyahu.

Roma. Ieri, prima di partire per Washington, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu è andato a raccogliersi in preghiera al Muro del pianto di Gerusalemme. Poi ha lanciato un videoclip in cui lo si vede intento a scrivere lo storico discorso che terrà oggi al Congresso degli Stati Uniti. Con l’intervento di Netanyahu a Washington, e in contemporanea i colloqui in Svizzera fra l’Iran e il 5+1, si sta scrivendo l’ultimo capitolo di una vicenda che dura da vent’anni. Vent’anni fa, quando ancora non si parlava di Bushehr, Natanz, Fordow e Isfahan, ovvero la fitta rete di fabbriche nucleari che il regime iraniano ha costruito nei sotterranei dell’antica Persia, Netanyahu pubblicò il libro “Fighting Terrorism”, in cui scriveva: “Non c’è più tempo, il mondo è di fronte a un abisso e una volta che l’Iran avrà acquisito armi atomiche nulla può escludere che possa spingersi verso l’irrazionalità”. Oggi però l’uomo che ha internazionalizzato la questione del nucleare iraniano appare sempre più solo. Netanyahu ha contro la Casa Bianca, l’Europa e molti ufficiali di rilievo del suo apparato di sicurezza.

 

“Netanyahu sembra solo, ma non lo è”, dice al Foglio Efraim Inbar, direttore del Centro Begin-Sadat dell’Università Bar-Ilan, ma soprattutto storico consulente del premier Netanyahu. “Ha il Congresso degli Stati Uniti dalla sua parte e non è poco, assieme a Israele. Il problema è la crisi profonda che si è creata fra Israele e gli Stati Uniti. Netanyahu vuole avere il diritto di dire quello che sa e pensa di fronte all’America e al mondo intero sull’atomica iraniana. Finché c’è la possibilità che il Congresso rilanci il dibattito pubblico negli Stati Uniti contro l’Iran, e ostacoli il tentativo dell’Amministrazione Obama di firmare l’accordo, Netanyahu si sente in dovere di prendere posizione contro tutte le probabilità di fermare un cattivo accordo con l’Iran”.

 

[**Video_box_2**]Secondo Inbar, peggiore accordo non poteva profilarsi. “Si tratta di un accordo orribile che legittima il regime iraniano, che giustifica la sua fame nucleare agli occhi dell’opinione pubblica internazionale, che di fatto trasforma l’Iran in uno stato nucleare ‘breakout’, ovvero che può fare la Bomba quando lo desidera. All’inizio dei talks non ci doveva essere nessun arricchimento dell’uranio e adesso si scopre che l’Iran potrà tenere accese seimila centrifughe, il bunker di Fordo e la centrale di Arak e il sistema missilistico. Non si parla neppure del terrorismo iraniano nel mondo. E’ dunque un terribile accordo. Obama cerca un accordo con la Repubblica islamica dell’Iran per il suo programma nucleare che consentirà al presidente di affermare che egli ha impedito a Teheran di costruire la Bomba. Il fatto che l’Iran manterrà la capacità di arricchire l’uranio e che non dovrà smantellare nessuno dei suoi impianti nucleari viene semplicemente scacciato sotto il tappeto come insignificante. Teheran otterrà tutto ciò che vuole, mentre Washington avrà una promessa iraniana di non diventare un paese nucleare finché Obama è alla Casa Bianca”. Gli altri punti dolenti dell’accordo sono la supervisione internazionale sul progetto iraniano, quali restrizioni verranno imposte all’Iran dopo dieci anni e cosa accadrebbe se Teheran violasse l’accordo appena siglato. Per due anni si è letto e discusso di un possibile strike militare israeliano alle centrali iraniani. Ma non se ne è fatto mai nulla. Non è che Israele potrebbe tornare a valutare l’opzione adesso che il patto si stringe davvero? Conclude Inbar: “Israele non sarà legato da questo pezzo di carta che verrà firmato fra America e iraniani. Le opzioni militari di un attacco preventivo torneranno sul tavolo. Nella visione di Obama, Netanyahu può ancora utilizzare l’opzione militare, e quindi distruggere il suo unico ‘successo’ di politica estera. Infatti, tra i candidati premier alle prossime elezioni, solo Netanyahu avrebbe considerato di ordinare all’esercito di attaccare gli impianti nucleari iraniani in spregio agli Stati Uniti”.
Per adesso, è Bibi contro tutti.

 

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.