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Un Sinodo fatto per pareggiare, ma al progressista 'sta melina non piace

Matteo Matzuzzi

Vista la squadra sinodale pronta a discettare di sacramenti e famiglia nell’assemblea ormai prossima all’apertura (l’appuntamento è per il 5 ottobre), è certo che il confronto ci sarà e – su qualche aspetto come l’eucaristia ai divorziati risposati – non sarà neppure indolore.

Roma. Vista la squadra sinodale pronta a discettare di sacramenti e famiglia nell’assemblea ormai prossima all’apertura (l’appuntamento è per il 5 ottobre), è certo che il confronto ci sarà e – su qualche aspetto come l’eucaristia ai divorziati risposati – non sarà neppure indolore. Il Papa, dopotutto, ha da tempo detto di volere un dibattito aperto e franco, perché questi sono i temi sui quali la chiesa è chiamata a dare una risposta. E nel comporre l’elenco di sua competenza ha dato spazio a ogni corrente e orientamento: conservatori e progressisti, sostenitori dell’ostia ai risposati in nome della misericordia divina come i cardinali Kasper e Danneels – quest’ultimo considerato per decenni il più acerrimo nemico del centralismo romano reo di bloccare le riforme e l’attuazione completa del Concilio – e oppositori noti come Caffarra e Sebastián Aguilar. Qualcuno, in curia, parla di bilancino usato con la massima cura e cautela. Una prudenza che  però ha fatto sobbalzare un gesuita di rango come padre Thomas Reese, già direttore di America, la rivista della Compagnia edita nella East Coast, che si dimise anni fa per contrasti con la congregazione per la Dottrina della fede guidata dall’allora cardinale Ratzinger. In un editoriale pubblicato sul National Catholic Reporter, Reese s’è detto stupito dalla lista dei partecipanti al Sinodo, un segnale infausto per “quanti sperano in una riforma della curia e auspicano che i laici siano ascoltati al Sinodo”. Il j’accuse del padre gesuita è diretto al Papa, che “ancora non comprende cosa richiede una reale riforma della curia romana”. “Ho il timore – continua Reese – che quando tutto sarà stato detto e fatto, Francesco potrà chiudere o accorpare qualche ufficio, riordinare qualche incarico, ma non dare uno scossone”. Non si capisce, aggiunge l’ex direttore di America, perché si dia tutto questo spazio ai curiali, che “hanno già tutto l’anno per consigliare il Papa.

 

Questo è il tempo perché i vescovi provenienti da fuori Roma facciano conoscere i loro punti di vista”. Invece, nonostante le attese, il governo attuale vaticano, con tutti i suoi capidicastero, sarà membro attivo dell’assemblea. “Se Francesco e il Consiglio dei cardinali non sono disposti a cambiare la composizione del Sinodo dei vescovi, è difficile credere che essi realmente daranno una sistemata alla curia”. Padre Reese ne ha anche per i laici selezionati, tra cui le quattordici coppie di sposi chiamate a partecipare: “Dobbiamo aspettare e vedere se gli uditori rappresenteranno ai vescovi i punti di vista dei laici cattolici, ma anche qui è arduo pensare che rappresenteranno liberamente i cattolici. Di sicuro, quanti di loro pensano che la pianificazione familiare naturale è il grande dono della chiesa al mondo laico, non lo faranno”. E lo stesso discorso vale per chi alla chiesa deve il posto di lavoro, che “potrebbe temere di perderlo nel caso dicesse la verità”. Non può portare a nulla, ha argomentato ancora Reese, un Sinodo in cui la maggior parte dei collaboratori e degli uditori “sono stati scelti su raccomandazione delle conferenze episcopali, e questa è una contraddizione fondamentale del pontificato di Francesco. Vuole cambiare le cose, ma vuole anche rimettere ai vescovi locali molte questioni”. Il rischio è che alla fine si vada incontro a una replica del Sinodo del 1980, quello che partorì la Familiaris Consortio: lì, i laici “si sono fatti notare per quanto distanti erano dal modo di vedere le cose della media dei cattolici”.

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  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.