Francesco Boccia (foto LaPresse)

Sostiene Boccia che Renzi è diventato un premier di destra

Claudio Cerasa

“La cornice del renzismo è giusta ma spesso sono i soggetti che non funzionano. La stabilità? Direzione giusta ma non ci sono i tagli alle tasse che dice Matteo. Il Lavoro? Senza modifiche non lo voto. Il deficit? Andava sforato. Elezioni anticipate? Dipende da come va l’economia”

Roma. La riforma sul lavoro? Nein. La legge di stabilità? Nein. Il percorso del Pd? Nein. L’approccio di Renzi? Nein, nein, nein. Sotto molti punti di vista, Francesco Boccia è il gufo del momento. E c’è una ragione precisa per cui, fuori e dentro il Pd, il nome del deputato democratico viene osservato con attenzione quando si parla di Renzi e quando si parla di economia. Boccia è presidente della commissione Bilancio della Camera, è ex consigliere di Enrico Letta ma è anche un elettore di Matteo Renzi (lo ha votato lo scorso anno alle primarie del Pd) ed è proprio da questa posizione politica che il suo essere feroce con il presidente del Consiglio risulta di un certo interesse. “Ci sono due ragioni che mi hanno portato a essere critico con il nostro presidente del Consiglio. La prima è politica, la seconda è tecnica”. Io mi considero un liberale di sinistra, non sono un nostalgico delle vecchie socialdemocrazie, ma non posso non notare che il percorso scelto da Matteo oggi tradisca ciò che era stato promesso alle primarie di un anno fa. Mi spiego: io ho votato Renzi perché trasformasse il Pd in un moderno partito di sinistra, non perché trasformasse il Pd in un partito di destra. Lo dico con cognizione di causa, avendo in casa una moglie di destra (Nunzia De Girolamo, Ncd), e oggi non faticherei a dire che le politiche di Matteo, per come sono concepite, sono in sintonia più con il partito di mia moglie che con il partito di cui faccio parte. Matteo è fantastico e sta sparecchiando la tavola del centrodestra, rubando le posate e portandosi via l’argenteria. Si dirà: ma che ti frega Francesco, prende un sacco di voti. Ed è qui l’errore: io il paese lo voglio cambiare non con un approccio individualista di destra ma con un approccio sociale di sinistra”.
Preso atto che il presidente Boccia considera il segretario del Pd più vicino all’elettorato di Ncd che a quello del Pd, il cronista chiede al deputato del Pd quali siano gli errori commessi da Renzi in campo economico. Boccia dice che la cornice degli interventi di Renzi è giusta ma che dentro la cornice ci sono dei soggetti che non si tengono in piedi. “Sul lavoro la questione è elementare. La mia teoria è questa: non si può raccontare agli italiani che si cambierà per sempre il sistema del welfare connesso al lavoro promettendo allo stesso tempo che su quel sistema non si metterà nemmeno un euro. Il miliardo e mezzo che il governo ha promesso di stanziare per i nuovi ammortizzatori sociali è un numero che si spiega così: prima verranno abolite le vecchie forme di ammortizzatori sociali e poi con quella stessa cifra si andranno a coprire i nuovi ammortizzatori. E’ ovvio che non può funzionare”. Questo per il dato tecnico.

 

Poi sul lato politico c’è un altro punto da osservare. “Lo dico chiaramente: io ho votato contro l’ordine del giorno approvato dal Pd sul lavoro, ma sono pronto a votare a favore della legge se il governo inserirà nel testo gli articoli contenuti in quell’ordine del giorno votato a maggioranza dal mio partito. In caso contrario, se il testo non verrà modificato, non c’è una sola ragione per cui debba votare quella legge”. E sulla stabilità? Boccia ricorda con giustificata malizia come lo scorso anno, proprio di questi tempi, l’allora sindaco di Firenze commentò la legge di stabilità del governo Letta con una frase che oggi – oggi che Bankitalia dice che la legge di stabilità del governo Renzi farà crescere il paese al massimo dello 0,5 per cento del pil – potrebbe essere utilizzata contro di lui: una legge di stabilità che promette di far crescere il paese di uno zero virgola è una legge di stabilità che promette di non far crescere il paese, perché “crescita dello zero virgola qualcosa significa crescita zero”. “Non userò – dice Boccia – questo argomento, perché quella battuta fu irrispettosa del lavoro difficile e complesso che si fa in un governo in tempi di difficoltà economica. Faccio un discorso diverso: la legge di stabilità funziona per i titoli e gli obiettivi ma non funziona nella pratica dei provvedimenti. Solo un pazzo potrebbe dire che sia sbagliato tagliare l’Irap, intervenire sull’Irpef e combattere la spesa improduttiva. Ma purtroppo la storia è più complicata. Il taglio dell’Irap, per come è concepito, favorisce solo le grandi imprese. I tagli alla spesa sono concepiti non come lotta contro le sacche di inefficienza ma sono simili ai tagli lineari di Tremonti. Gli ottanta euro sono un aumento della spesa e non una diminuzione delle tasse – perché se tu vuoi ridurre le tasse e non vuoi creare situazioni di iniquità alleggerisci le aliquote dell’Irpef e non ti metti a giocare con la spesa. Anche sulla storia delle tasse abbassate ho qualche dubbio: ci sono, tra tassazione sul tfr e tassazione sui fondi pensione, oltre quattro miliardi di nuove tasse in più. E personalmente sono anche preoccupato dalla clausola di salvaguardia sull’Iva: dio ci scampi se nel 2016 saremo costretti ad aumentare l’Iva dal 22 al 24 per cento e dal 10 al 12 per cento”.

 

Anche sull’Europa il ragionamento di Boccia è critico nei confronti del governo. Il presidente della commissione Bilancio dice che non si può pensare che il piano Juncker (300 miliardi in cinque anni) contenga gli ingredienti giusti per risollevare l’Europa e il nostro paese. E dice anzi, a sorpresa, che non ha tutti i torti chi sostiene che in questa fase politica per Renzi sarebbe stato corretto forzare e sforare il famoso tre per cento. “Matteo ha avuto lo straordinario merito di vincere le elezioni in una fase storica in cui sarebbe stato più facile perderle. Ma da quella posizione di forza sarebbe stato lecito aspettarsi due mosse. Primo: giocare di sponda con l’Inghilterra per evitare di rimettere al potere dell’Europa chi, come Juncker, negli ultimi anni ha contribuito a portarla ai bassi livelli di oggi. Secondo: utilizzare il potere contrattuale derivato dal consenso elettorale per fare oggi quello che, vedrete, saremo costretti a fare domani”.

 

[**Video_box_2**]Ovvero? “Se l’economia continua ad andare a questi livelli, a metà del prossimo anno saremo obbligati a sforare il deficit. Decidere di sforarlo oggi – magari presentando un piano di investimenti da 50 miliardi di euro concordato con l’Unione europea e non messo a bilancio così come non sono stati messi a bilancio i 40 miliardi di debiti restituiti quest’anno alle imprese – sarebbe stata una scelta migliore”. Chiediamo a Boccia: lei crede che se l’economia non tornerà a girare come sarebbe lecito aspettarsi Renzi tornerà al voto? “Ho questa impressione. E l’ansia di approvare la legge elettorale a qualunque costo si spiega anche così. Ma su una cosa sono certo: se si dovesse andare a votare il prossimo anno, senza aver fatto prima le riforme istituzionali, io dubito che Matteo abbia la forza di tornare alle urne con una legge diversa da quella disegnata dalla Consulta. Faccio questo discorso con un po’ di amarezza. Sapendo – conclude Boccia, che nel corso della chiacchierata fa capire più volte di essere tentato di lasciare la politica e andare a lavorare all’Università di Chicago – che non c’è incarico istituzionale o poltrona che valga un principio rinnegato; e che quando in politica ci si ritrova su una strada che si ritiene sbagliata, il minimo che si debba fare è dirlo ai tuoi compagni di viaggio: ed è per questo che oggi mi permetto di lanciare qualche messaggio al nostro segretario”.

  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.