Matteo Renzi con Fabio Volo alla Leopolda di Firenze (foto LaPresse)

Al rifugio della Leopolda

Michele Masneri

"È la tua prima volta alla Leopolda, vero?". Lo sport più praticato di questa tre giorni della Moda renziana, la Leopolda numero Cinque, è fingere d'essere habitués, e, simmetricamente, stanare i neofiti. Come a Cortina o a Courmayeur, si viene però subito sgamati da chi ci ha le case da anni.

Firenze. "È la tua prima volta alla Leopolda, vero?". Lo sport più praticato di questa tre giorni della Moda renziana, la Leopolda numero Cinque, è fingere d'essere habitués, e, simmetricamente, stanare i neofiti. Come a Cortina o a Courmayeur, si viene però subito sgamati da chi ci ha le case da anni. La sindrome Calboni è in agguato, viene la tentazione di salutare tutti, facendo finta, "cara Contessa", e così i puristi, i leopoldisti senza se e senza ma, giustamente ci tengono a puntualizzare,  a discriminare, e "non mi pare di averti visto nel 2011", "l'anno scorso non c'eri, vero?". Si accampano patetiche scuse: “No, ero sul mar Rosso, avevo la bambina malata”. Ma arrivano spietate domande trabocchetto: "Ah, ci sono i tavoli, hai visto, proprio come due anni fa" (ma due anni fa in realtà non c'erano, sono stati introdotti l'anno scorso, ci si casca in tanti).

 

I tavoli sono cinquantadue, tondi, con un tema ciascuno, si va dalle comunicazioni alle infrastrutture, al cinema, alla difesa. Ognuno ha un relatore vip e uno o due discussant (semivip). Naturalmente con placement e apartheid precisi a seconda dello status e del glamour. Sotto il palco ci sono i fichissimi: un tavolo 11 con Pietro Valsecchi, grande Gatsby della fiction italiana, e Fausto Brizzi, futuro del cinema italiano. Al tavolo 46, un po' più indietro ma sempre in una zona buona, sotto la navata sgarrupata-chic della ex stazione fiorentina, Ivan Scalfarotto parla di fuga di cervelli; al 49 Filippo di Robilant, storico portavoce di Emma Bonino, elegantissimo in tweed e velluti, discute di medio oriente e nuovi califfati. Se fossimo al rifugio Faloria di Cortina saremmo in una onorevole seconda fila, sempre al sole. Molto più lontano dal palco, in penombra, dietro, il tavolo più sfigato di tutti, quello sulla difesa, e anziani con barbe bianche discutono di F35 sotto luci fioche.

 

Tra i tavoli si aggira Fabio Volo che entusiasta commenta, discute, per una sua trasmissione, e viene ripreso dalle telecamere interne, e rimbalzato sulle decine di maxischermi in alto sulla folla. È il festival più televisivo di tutti: televisioni che inquadrano video che riprendono operatori che intervistano ospiti, che si selfano con ministre. Fuori, sei camioncini della Rai, di Toscana Tv, di vari service qui a riprendere e a riprendersi - sul Frecciarossa da Roma in Carrozza del Silenzio, due operatori di un service che poi si ritroveranno qui parlano di una televendita da organizzare nelle prossime settimane.

 

Le più televisive sono naturalmente le ministre. Superstar è la Boschi, e non si sa se per motivi di sicurezza abbia assoldato delle sosia oppure se il look rinascimental-Max Mara sia diventato, come si dice, virale (e un acuto milanese: "Ma certo, risolve tutto, scusa: capello sciolto sulle spalle, tailleur pantalone, e sei sempre a posto, e via"). Così di simil-Boschi se ne contano almeno otto-nove, di tutte le età, anche molto giovani, con soddisfazioni dei tanti feticisti della ministra; mentre l'originale per distinguersi oggi sta in gonna e stivali ed è un po' meno assediata del solito.

 

Tutti si guardano il cartellino al collo per vedere con chi si ha il piacere di parlare, ma si guarda soprattutto come si è vestiti. Tutti naturalmente dicono: "Ma siamo al Pitti", e coi primi freddi e col clima tipicamente orrendo di Firenze via tutti con le loro pashmine.

 

[**Video_box_2**]Ma se tra le giovani impera il look simil-Boschi, tra i renziani millennials prevale un genere un po' Massimo Ciavarro-Mauro Di Francesco, dunque non più Cortina e Curma ma Forte dei Marmi: chiome bionde schiarite dal sole della Versilia o di Punta Ala, Clarks, molte camicie Oxford o a righine, soprattutto un'altezza media molto maggiore rispetto alla media nazionale, denti molto bianchi e a posto, profumi agrumati imparati dai nonni. Uno dice, al telefono, fuori sul piazzale della ex stazione: "Sto qui fino alle due, poi ho prenotato il campo da tennis". Era dalla presentazione del movimento montezemoliano di Italia Futura a palazzo Colonna che non si vedeva una gioventù politica così Finzi-Contini, qui però più magra rispetto a quella romana.

 

 

"Pochissimi invece gli hipster", dice sempre l'acuto milanese. In effetti poche barbe, risvoltini sì, ma con juicio, baffi con molta morigeratezza. C'è la solita pattuglia di adolescenti fiorentini bellocci per Matteo, che però hanno le Hogan, son pur sempre del Giglio Magico. Pochi normcore, e invece in definitiva quasi tutti  yummies, secondo la recente seminale definizione (data da una banca d'affari) sui nuovi giovani maschi narcisi e quasi sempre eterosessuali. Sul piazzale, gli yummies renziani si guardano tra loro, arrivano signore fiorentine dai lungarni, qualcuna, leopardata, sembra di essere in Arco della Pace per le sfilate ma mancano i fashion blogger. Dopo pranzo parlano poi Patrizio Bertelli, mister Prada, poi Brunello Cucinelli (“Ma quello è come la madonna pellegrina, va dappertutto”, secondo un presente). Poi Andrea Guerra, ex amministratore delegato di Luxottica, lui ci tiene subito a ribadire di essere un leopoldista della prima ora, e ricorda che l'anno scorso aveva un lavoro, e quest'anno non più, e la platea applaude partecipe di questo spinoso caso di licenziamento ex articolo 18. Poi, dopo il pomeriggio sartorialist, ecco il commissario anticorruzione Raffaele Cantone e in un discorso molto appassionato, a un certo punto, gli scappa addirittura la parola "partito". E per la platea in pashmina serpeggia improvviso un fremito.

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