Ecco il monopolio cinese che vuole tenere Uber fuori dalla Cina

Eugenio Cau

Alibaba e Tencent creano una app per i taxi che occupa il 99,8 per cento del mercato. I mal di testa di Travis Kalanick

Mentre martedì a Torino una ventina di tassisti ha dato l’assalto al palazzo dell’authority dei Trasporti per protestare contro la concorrenza di Uber, e sono volate uova e anche qualche randellata, altrove sono stati trovati metodi più efficaci per fermare l’avanzata dell’app di macchine con autista che sta guadagnando quote di mercato in tutto il mondo.

 

In Cina, per esempio, sulle app per i taxi si è appena formato un monopolio granitico, che potrebbe avere la capacità di tenere lontane le ambizioni di espansione di Uber per molto tempo. Sabato scorso due dei giganti dell’internet cinese, Alibaba e Tencent, hanno annunciato la fusione delle loro app per prenotare le corse in taxi, rispettivamente Kuaidi Dache e Didi Dache (significano: “velocemente prendi un taxi” e “honk honk, prendi un taxi”), e insieme formeranno un gigante che attualmente occupa il 99,8 per cento del mercato.

 

Le due app di Alibaba e Tencent (che non sono i proprietari delle app, ma i loro finanziatori di gran lunga più influenti) si occupano di gestire i taxi con licenza, e sono in un mercato leggermente diverso da quello di Uber, che ha una propria flotta di autisti freelance organizzati attraverso la sua app. Ma ora la dimensione del monopolio sui taxi rischia di impedire alla start up di Travis Kalanick di avere in Cina l’espansione fulminea che ha avuto altrove. Nel paese le app per il trasporto sono già affermate, diffusissime, e Uber non gode dell’effetto novità che gli ha consentito di conquistare clienti ai danni degli obsoleti tassisti. Quelli cinesi sono già organizzati, e Uber non potrà far valere la sua superiorità tecnologica.

 

Questo stato di cose deriva dalla battaglia feroce che Kuaidi Dache e Didi Dache si sono fatte negli ultimi due anni per conquistare il mercato. Solo nella prima metà del 2014, ha detto l’agenzia di stampa Xinhua, le due app hanno speso 400 milioni di dollari per offrire agli utenti sconti fuori mercato e conquistare nuovi clienti. C’è stato un periodo, l’anno scorso, in cui era piuttosto facile ottenere viaggi in taxi gratuiti grazie agli sconti promozionali. Le due app si stavano svenando a causa di questa guerra commerciale, e questa è una delle ragioni della fusione annunciata sabato – che può essere considerata una tregua tra Alibaba e Tencent, ma che di certo non fermerà la loro lotta per l’internet cinese tra i due giganti. Secondo il Financial Times, nonostante la quota impressionante di mercato che la fusione darà alla nuova app, l’antitrust cinese non interverrà contro l’operazione, e questo mostra la capacità di lobbying delle compagnie coinvolte.

 

[**Video_box_2**]Uber è già presente in Cina con uffici a Pechino e Shanghai con quote di mercato ridotte. Gode tuttavia dell’appoggio del terzo gigante digitale cinese, Baidu, che si stima abbia investito nella start up circa 600 milioni di dollari. Per Travis Kalanick però la fusione di sabato non è l’unico mal di testa. La burocrazia di Pechino sta trovando molti modi per frenare l’avanzata di Uber, e il governo della capitale a gennaio ha bandito le macchine con autista di Kalanick dalla città, definendole “cloni dei taxi”. Le prime ad applaudire la decisione, ovviamente, erano le app autoctone.

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  • Eugenio Cau
  • E’ nato a Bologna, si è laureato in Storia, fa parte della redazione del Foglio a Milano. Ha vissuto un periodo in Messico, dove ha deciso di fare il giornalista. E’ un ottimista tecnologico. Per il Foglio cura Silicio, una newsletter settimanale a tema tech, e il Foglio Innovazione, un inserto mensile in cui si parla di tecnologia e progresso. Ha una passione per la Cina e vorrebbe imparare il mandarino.