Il logo di al Furqan

Se l'euforia da internet genera mostri

Redazione
Roma. Diceva il polemista canadese Mark Steyn che la nostra visione della globalizzazione si fonda su un equivoco. Non si tratta di essere contenti perché i monaci tibetani finalmente usano internet, piuttosto: “L'esempio di maggior successo della globalizzazione non sono Starbucks o McDonald's, ma

Roma. Diceva il polemista canadese Mark Steyn che la nostra visione della globalizzazione si fonda su un equivoco. Non si tratta di essere contenti perché i monaci tibetani finalmente usano internet, piuttosto: “L’esempio di maggior successo della globalizzazione non sono Starbucks o McDonald’s, ma il wahabismo, un’oscura variante dell’islam praticata da pochi estremisti beduini che adesso la petrolricchezza saudita ha esportato in ogni angolo della terra – Waziristan, Indonesia, Caucaso, i Balcani, Amsterdam, Stoccolma, Toronto, Portland, Dearborn e Falls Church”.

 

La stessa cosa si può dire del parente stretto della globalizzazione, vale a dire l’euforia da internet che produce visioni fantastiche di iperconnettività e scambi di dati tra luoghi remoti.

 

E’ ovvio che a internet non rinunceremmo, ma il miraggio non è scintillante come ce lo immaginavamo: possiamo scambiare informazioni mediche tra il centro del Congo e una clinica specializzata nel cuore di Londra, ma succede anche che la Corea del nord fruga tra i file di Sony Pictures, li ruba e li mette in rete. A Pyongyang se ne sono fregati della nuova cultura globale, dell’informatizzazione che genera nuovo sapere e nuove menti, della democrazia digitale e di tutto il resto. Hanno aggredito e violato una proprietà americana via internet e adesso, come sovrappiù reale, minacciano attacchi nei cinema se gli Stati Uniti proiettano un film. Non era esattamente quello che si sperava.

 

[**Video_box_2**]Un discorso simile si può fare per l’estremismo online. Pensavamo che i giovani arabi si emancipassero da una visione troppo chiusa del mondo e si aprissero a una nuova coscienza cosmopolita, e invece funziona anche in senso inverso: sono i nostri che vanno a sparare nei paesi arabi, attratti come falene dai filmati messi in rete da al Furqan, il braccio mediatico dello Stato islamico. In Inghilterra si litiga su questo: Facebook è responsabile di non leggere le chat tra estremisti che parlano di attentati mescolate tra dodici miliardi di messaggi quotidiani, oppure no, non gli si può chiedere di tenere tutto sotto controllo.

Di più su questi argomenti: