La labourista Harriet Harman posa davanti al pulmino rosa

Le “50 sfumature di rosa” del minibus del Labour inglese (finale a sorpresa)

Paola Peduzzi

Da ieri il bus rosa del partito laburista è in giro per il Regno Unito, si fermerà in almeno settanta collegi elettorali, ha sedici posti, due frecce che si indicano, lo slogan “Women to Women” e l’obiettivo: vota Ed Miliband il 7 maggio prossimo. L’iniziativa è stata lanciata da tre donne, ma l'iniziativa è stata molto criticata.

Milano. Da ieri il bus rosa del Labour è in giro per il Regno Unito, si fermerà in almeno settanta collegi elettorali, ha sedici posti (più quello dell’autista che, scrive il Telegraph, potrà essere anche un uomo, si sa che le donne al volante), due frecce che si indicano, lo slogan “Women to Women” e l’obiettivo: vota Ed Miliband il 7 maggio prossimo (secondo il Times è stato anche molto dibattuto il fatto di mettere delle lunghe ciglia sui fanali anteriori). L’iniziativa è stata lanciata da tre dame laburiste: Harriet Harman, vice di Miliband, Lucy Powell, coordinatrice della campagna elettorale laburista e Gloria de Piero, ministro ombra delle Pari opportunità. Ma già alla presentazione qualcosa dev’essere parso incongruo, perché le signore si sono spese parecchio per dire che no, quello in realtà non è rosa. E’ “magenta” ha detto la Harman, è “ciliegia” ha detto la De Piero, è fucsia, è salmone, insomma in un attimo era già “50 sfumature di rosa” – e comunque pur sempre una bugia: quel bus è volutamente rosa. Le dame laburiste – sotto attacco da altre dame inviperite: perché vi siete prestate a questa buffonata? – hanno cercato di sviare l’attenzione dal colore: qui si parlerà di donne che lavorano, donne che devono tirare su i figli, donne che subiscono violenze, sarà come “stare attorno al tavolo della cucina”. Di bene in meglio: il rosa e il tavolo della cucina – qualcos’altro per far imbestialire le donne, far gridare al sessimo, farsi dare di paternalisti? (Siccome nulla avviene per caso e i tempi scenici del Labour sono ormai diventati un caso clinico, ieri era il quarantesimo anniversario dell’elezione di Margaret Thatcher alla leadership dei Tory – i laburisti non hanno mai avuto un leader donna).

 

Sembra una barzelletta, e così è stata trattata: provate a digitare gli hashtag #pinkbus e #pinkvan su Twitter e vedete che cosa viene fuori. Una valanga di immagini dei minivan di Barbie, di scaffali dei negozi di giocattoli tutti rosa, libri per bambine, spazzoloni per pulire il pavimento tutti rosa, è spuntato anche un video che mostra il famigerato bus rosa, uno di quelli veri, parcheggiato sulle strisce pedonali, con alcune signore intorno che non lo spostano, e tutti a cinguettare: chiamate un uomo! Donne indignate, donne divertite, donne stupite, donne soddisfatte, a me piace il rosa, ci avrei messo anche qualche brillantino: non si sa chi facesse più sorridere, se le donne conservatrici scatenate – capitanate da Louise Mensch, ex parlamentare dei Tory, spietata e imperdibile – o quelle laburiste che difendevano la scelta oculata del partito. Certo gridare al sessimo è sembrato piuttosto eccessivo alla stessa Harman, che è dovuta reintervenire per spiegare che il rosa-non-rosa – è il colore del “One nation Labour”, ha infine detto, si è rientrati finalmente nell’alveo istituzionale: è il colore usato alla convention di partito – è fatto per attirare non per allontanare, che c’è molto da fare, e molto da fare insieme: sbaglia chi crede che si voglia trattare le donne com un unico gruppo omogeneo e assimilabile, il tour del #pinkbus è fatto proprio per avere un contatto diretto e serio con ognuna di voi.

 

In effetti la faccenda è seria: nel 2010 un terzo delle donne aventi diritto non è andato a votare, e anche se i laburisti paiono avvantaggiati presso l’elettorato femminile ogni voto conta e conterà, e vale tutto. Almeno, dicono negli ambienti laburisti, noi una strategia ce l’abbiamo, il bus rosa alla fine qualcosa di buono porterà, i Tory invece non fanno nulla, si disinteressano della questione femminile – i sessisti sono loro. Ma il problema non è tanto la strategia elettorale che, in entrambi i campi, poteva essere studiata un pochino meglio – c’è stato un momento in cui David Cameron, premier conservatore, è stato consigliato dai suoi guru elettorali di fare riferimento a sua moglie Samantha “per farsi dare i suggerimenti giusti su che cosa vogliono le donne”, un’iniziativa che forse è peggio dell’innocuo pulmino rosa – è che la questione femminile è fortemente sopravvalutata. In “Sex, Lies & the Ballot Box”, manuale imprescindibile che racconta come votano gli inglesi, c’è un capitolo dedicato al voto delle donne, in cui si spiega che se le donne rappresentano il 51 per cento dell’elettorato, allora le donne sono “l’elettore medio”: ora ci si divertirà molto nel capire quale categoria demoscopica emergerà dal voto del 2015, se “l’uomo bianco con il van” o “la donna con il van rosa”, ma – udite, udite – “la verità è che non c’è un’unica storia da raccontare sulle donne, sono poco omogenee tra di loro proprio come lo sono gli uomini”.

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi