Il premier inglese David Cameron (foto LaPresse)

Dammi un patto e ti cambierò il mondo

Paola Peduzzi

Nel Regno Unito che si prepara alle elezioni – mancano 98 giorni – sono nati patti nelle ville in campagna, nei ristoranti, ogni partito ha il suo, si cerca di blindare una compagine che ancora non sa se vincerà o se perderà, ma ha già un piano B (C, D) per tutto, le sorprese non sono gradite.

Bisogna accordarsi per governare, bisogna stabilire regole che durino il tempo che serve per vincere, per imporsi, magari per cambiare verso, gli inglesi sono maestri, vivono di patti, alcuni reggono anche quando uno dei firmatari si sveglia la notte pentito, mi hanno fregato (la Granita vi dice niente?), altri si sfasciano, altri nascono sull’onda di una giusta causa che può sembrare temporanea e che poi diventa un punto di riferimento inoppugnabile. Nel Regno Unito che si prepara alle elezioni – mancano 98 giorni – sono nati patti nelle ville in campagna, nei ristoranti, ogni partito ha il suo, si cerca di blindare una compagine che ancora non sa se vincerà o se perderà, ma ha già un piano B (C, D) per tutto, le sorprese non sono gradite.

 

L’avrete sentito: quella che si terrà il 7 maggio prossimo è l’elezione più imprevedibile di sempre, lo si dice spesso, ma quest’anno non si riesce a trovare un riferimento storico che possa dare qualche certezza, si naviga a vista, con i laburisti all’opposizione che fino a qualche mese fa parevano vincitori sicuri, poi erano spacciati certamente (ancora si elabora il lutto del discorso che il loro leader, Ed Miliband, ha tenuto alla conferenza di partito, dopo l’estate, uno dei più brutti di sempre) e ora corrono, testa a testa, con i Tory sbruffoni, che sventolano risultati economici straordinari e non sentono dolore nemmeno quando i dati sono un pochino sotto le aspettative. Il nemico di tutti è Nigel Farage, leader degli indipendentisti dell’Ukip, che guarda trionfante a quel che accade nella vicina Europa stretta nella morsa euroscettica – nient’affatto schizzinosa – di destra e di sinistra e spera di scardinare il business as usual della politica inglese. Ma ci sono poi i nemici interni, le faide, le correnti, le pretese, i capricci, che vanno curati prima delle elezioni, quando ancora l’unità ha un senso – è a quello che servono i patti.

 

Il Sunday Times si è dedicato al tema, corredandolo con una grafica da “Pulp Fiction”, e con il solito sondaggio, in negativo: se David Cameron, premier conservatore, perde, chi vorreste vedere alla leadership dei Tory? Vince Boris Johnson, sindaco di Londra. Se perde Ed Miliband, chi vorreste vedere alla guida del Labour? David Miliband, fratello tradito. Questa è la voce del popolo: dietro le quinte ci sono “summit in stile Soprano”, li definiscono i pettegoli, per preparare, organizzare, immaginare.
La pace è fatta tra il cancelliere dello Scacchiere, George Osborne, e il sindaco londinese Johnson: l’accordo risale a ottobre, è stato siglato nell’Oxfordshire (poi dice che sono posh), vicino a Thame, è il “Thame cottage accord”. Non si tolleravano, i due, come spesso accade a quelli che si assomigliano, ma ora Osborne lavora per trovare un lavoro a Johnson: nella peggiore delle ipotesi, se i Tory dovessero perdere, sarebbe il sindaco di Londra a diventare leader del partito; se Cameron vince e resta, Johnson deve avere un incarico rilevante, e addirittura può entrare in staffetta con il premier. L’obiettivo non è celebrare una pace guerreggiata (tra un incontro cortese e l’altro, Johnson sta cercando di strappare dall’orbita di Osborne il geniaccio Michael Gove, ex ministro dell’Istruzione), ma ostacolare l’ascesa della signora Theresa May, ministro dell’Interno, che dal canto suo ha siglato un altro patto con un (ex) big del partito, Liam Fox, vagheggiando un dream ticket, all’Osteria all’Angolo, che sta a Westminster.

 

[**Video_box_2**]A sinistra si comincia alla mattina, invece (la sinistra si alza presto!), e c’è “un breakfast club” che si riunisce regolarmente al Portcullis House, in Parlamento, per stabilire la successione a Miliband. Il ritorno del fratello David è auspicato da molti, ma intanto bisogna contrastare l’avanzata di Andy Burnham, ambizioso e carino ministro della Sanità ombra, e della super coppia temibilissima Ed Balls-Yvette Cooper, lui cancelliere dello Scacchiere ombra, lei ministro dell’Interno ombra, che adescano alleati con cene a casa a base di lasagne. Il candidato prescelto per contrastare tali golpe è Chuka Umunna, che per il Labour sarebbe invero una salvezza. Ma alle spalle di tutti lavora Rachel Reeves, ministro del Lavoro ombra con grandi aspettative, che a Natale è stata talmente attiva da mandare (ad alcuni) per due volte lo stesso biglietto di auguri: tra patti e barriere, la più furba è lei. Aspetta il suo secondo figlio, nascerà a giugno, vuol dire che a maggio non sarà sulla scena del delitto, un po’ come quando John Major era a casa con il mal di denti mentre facevano fuori la Thatcher.

  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi