“… E non pigliate umidità, che Renzi dice che il dirigente del partito deve essere pure ginnico” (Dmitrij Zilinskij, “Ginnasti dell’Urss”, 1964-’65)

Scene da una scissione

Stefano Di Michele

In una sera fredda e carbonara, gli antirenziani del Pd cercano un pasto caldo e una linea politica. La serata politica di Cuperlo e Fassina, Mineo e Damiano, Bindi e Civati. Orfini ricorda Togliatti e la strategia di Deng.

Roma (cuore di). Vicolo (scuro). Esterno (sera). Gruppo di persone. Si muovono  tutte con circospezione. Nella penombra, si riconoscono Gianni Cuperlo, Pippo Civati, Rosy Bindi, Corradino Mineo, Stefano Fassina. A una certa distanza, Matteo Orfini. “Però ha rinfrescato parecchio, vero?”, mormora Cuperlo stringendosi al collo la sciarpa nera (su maglione nero a collo alto, giacca nera, pantaloni neri, zainetto nero). “Meglio avere sempre del paracetamolo dietro”, consiglia Rosy Bindi, forte della sua esperienza non tanto all’Antimafia quanto al ministero della Sanità. “Pure, dopo tutto il Maalox che già prendiamo?”, ridacchia Civati. “Calma, calma…”, sussurra dal fondo vicolo Orfini, calando il volto nell’ombra e gli occhiali scuri sul naso. “Ragazzi, attenti, da queste parti ci abita la Picierno…”. Si alza una mano sopra le teste del gruppetto: “Scusate…”. “Sssss… fate piano… siete matti? Che vuoi, Corradi’?”, domanda Fassina. Mineo sta ancora col dito alzato: “Volevo dire: dove si va a mangiare? Carusi, io è da stamattina che sto con un arancino, e manco siciliano…”. Coro generale: “Vero! Giusto!”. “Mens sana e politica sana in corpore sano”, declama Civati, memore degli studi di filosofia. “Ssssss… la Picierno!”: sempre Orfini, prudentemente ancora sul fondo vicolo, sotto un lampione spento. “Ragazzi, una cosa aglio e olio, semplice e veloce, così da onorare con sobrietà popolare la bella piazza della Cgil di sabato scorso”, dice Bindi. “Può darsi che più tardi passi Nico Stumpo, per riferire a Pier Luigi…”. “Allora bisogna pensare pure a un secondo sostanzioso”, precisa Mineo. “Comunque Stumpo dice che se c’è Civati a tavola, lui prende solo l’ammazzacaffè”. Dal fondo vicolo: “Compagni, come ho già chiarito, data la mia posizione di presidente del partito, io non mangio. Al più, un piattino di cicoria ripassata in padella, solo per gradire. Ma vi proporrei un ristorante cinese. Sono appena stato in Cina, come sapete, e gli involtini primavera…”. “Sììììì, è tornato Confucio”, replica Civati.

 

Scuote la testa Cuperlo. Nella penombra, il biondo del crine suo illumina il vicolo e impatta sul crine scuro della barba di Orfini. “Che c’è, Gianni?”. “Ma niente… Però, mai che a qualcuno venga in mente di proporre un ritrovo triestino, m’intristisce questa sottovalutazione… Uno strucolo di patate mi andrebbe proprio…”. Civati: “E’ tornato Italo Svevo, dopo Confucio”. La Bindi: “Scusa Gianni, hai ragione…”. Orfini: “Ma ’ndo cazzo stanno, ’sti ristoranti triestini?”. Cuperlo: “Basta zercar, come dico nel mio libro… Che poi, è anche il motivo di questo nostro incontro: zercar, zercar, zercar…”. Civati comincia a battere le mani: “E tre! E’ tornato pure Diogene di Sinope!”. Fassina: “Fermo! Che cazzo batti? Ricordati della Picierno…”. Mormorìo di lato: “Allora, dove si va a mangiare?”. Fassina: “A Corradi’,  pari Capannelle…”. Si ode finalmente la voce di Cesare Damiano: “Questa discussione non mi piace”. “Quella in corso nel partito?”. “No, questa sul ristorante… Dico: avete visto come il Carlin Petrini ha bacchettato sull’Expo? Può essere un alleato importantissimo, insieme alla Fiom, quindi proporrei un ristorante slow food. Buona cucina e opportunità politica, compagni”. Fassina: “Però, se cominciamo col politicismo pure per scegliere la trattoria…”. Damiano: “E allora, che ci vuoi portare allo zoo pure a noi? La scelta ha la sua importanza. Anche un modo per differenziarsi da Renzi, che si fa mandare la pizza a casa”. Bindi: “Scusate, ma se dobbiamo proprio lanciare un segnale politico con questa cena, conosco io un posto dove hanno un salame di cinta senese e una finocchiona da far resuscitare pure la lista Tsipras… Renzi è fiorentino, ricordatevi sempre, portiamo la sfida in casa sua”. Cuperlo: “E se facessimo un salto alla Casa del Jazz?”. Mineo (con poco fiato). “Ma lì si mangia?”. Civati: “Ancora con la Toscana? La sfida riformista che dobbiamo portare a Renzi si gioca a Milano, lo volete capire… Troviamo un posto non dico con la cassoeula, ma almeno col risotto allo zafferano!”. Orfini: “Ci fosse qui con noi D’Alema, eh, Gianni? Quelli eran giorni…”. Bindi: “Sì, quello ci portava tutti da Vissani!”. Damiano: “Rosy, non essere sempre disfattista. Guarda che Massimo ha lanciato chiari segnali, l’ho inteso io dire: faremo un grande rosso…”. Fassina: “Magari pensa a un nuovo partito, come la Die Linke in Germania. Interessante, come progetto…”. Orfini, alzando la voce: “Macché Linke! Langhe, al massimo! Quello quando parla del grande rosso parla del vino che si fa a Otricoli”. Mineo: “Chissà, con la pasta con le sarde come sta…”.

 

Due ore e mezzo dopo. La discussione sul ristorante è ancora in corso. Cuperlo, anima  musicale, comincia a canticchiare: “E’ giunta mezzanotte / si spengono i rumori / si spegne anche l’insegna / di quell’ultimo caffè…”. Mineo: “Che caffè e caffè! Manco l’insalata abbiamo messo sotto i denti! Pippo, dico, tu sei pure il capo…”. Orfini: “Cazzo, Gianni, pianooooo… La Picierno…”. Cuperlo: “E che abita pure qua, la Picierno? Dove sta, sopra a un barcone?”. Squilla il cellulare di Fassina: “E’ Stumpo,  vuole sapere in quale ristorante stiamo”. In coro: “Ara Pacisssss!”. (E infatti il gruppo dei dissidenti, scivolando nella penombra da Montecitorio verso il Lungotevere, sempre l’occhio a una via di fuga, è giunto fino all’Ara Pacis. Un po’ stremati, ora si siedono sui marmi sistemati lì intorno dall’architetto Meier). “Il divo Augusto”, mormora Civati, fresco di studi storici. “Il divo Matteo”, mormora Orfini, occultato dietro un platano. “Tu?”, domanda perplessa Bindi. “Quell’altro”, allarga le braccia desolato il Matteo 2.0. “Ah…”. Da dietro la chiesa di San Rocco spunta all’improvviso un’ombra: “Ehiiiii, siete lì?”. Damiano: “E questo chi è?”. Orfini: “Attenti alla Picierno!”. Voce dall’ombra: “Sono D’Attorre!”. Mineo: “Siamo a digiuno!”.  Cuperlo: “E sotto i ponti!”. In coro: “Che vuoi?”. D’Attorre: “Che fate?”. Voce nell’ombra: “Le s…”. Bindi: “Ehi, dico!”. D’Attorre: “C’è pure Zoggia con me”. Fassina: “Tombola!”. Cuperlo: “Sentite, vediamo di non mandare persa la serata. Vi voglio dire una cosa: oggi ho spedito al segretario un sms per informarlo del nostro incontro”. Civati: “Ti ha risposto?”. Cuperlo: “Sì, ecco: ‘Bella vigna, poca uva’. Che vorrà dire?”. Damiano: “Pure io ho scritto a Renzi. Mi ha risposto, perché onestamente dobbiamo riconoscere che dei segnali di dialogo li lancia”. Civati: “E che ti ha detto?”. Damiano: “Ve lo leggo: ‘A gatto vecchio, sorcio tenerello’. Mah…”. Orfini: “Io gli ho fatto presente lo spirito collaborativo di questa iniziativa, e che ne avrei informato anche D’Alema. Mi ha scritto: ‘A gran lucerna, grosso stoppino’. Significativo, non trovate?”. Fassina: “De che?”. Orfini: “Boh… Ragazzi, io comunque vado, non è d’uopo che mi trattenga oltre. Vorrei farvi un’ultima raccomandazione, come presidente del vostro partito. Come diceva il compagno Deng, che con saggezza togliattiana spiegava come non sia importante che il gatto sia nero o grigio basta che…”. Civati: “Vai, Silvestro, vai!”. Orfini: “Vado, compagni. Fraterna nottata. Copritevi”. Fassina: “Ciao, giovane turco. Salutaci Istanbul!”. D’Attorre: “Ho un messaggio di Pier Luigi per voi… Ha scritto a Renzi. Stasera non poteva venire, stava  alla festa di una cooperativa emiliana, mostravano un filmato di quando le donne furono autorizzate a condurre i trattori”. Fassina: “Me cojoni, altro che il gettone di Renzi!”. Damiano: “C’era pure Veltroni? Se c’è un film di mezzo…”. Cuperlo: “E che gli dice, Pier Luigi?”. “Gli ha scritto così: ‘Visto che sei fiorentino, ti regalo una citazione di Boccaccio: ‘Paioti io fanciullo da dovere essere uccellato?’. Forte davvero, eh?”. Coro: “Ohhhhhh…”. Bindi: “Però era meglio una citazione di La Pira”.

 

Cuperlo: “Forse bisognerebbe chiamare Sposetti”. Zoggia: “Scusa, ma se ha detto che a lui non lo deve cercare chi parla di scissione”. Cuperlo: “Perché, noi parliamo forse di scissione?”. Civati: “Figurarsi! Non riusciamo a scindere nemmeno l’involtino primavera dalla cicoria!”. Fassina: “A Pippo, se nun te sta bene torna a Pozzuolo Martesana!”. Cuperlo: “Silenzio, squilla… Ciao, Ugo! Sono Gianni. Dormivi?”. Sposetti: “Non lo so, tu che dici, tra poco aprono le edicole… Ma voi triestini che c’avete, un altro fuso orario? Io ho fatto per sette anni il ferroviere a Orte, e qui a Viterbo si va a letto all’ora dei cristiani. Voi che state a fa’, sempre i carbonari?”. Cuperlo: “Volevamo parlarti…”. Sposetti: “Gianni bello, te rispondo subito come Tino Scotti: bambole, non c’è una lira!”. Cuperlo: “Ma mica ti chiamavamo per i soldi della fondazione…”. Sposetti: “Ah no? E allora, perché so’ biondo come Costner che se lo so’ pigliati quelli del tonno? Gianni, famme dormi’, che a voi nun ve salva nemmeno un corso de sei mesi alle Frattocchie buonanima. E non pigliate umidità, che Renzi dice che il dirigente del partito deve essere pure ginnico. Quello vi manda a ripara’ tutti i tetti dei casali leopoldini della Val di Chiana, altroché!”. Clic. Damiano: “Ma qualcuno ha parlato con Susanna?”. Mineo: “Mi ricordo che quando stavo in Rai c’era la pubblicità di un formaggino: Susanna tutta panna! Per inciso, rammento che stasera manco un formaggino abbiamo mangiato”. D’Attorre: “Dice che ci sono i poteri forti”. Bindi: “Me la ricordo, Susanna tutta panna! E la mucca Carolina. Sentite: la mucca Carolina si sveglia la mattina / poi mangia soddisfatta tre chili di erba matta…’. Eh?”. Mineo: “Tre chili… Beata lei”. Fassina: “Ho parlato con la Rangeri, al manifesto…”. Coro: “Ohhhhh…”. Fassina: “Una cosa deve essere chiara, e a Matteo la dobbiamo chiedere con forza…”. Civati: “Lo chiami Matteo? Ma che ci stai in confidenza?”. Fassina: “A Pippo, e daje! Dicevo: se riapre l’Unità, come hanno assicurato, dobbiamo pretendere che il nuovo direttore sia espressione di quest’area che si richiama alle migliori tradizioni del partito e alle sue radici”. Damiano: “Uno come Mario Tronti, per esempio”. Bindi: “Ve lo ricordate, quando c’era Furio Colombo?”. Mineo: “E perché, Tortorella?”.  Zoggia: “Bella battaglia, pure Pier Luigi si farà sentire… C’è sempre Chiara Geloni da mettere in campo… Io al Corriere gliel’ho detto: alla Camera siamo tra i settanta e gli ottanta, e al Senato una trentina… Ci metto dentro i dalemiani, noi che stiamo con Pier Luigi, quelli di Damiano…”. Damiano: “Davvero? Chi?”. Zoggia: “… i cuperliani, i civatiani, hai voglia, meglio se quello si dà una regolata…”.  Cuperlo: “Qualcuno ha il numero di Cofferati?”. Damiano: “Ma dài, starà riposando…”. Cuperlo: “Scusate, quello di Epifani, allora… Insomma, hanno portato gente in piazza pure loro…”. D’Attorre: “Guglielmo ha cambiato numero, dice che non lo dà più a nessuno…”. Cuperlo: “C’è sempre Massimo… Certo, a Otricoli vanno a letto presto…”. Damiano: “E adesso c’è la vendemmia in corso…”.

 

[**Video_box_2**]Rosy Bindi, distogliendo lo sguardo dalla fontana vicino al mausoleo: “L’altro giorno ho incrociato la Boschi…”. Zoggia: “Beata te, io incrocio sempre Lorenzo Guerini…”. Bindi: “Beh, le ho affidato un messaggio chiaro per Renzi: guarda, devi fargli sapere che ci deve rispondere entro metà novembre, diciamo per la festa di san Martino, altrimenti…”. D’Attorre: “La nebbia agli irti colli…”. Cuperlo: “E lei che ha detto?”. Bindi: “Mi ha chiamato il giorno dopo, aveva appena visto Renzi. Il messaggio è questo: ‘A san Martino la sementa del poverino’. Ora, anche il Vangelo, nella parabola del chicco di grano…”. Fassina: “Rosy, muore il chicco di grano…”. Bindi: “Sì, ma dà frutti”. Fassina: “Sì, ma muore!”. Zoggia: “Basta con questo buonismo. Il Vangelo, il Papa…”. Bindi: “Avercelo, il Papa! Lascia stare…”. Zoggia: “Insomma, un po’ di decisione, sennò qui se finisse come el moreto de casa, a fare i servi. Determinazione, ci vuole! Vi ricordate quel film ‘Armageddon’, dove salvano il mondo? Tu, Cuperlo, che vai sempre al cinema…”. Fassina: “A Zoggia, schiattano pure quelli!”. Zoggia: “Sì, ma salvano il mondo! A noi toccherà magari morire, compagni, ma salvare il partito!”. Fassina (armeggiando nella penombra): “E daje, pure tu!”. Cuperlo: “Mi viene in mente Musil…”. Damiano: “A quest’ora?”. Mineo: “A digiuno?”. Cuperlo (ispirato): “Idealità e morale sono i mezzi migliori per colmare il gran buco che si chiama anima”. Mineo: “Pure fame, si chiama”. Fassina: “Mo’ me lo segno”. Civati: “A Gianni, hai presente che quello se la fa con Marchionne, mica con Claudio Magris? Al massimo Mogol, altro che Musil! E guidare come un pazzo a fari spenti nella notteeeeee…”. Coro: “Sssssss… La Picierno!”. Damiano: “Ma che stava in piazza coi celerini, quella? Devo chiederlo a Landini”. Cuperlo: “Ecco, facciamo uno squillo a Landini! Quello di sicuro non dorme”. Damiano: “Dovremmo piuttosto pensare a qualche seria iniziativa di solidarietà con la Fiom”. Civati: “Tipo un’occupazione delle fabbriche online, tanto per non far fare ancora lo spiritoso sui gettoni a quello lì…”. Damiano: “Ecco, sì, preciso preciso: vai, che l’occupazione online te l’appoggia pure Marchionne!”. Fassina: “Ragazzi, ve lo devo dire: è stata più produttiva la visita allo zoo che ho fatto con i miei figli l’altro giorno che questa serata”. Bindi: “Dài, allora, proponi qualcosa! Ti sei consultato con la giraffa?”. Damiano: “Fermi, ecco la buona intuizione!”. Bindi (meravigliata): “La giraffa?”. Damiano: “Ma sì, certo! Tu stavi nell’Azione cattolica e certe cose non le puoi sapere. Ma fu proprio Togliatti…”. Zoggia: “Adesso non esageriamo con le tradizioni, sennò quello dopo i gettoni tira fuori pure i tram a cavallo!”. Damiano: “Zitto un momento! Togliatti diceva che il partito era come una giraffa capace di guardare dall’alto i fenomeni politici e culturali. Peccato che sia andato via Orfini, che di queste cose è pratico, c’ha fatto pure le magliette… Non vi sembra una perfetta metafora per noi?”. Coro: “Nooooooo…”. Damiano: “Occhei, le giraffe non vanno bene. Il caimano ce l’ha già Renzi. Il giaguaro l’abbiamo sperimentato. Che ci resta, il sarchiapone?”. Bindi: “Ha proprio ragione Corradino, quando dice che siamo ormai ai pesci in faccia!”. Mineo: “Pesci… Buoni… Griglia, padella, spiedo…”. Bindi: “Ragazzi, sono un po’ stanca… Poi, ci mancava Togliatti… Io allora dico: passiamo a La Pira…”.

 

D’Attorre: “Ma Stumpo, piuttosto, che fine ha fatto?”. Mineo: “Avrà trovato un’osteria aperta, beato lui”. Zoggia: “Eppure io penso che noi abbiamo almeno un range che va dal cinque al dieci per cento”. Bindi: “Un ranger?”. Civati: “Sì, Tex Willer…”. Fassina: “A proposito, Cofferati…”. Zoggia: “A proposito di che?”. Fassina: “Di Tex Willer. Sergio è un vero esperto. Pure di Dylan Dog. Ricordate, è grande letteratura popolare, quella…”. Mineo: “Come i Beati Paoli! Come l’Artusi!”. Civati: “E che ci facciamo, con Tex Willer? Prendiamo la strada del Texas?”. Fassina: “A Pippo… Dico, se Sergio torna in campo…”. Civati: “Magari per ora è sul Grand Canyon”. Fassina: “Vabbè, se manco Tex vi va bene… Teniamoci il Tiramolla che sta a Palazzo Chigi e buonanotte”. Bindi: “Ecco, buonanotte, questa mi pare la prima cosa sensata”. Cuperlo: “A questo punto mi verrebbe da citare Rilke…”. Zoggia: “Pure no, Gianni, pure no…”. Damiano: “Ma che ci vuoi dare, il colpo di grazia, che già caschiamo dal sonno?”.

 

[**Video_box_2**]Cuperlo: “Apritele quelle orecchie, ogni tanto. Mi sovvien dunque Rilke, riflettendo sulla nostra condizione: ‘Che cosa è mai la gloria se non la somma dei malintesi raccolti intorno a un grande nome?’. Calzante, eh?”. Coro: “Ehhhhhh…”. Mineo: “Al prossimo congresso con D’Alema lo attacchi dove avevi messo quell’altro Rilke…”. Bindi: “Ragazzi, davvero io vado. Ho una confezione da 36 di Tachipirina in borsetta. Serve a qualcuno? No? Ciao, ci si vede, allora…”. Fassina: “Beato Orfini, quello adesso sta già sotto le pezze!”. D’Attorre: “Ci fosse almeno una palla, due calci si potrebbero tirare…”. Cuperlo: “Possiamo immaginarla, come in quel film di Antonioni, vi ricordate, ‘Blow-Up’, con la pallina da tennis…”. Civati (malizioso): “Come la riunione nostra”. Cuperlo: “E’ la mancanza di fantasia, il peggior crimine, ricorda Pippo. Dài, metti la palla a centrocampo, laggiù…”. Fassina (sorprendentemente intonato): “Non è mica da questi particolari / che si giudica un giocatore / un giocatore lo vedi dal coraggio / dall’altruismo e dalla fantasia… Dai Corradino, facciamo finta”. Mineo: “Come per la cena?”. Damiano: “Dai, passa!”. Zoggia: “Cazzo, attento sulla fascia!”. Cuperlo: “Verticalizzate l’area di rigore!”. Fassina: “Tottigoal! Tottigoal! Tottigoal!”. Civati: “Appena arrivo a casa questa partita la metto su Facebook”. D’Attorre: “Passa! Passa! Passa!”. Coro: “Arbitro cornuto!”. Mineo: “Non sguarnite la porta!”. Zoggia: “Lì ci vorrebbe Stumpo!”. Damiano: “La palla è rotonda!”. Cuperlo: “Partita che ci fa bene per la classifica ma soprattutto per il morale”. Zoggia: “Putroppo i rigori sono una lotteria”. D’Attorre: “Il campionato è ancora lungo”. Fassina: “Abbiamo il dovere di provarci fino al triplice fischio”. Damiano: “Compagni, sarebbe bello unire alla nostra lotta Oronzo Canà!”. Civati: “Meglio di Tex Willer!”. Mineo: “Meglio delle giraffe!”. Zoggia: “Meglio pure di Togliatti!”. Primo coro: “Viva Canà! Viva Canà! Ecco lo schema per la vittoria: il 5-5-5!”. Secondo coro: “Sì! Sì! Sì!”. Terzo coro coro: “Con Oronzo, con Oronzo / contro Renzi che è uno stronzo!”. Cuperlo: “Chiamo Massimooo!”. Roggia: “Chiamo Pier Luigiii!”. Fassina: “Goal! Goal! Goal!”. Tutti: “Sììììì!!!! Domani a Renzi lo stracciamo!!!!! Alè oh oh!!! Alè oh oh!!!”.