Il premier Matteo Renzi (foto LaPresse)

Quando passa la banda?

La doppia partita di Renzi che fa sobbalzare il tavolo delle tlc italiane

Marco Valerio Lo Prete

Il governo spinge sulla banda larga. Lo spiazzamento di Telecom (“azienda di sistema”) e le manovre della Cdp.

Roma. Non è stata rottamazione, ma uno scossone sì. Il governo Renzi, fino al Consiglio dei ministri di martedì sera, ha fatto sobbalzare e non poco il settore delle telecomunicazioni italiane. Sulla ratio e sulle conseguenze di questo scossone non è ancora detta l’ultima la parola, visto che perfino nel governo non è stata univoca la linea di condotta. Nemmeno Telecom – gruppo ex monopolista, oggi privato, ma pur sempre con l’aura dell’“azienda di sistema” – è rimasta immune agli sconvolgimenti teorizzati.
Fino a lunedì infatti era circolata l’ipotesi – poi smentita – che il governo intendesse “spegnere” la fibra in rame, dettando una data limite oltre la quale il passaggio alla fibra ottica sarebbe stato obbligatorio. Con annessi contraccolpi per il gruppo guidato da Marco Patuano che si sarebbe visto svalutare d’un colpo un asset ancora pesante nei propri bilanci. E tutto perché Renzi voleva dare un segnale di svolta rispetto al ritardo della digitalizzazione del paese (“da qui passa il futuro”)? O perché il governo pensava a una ritorsione per la decisione di Telecom di tirarsi fuori dal progetto Metroweb (controllata dalla Cassa depositi e prestiti)? In realtà sia il movente sia il processo decisionale di Palazzo Chigi questa volta sono apparsi rapsodici, per usare un eufemismo. Con alcuni effetti paradossali proprio nei rapporti tra governo e Telecom.  

 

Alcuni addetti ai lavori, per esempio, fanno notare che il governo con una mano aveva minacciato di togliere (e molto) a Telecom, spegnendo la sua rete in rame; ma poi con l’altra ha promesso di concedere non poco alla stessa Telecom. Nel piano del Consiglio dei ministri, infatti, c’era l’incentivazione della banda larga nel paese con 6 miliardi di euro di fondi pubblici; fondi a cui, in larga parte, potrebbe finire per accedere la stessa Telecom. Conclusione degli stessi addetti ai lavori: c’era bisogno di fare così tanta ammuina con l’ex monopolista? Il ragionamento si fonda sull’esperienza storica. Finora, quando si è trattato di investire in partnership con i privati per rafforzare la connettività del paese, i governi si sono quasi sempre trovati spalleggiati dalla sola Telecom. Si prendano i bandi Eurosud, ideati nel 2011 per spendere con più efficacia le risorse comunitarie fino a quel momento in buona parte sprecate. Alcune regioni, con il sostegno tecnico del ministero dello Sviluppo (attraverso la sua controllata Infratel), furono allora spinte a predisporre bandi per la realizzazione della fibra ottica in aree “a fallimento di mercato” (detto in altre parole: lì dove i privati da soli non si avventurerebbero, viste le magre prospettive di guadagno). Lo stato, per ogni bando, prometteva oltre il 60 per cento delle risorse; al resto avrebbero pensato i privati. Patuano non smette di sottolineare un aspetto: su sette bandi Eurosud finora completati (Campania, Puglia, Basilicata, Molise, Calabria, Lazio e Sicilia), Telecom è stato l’unico operatore privato a presentarsi e a vincere. Si potrà discutere sul tipo di bandi (forse troppo onerosi per un concorrente come Fastweb?), ma negli ultimi due anni, a fronte di 358 milioni di fondi pubblici per i bandi Eurosud, i 179 milioni privati sono arrivati solo e soltanto da Telecom. Dopo il gelo degli scorsi giorni, dunque, governo e Telecom dovranno in realtà trovarsi allo stesso tavolo per l’utilizzo dei nuovi incentivi? Probabile. 

 

[**Video_box_2**]Ciò non toglie che questi incentivi per la banda larga, quantificati martedì ma decisi nel decreto Sblocca Italia di novembre, prenderanno la forma di “tax credit” e non di finanziamenti a fondo perduto (come era per Eurosud); inoltre, essendo destinati alla copertura di aree geograficamente più piccole, potrebbero diventare appetibili anche per operatori diversi da Telecom. Infine, secondo la ricostruzione del Foglio, fino a martedì sera non era ancora chiaro se i 6 miliardi di euro di incentivi saranno riservati alle società che si avventureranno a predisporre la banda ultra larga nelle zone bianche (cioè quelle a fallimento di mercato) e nelle aree industriali, oppure varranno anche nelle zone nere (dove operatori privati sono già presenti). In quest’ultimo caso lo stato potrebbe assegnarli anche a Metroweb (partecipata dalla Cassa depositi e prestiti che a sua volta è controllata dal Tesoro). Qualcuno già mette in guardia dal conflitto d’interessi. Ma chi conosce Franco Bassanini e la sua passione per il tema della banca larga, si limita a dire solo: “Si sta divertendo molto”.

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