Enzo Tortora in una foto condivisa su Twitter dalla figlia Gaia dopo l'approvazione della legge sulla responsabilità civile dei magistrati

Tortora 2.0

Marco Valerio Lo Prete

Caiazza fu l’avvocato del presentatore, oggi loda il “tentativo” di Renzi sulla responsabilità civile dei magistrati, ma avverte: “I giudici lo annulleranno”

Roma. “Trovo positivo, bello, che il presidente del Consiglio Renzi citi su Twitter Enzo Tortora per celebrare l’approvazione della legge sulla responsabilità civile dei magistrati. Ma, allo stesso tempo, quanto è successo dal 1987 a oggi non mi consente di essere così ottimista sul futuro di questa svolta”. Lo dice al Foglio Giandomenico Caiazza, l’avvocato che insieme al collega Vincenzo Zeno Zencovich ebbe nel 1988 il mandato da Tortora (che in quell’anno poi scomparve) per citare in giudizio i magistrati napoletani che avevano ingiustamente condannato il presentatore. La vicenda di allora contiene insegnamenti per l’oggi, sostiene Caiazza. Il referendum radical-socialista del 1987 aveva abrogato il sistema che anestetizzava la possibilità di rivalersi su magistrati fallaci; il Parlamento poi approvò la legge Vassalli, senza tener troppo conto dell’esito referendario, reintroducendo pro futuro un severo filtro di ammissibilità per la possibilità di rivalersi sui giudici; così Caiazza e Zencovich, nel vuoto legislativo, citarono direttamente in giudizio i magistrati, ma la Corte costituzionale intervenne con vigore, sostenendo che il filtro era un principio costituzionale, doveva valere anche retroattivamente. E addio giustizia (postuma) per Enzo Tortora. 

 

L’Associazione nazionale magistrati ha messo in guardia dal tentativo del governo di “normalizzare” la magistratura stessa. “Una polemica pretestuosa”, replica Caiazza. “Non sono stati creati ‘tribunali popolari’. Saranno sempre i magistrati a giudicare i magistrati. Non si fidano di loro stessi, forse?”. Messa così, sembra che non sia cambiato nulla: “Un tentativo c’è. Il governo si adegua alle denunce della Corte europea dei diritti umani (Cedu) che aveva giudicato inaccettabile che la possibile responsabilità di un funzionario pubblico si configurasse solo nei casi di dolo e colpa grave”. Per un giurista “non italiano”, osserva Caiazza, è “inconcepibile” che il giudice non sia responsabile pure quando “interpreta” leggi e fatti: “E’ quella la sua attività principale!”. Perciò l’esecutivo ha introdotto la responsabilità anche in caso di “travisamento del fatto o delle prove”. Qui torna però la lezione del caso Tortora: “Così come allora la Cassazione reintrodusse creativamente e retroattivamente il filtro di ammissibilità, negli anni successivi la stessa giurisprudenza ha ristretto sempre più la nozione di ‘colpa grave’ del giudice. In Italia, per invocare la responsabilità del giudice non bastava più dimostrare la violazione manifesta del diritto vigente, ha fatto notare la Cedu, era necessario provare ‘un’interpretazione manifestamente aberrante’”. Detto in altre parole: il giudice in Italia è responsabile solo in casi abnormi. Ecco spiegate le cinque (5) condanne per responsabilità civile dei magistrati dal 1989 al 2012. “La magistratura italiana ha un potere ermeneutico incontrollabile, senza paragoni in Europa. Tutto iniziò con i magistrati del lavoro che, su materie politico-sindacali sensibili, cassarono la ‘volontà storica’ del legislatore e vi anteposero il loro potere di ‘interpreti attuali’. Poi a macchia d’olio su tutto il resto. L’interpretazione corporativamente autoprotettiva della legge Vassalli è stata un sottoprodotto di ciò. Nulla impedisce che oggi il ‘travisamento del fatto o delle prove’ sia annullato da una giurisprudenza simile”, dice Caiazza.

 

[**Video_box_2**]Non sembra esserci via d’uscita, visto che ovviamente saranno sempre dei magistrati a giudicare i magistrati. “Da avvocato, riconosco di essere affetto da una robusta dose di cinismo sul punto. Non esiste la soluzione. Nella situazione unica in cui si trova il nostro paese, si dovrebbe intervenire in maniera più dettagliata e prescrittiva per definire meglio ‘travisamento’ e ‘colpa grave’”.

 

Avvocato, al suo pessimismo dovrebbe opporsi un certo ottimismo della magistratura organizzata. Ottimismo che non si registra. “In poco tempo riusciranno a troncare e sopire gli effetti della nuova norma. Senza dimenticare che il governo, avendo abolito il filtro di ammissibilità, presta effettivamente il fianco alle eccezioni di incostituzionalità, proprio alla luce dello sfortunato precedente Tortora”, dice Caiazza, su questo d’accordo con i critici tout court della riforma come il magistrato Marcello Maddalena sul Fatto. “Vuole sapere cos’è che più di tutto infastisce i magistrati?”. Mi dica. “Il governo introduce l’obbligo per lo stato di rivalersi sui magistrati in caso di loro responsabilità, per il 50 per cento del loro stipendio. Prima la rivalsa non era obbligatoria e pesava meno. Nei prossimi 30 anni potranno pure essere solo cinque casi, ma costeranno di più ai responsabili”, conclude Caiazza.