Mario Draghi (foto LaPresse)

Il petrolio cheap non esonera Draghi

Redazione

Il calo del greggio è un sollievo, ma all’euro servono altri stimoli. Utilizzando il modello di Oxford Economics, l’Istat ha calcolato l’effetto netto sul pil dell’Eurozona e sull’Italia della riduzione del prezzo del greggio: il risultato è sorprendente.

Chi pensa che il dimezzamento del prezzo del petrolio possa esercitare una spinta sulla nostra economia e, più in generale, su quella dell’Eurozona, facendoci uscire dallo stallo, si dovrebbe ricredere leggendo le analisi dell’Istat nella nota mensile sull’economia italiana del 30 dicembre. Utilizzando il modello di Oxford Economics, l’Istat ha calcolato l’effetto netto sul pil dell’Eurozona e sull’Italia della riduzione del prezzo del greggio, facendo la differenza fra l’impulso positivo dovuto al minore costo energetico e quello negativo discendente dall’aumento del rapporto debito/pil che dipende dalla riduzione del tasso di inflazione rispetto a quello previsto. Il risultato è sorprendente. Nel 2015 infatti l’effetto positivo del minor costo del barile sul pil dell’Eurozona sarebbe solo dello 0,1 per cento. Salirebbe verso lo 0,3 nel 2016. Ma mentre Francia e Spagna avrebbero, nel 2015 un beneficio un po’ superiore allo 0,1, l’effetto sarebbe nullo in Germania e in Italia. Questo risultato deludente nasce dal fatto che, salvo interventi espansivi di politica monetaria e fiscale, il tasso di inflazione della zona euro scenderebbe dello 0,4 nel 2015, portandosi allo 0,5 anziché all’1 per cento, previsto in precedenza. Nel 2016 il tasso di inflazione scenderebbe dello 0,8. Questi calcoli forniscono una smentita implicita a chi ritiene che stante un prezzo del petrolio sui 50 dollari al barile, risulti superfluo un intervento massiccio della Banca centrale europea sul debito sovrano dei paesi più deboli, il Quantitative easing atteso nei prossimi mesi.

 

L’economista Giacomo Vaciago s’è spinto a dire – con ironia – che “non servirà che la Bce faccia politiche di espansione, perché le ha già fatte Putin”. Sarà un sollievo per i consumatori, certo, ma insufficiente in generale. Il falco tedesco della Bce Jens Weidmann, presidente della Bundesbank,  per ragioni d’opportunità politica ha detto che l’effetto petrolio può rimpiazzare il Qe che lui osteggia.  Affermazione quest’ultima contraddetta dal bollettino della stessa BuBa del 15 dicembre: si legge che le misure espansive della Bce si rendono necessarie per combattere la spinta recessiva, essendo la deflazione maggiore del previsto. Pure la Buba calcola in 0,4 per cento la riduzione dei prezzi dovuta al ribasso del barile. Weidmann dovrebbe dunque ricredersi. E l’Europa non può sperare di uscire dallo stallo grazie a fortuite coincidenze.