Anna Canepa (foto LaPresse)

Il neopresidente, la giustizia, la politica. Parla Anna Canepa (Md)

Marianna Rizzini

“Il nuovo presidente ha detto che è arbitro e garante della Costituzione. E nella Costituzione c’è già tutto. Basta applicarla", dice il segretario generale di Magistratura Democratica. Riflessione sull’equilibrio tra poteri in Italia.

Roma. E’ il giorno dell’insediamento al Quirinale di Sergio Mattarella. Le Camere sono riunite ad ascoltare il suo discorso. I siti dei quotidiani rilanciano le sue parole (“volontà di “rappresentare l’unità nazionale” in un’Italia “costituita dall’insieme delle attese e delle aspirazioni dei nostri concittadini”). Poi il presidente chiede “aiuto” per esercitare la sua funzione di “arbitro imparziale” in un paese “più libero e solidale”, dove comunque si deve pensare che “la democrazia non sia una conquista definitiva”. E siccome il livello di democrazia si misura anche dallo stato dei rapporti tra magistratura e politica, il discorso del presidente, che a un certo punto tocca la “lotta alla mafia e alla corruzione”, diventa occasione di riflessione sull’equilibrio tra poteri in Italia, non sempre così “equilibrato” negli ultimi vent’anni. Abbiamo chiesto ad Anna Canepa, segretario generale di Magistratura Democratica, che cosa, secondo lei, il neopresidente possa fare per riequilibrare la relazione tra politica e potere giudiziario.

 

“Le premesse sono ottime”, dice Canepa. “Il nuovo presidente ha detto che è arbitro e garante della Costituzione. E nella Costituzione c’è già tutto. Basta applicarla. La politica deve riprendere autorevolezza e la magistratura deve fare ciò che la Costituzione prevede: applicare la legge e portare a termine i processi. Le tensioni tra poteri sono legate soprattutto al contesto di questi ultimi anni”. Mattarella, dice Canepa, “chiede responsabilità e autorevolezza alla politica, e parla di crisi della rappresentanza. Quindi mi sembra che indichi chiaramente una prospettiva positiva di recupero di un ruolo forte della politica. Alla magistratura, intanto, dedica l’auspicio di una giustizia più veloce”. Negli anni passati, però, si è visto un potere giudiziario che in qualche modo, e in qualche caso, esondava. Come si può vigilare perché non succeda?, si domandano gli osservatori. “Già molta strada è stata fatta con Giorgio Napolitano. E comunque non generalizzarei: le tensioni si sono verificate in alcuni processi politicamente sensibili, non in tutti. Anche se mi riconosco ancora in quello che Luigi Ferrajoli ha detto due anni fa, al congresso di Magistratura democratica: dobbiamo sempre tenere ben presente quale sia il ruolo e quale la funzione del processo, quali gli strumenti e quali le regole, e attenerci a quelli. E allo stesso tempo dobbiamo tenere presenti i diritti delle vittime e degli imputati. I primi garantisti siamo noi”. Non tutti, però, sembrano pensarla così, in Italia. “Una cosa è la politicità della giurisdizione intesa come inveramento della Costituzione”, dice, “altra cosa è farsi magistratura politica, con magistrati che scendono in politica. Su questo la magistratura deve riflettere. Siamo cittadini come gli altri ma dobbiamo stare molto attenti, perché il nostro bene più prezioso è l’indipendenza e dobbiamo perseguirla sempre”.

 

[**Video_box_2**]Intanto ci si attende che Mattarella dia seguito alla linea Napolitano anche sull’aministia e sull’indulto. “Sul tema carceri sono stati fatti, dal governo e con l’attenzione di Napolitano, molti passi avanti”, dice Canepa, “e dispiace che alcuni provvedimenti si siano arenati. Ma il problema della carcerazione non si risolve con un indulto vissuto come cerotto, nonostante l’emergenza determinata dal sovraffollamento. Del carcere bisogna occuparsi a livello strutturale. Dal nostro punto di vista non c’è contrarietà ad amnistia e indulto in sé, quanto al fatto di considerare queste misure come la soluzione stessa del problema-affollamento”. Quanto ai rapporti tra magistratura e politica, dice Canepa, “anche la politica dovrebbe fare un esame di coscienza: non sarà che la magistratura ha potuto prendere così tanto spazio perché la politica non è stata presente come avrebbe dovuto, e dunque la magistratura si è fatta in alcuni casi ‘supplente’ a richiesta della comunità?”. Però il ruolo di supplenza sembra essere stato esercitato anche rispetto al mondo dell’informazione, in molti casi. “Può essere, non è la regola. Certo non bisogna sfruttare la ribalta che ti dà l’essere pm di un processo ‘sensibile’ per poi scendere in politica. Ma questa è un’altra storia”.

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.