Nicola Gratteri (foto LaPresse)

Renzi e le due ombre sulla giustizia

Claudio Cerasa

Mistero Gratteri, rinvio sulle pensioni dei pm: nuovi partiti anti governo. La difficile rottamazione dei vecchi magistrati. Due mondi insieme vicini e lontani dall’universo del rottamatore che in un modo o in un altro provano a influenzare il percorso del governo su un fronte importante che è quello della giustizia.

Roma. I primi strepitano, si agitano, si espongono, scrivono, provano a esistere, fanno molte conferenze, si fanno spesso intervistare, vivono nella lamentela, promettono grandi rivoluzioni, si fanno coccolare dai giornali amici ma alla fine più di una buona citazione in un cortese corsivo di Marco Travaglio proprio non riescono a ottenere. I secondi non dichiarano, si muovono nell’ombra, agiscono con passo felpato, giocano con i cavilli, non compaiono sui giornali, sono specializzati a far arrivare al destinatario dei messaggi trasversali e alla fine riescono spesso con abilità a mettere il governo con le spalle al muro e a ottenere qualcosa di più di un bel quot sul Fatto Quotidiano. Succede questo. Succede che nove mesi dopo la nascita del governo Renzi ci sono due mondi insieme vicini e lontani dall’universo del rottamatore che in un modo o in un altro provano a influenzare il percorso del governo su un fronte importante che è quello della giustizia. Il primo fronte, che per semplicità potremmo definire il PdM (il Partito di MicroMega), è formato da un gruppo di magistrati nominati da Renzi come consulenti di Palazzo Chigi e capitanato da uno dei pubblici ministeri insieme più misteriosi e più ambiziosi d’Italia: Nicola Gratteri. Il 30 luglio del 2014, pochi mesi dopo essere stato brutalmente asfaltato da Giorgio Napolitano nel momento della scelta dei ministri del governo Renzi (il presidente incaricato portò il suo nome al Quirinale come possibile Guardasigilli ma alla fine fu sacrificato in cambio della nomina di Federica Mogherini agli Esteri al posto di Emma Bonino), il presidente del Consiglio (su richiesta di Graziano Delrio, che con Gratteri ha un vecchio rapporto di amicizia, dai tempi del comune di Reggio Emilia) ha offerto all’ex procuratore di Reggio Calabria la guida di una strategica e fondamentale commissione per “l’elaborazione di proposte normative in tema di lotta, anche patrimoniale, alla criminalità” dando così a Gratteri un gioccatolino con cui consolarsi per la mancata nomina a ministro della Giustizia. Un gioccatolino con cui Gratteri ha provato a fare molto senza riuscire a concludere granché.

 

Un giocattolino, si diceva, che il tonico Gratteri ha condiviso con alcuni magistrati di fede profondamente anti renziana (Piercamillo Davigo, magistrato, consigliere della Corte di cassazione; Sebastiano Ardita, magistrato, procuratore aggiunto a Messina) e con il quale ha provato a dettare l’agenda al governo (richiesta numero uno: niente responsabilità civile per i magistrati, perché non serve; risultato: responsabilità civile approvata pochi giorni fa in Parlamento). Un giocattolino, ancora, che il tosto magistrato calabrese ha scelto di utilizzare come uno strumento per far sentire sul collo del ministro ufficiale (Andrea Orlando) il fiato del ministro ufficioso (con accorati appelli sul Fatto, con appassionati manifesti su MicroMega, e pazienza se poi i giornali più distanti da Renzi per criticare Renzi siano costretti a ricorrere a magistrati appartenenti a correnti di destra). Un giocattolino, infine, osservato però con estrema ironia nel governo, dato che a quattro mesi dall’insediamento della commissione Gratteri l’atto pubblico più significativo prodotto dalla commissione è un appello su MicroMega nel numero di ottobre. Titolo distensivo: “Senza giustizialismo nessuna riforma”.

 

[**Video_box_2**]E mentre Gratteri prova a muoversi da mesi come se fosse il ministro shadow del governo Renzi (ché chi lo sa poi se Orlando finisce in Liguria o magari in Campania…; ché chi lo sa poi se magari Renzi cambia maggioranza…). Mentre succede tutto questo c’è un partito meno visibile del PdM che da alcune settimane si muove abilmente nel silenzio e che rischia di ottenere un risultato che suonerebbe come uno schiaffo sonoro al partito della rottamazione. Oggi l’obiettivo di questo partito è quello di ottenere una proroga a una prima proroga già ottenuta ad agosto durante la scrittura del decreto sulla pubblica amministrazione firmato Marianna Madia. Il decreto del ministro della Pubblica amministrazione prevedeva l’abolizione dei trattenimenti in servizio a partire dal 31 ottobre 2014 ma ai magistrati (la cui pensione venne anticipata dai 75 ai 70 anni) fu concessa – caso unico tra i dipendenti della Pa – una proroga fino al 31 dicembre 2015. La notizia – confermata al Foglio anche da fonti di Palazzo Chigi e del ministero della Giustizia – è che un fronte trasversale del gruppo parlamentare Pd si sta muovendo in una direzione opposta a quella del governo e sta preparando un emendamento per spostare di un anno ancora la pensione dei magistrati. Il fronte ha trovato terreno fertile non solo in Parlamento ma anche sul lato del Quirinale, dove negli ultimi giorni il consigliere del presidente della Repubblica, Donato Marra, ha ricevuto pressioni da parte di alcuni magistrati importanti come Edmondo Bruti Liberati e Giovanni Canzio (procuratore capo di Milano, presidente della Corte d’Appello di Milano). La prima proroga al decreto Madia valeva infatti per i magistrati arrivati già ai 70 anni: Bruti e Canzio hanno però entrambi 69 anni e per godere della possibilità di non perdere il posto avevano bisogno di una proroga in più. La richiesta non è stata accettata dal governo ma in Parlamento ha trovato sponde fertili. L’emendamento finirà nel Milleproroghe. E chissà che per Renzi rottamare i vecchi magistrati non sia davvero infinitamente più complicato (e infinitamente più rischioso) che rottamare i vecchi leoni del Pd.

  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.