Gianni Alemanno e Giovanni Quarzo

Avventure della Trasparenza tra i mafiosi de' Noantri

Maurizio Crippa

E  poi partirono sulla nave dei folli, guscio di noce con destinazione appannata. Ché il segreto supremo della Trasparenza, l’ultimo depositario autorizzato se l’era portato con sé. Nella tomba.

E  poi partirono sulla nave dei folli, guscio di noce con destinazione appannata. Ché il segreto supremo della Trasparenza, l’ultimo depositario autorizzato se l’era portato con sé. Nella tomba. E il profeta visionario invece, quello che almeno sapeva l’Altra Verità, la più nascosta di tutte, quella che rende trasparenti tutti i cuori e (va da sé) tutte le altrui tasche, se n’era iuto a vagare nei boschi, da solo. Un po’ stanchino, probabilmente. Una storia che vi sembra di aver sentito di recente, sì. Ma non è quella. Questa è la favola del Cuore di vetro, film di culto ipnotico di Werner Herzog. Narra di un villaggio bavarese che vive della fabbrica e del suo segreto: la produzione di un vetro d’infinita trasparenza. Appunto. Quanti danni faccia, il trasferimento dalla fabula metafisica all’amministrazione pubblica, peggio comunale, di condominio persino, mette malinconia pensarci, se non fosse a suo modo esilarante. Ad esempio, c’è l’ex aspirante capo della commissione Trasparenza del comune di Roma, Giovanni Quarzo si chiama, e nomen è brillantemente omen, e chissà, magari finirà innocente. Ma che nel Paese Infelice (il nostro insomma) che insegue virtute e trasparenza, si debba chiedere ai Mafiosi de’ Noantri per ottenere la presidenza di una commissione Trasparenza, il soviet che “controlla la regolarità degli appalti e dei lavori”, è una fabula più mistica ancora di quella di Herzog. Organo inutile e beffardo, la commissione Trasparenza. Come il piffero di un eunuco. Poi c’è anche un Italo Walter Politano (nome più opaco, però), responsabile della fantasmagorica direzione Trasparenza, che sembra una rotta di “Guerre stellari”.

 

La gente che vive nelle case di vetro non dovrebbe lanciare pietre, e questo è un vecchio proverbio che sappiamo già. Per quanto, c’è un sacco di gente in giro che se lo dimentica di frequente. Ma la favola delle case di vetro, delle istituzioni aperte come sporte della spesa alla curiosità del cittadino-massaia, l’involuzione ridotta a spiccioli del cittadino-massa, è una grottesca panzana, e porta pure male. Chiedere a quelli della Ditta, quanto gli ha portato sfiga, per esempio, lo streaming, ridicola applicazione al tempo reale, al tempo dei social, dell’abolizione di ogni filtro visivo. (Vedere è sapere? Mah, se è la nuova teoria socio-politica, è un concetto appiccicoso da guardoni). La perfetta trasparenza si applica ai tumbler con dentro il ghiaccio e il whiskey, ai ballon di cristallo per leggerci dentro certi granati di vino. E alle mise per la sera (certe sere).

 

[**Video_box_2**]Ma a che serve un assessore comunale alla Trasparenza, che di solito, poi, finisce per accumulare come un hidalgo sivigliano altri titoli da barzelletta, rigorosamente di scala semantica buonista ed ecosolidale – assessore alle Politiche dell’inclusione sociale, alle Pari opportunità, persino in certe lande maledette dalla politica al Rapporto con il volontariato e le associazioni del Terzo settore? Di solito serve a farsi sputtanare dal primo moralizzatore guardone o pm origlione che passi per caso. Buttarla in politica, ammantarla del bene comune come l’acqua del sindaco è un suicidio, una parodia della serietà.

 

L’altro eroe di questo romanzo, il cooperatore buono Buzzi, l’amico di De Cataldo, avrebbe avuto in corso d’opera una “illuminazione ancora più brillante” (vedi un po’ come ci casca, la lingua dei cronisti). “Tu c’hai idea quanto ce guadagno sugli immigrati?”. Trasparente.

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  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"