Io, spazzino dell'informazione guardona, tra le bellurie di un talk show

Giuliano Ferrara

Ho partecipato a un talk show, su gentile richiesta di Chicco, la sera dell’assoluzione di Berlusconi, la sera in cui anche la sentenza per evasione fiscale ai danni del maggior contribuente italiano ha preso la sua nuova e vera luce da queste domande su un accanimento ventennale ormai straprovato, e queste domande non sono venute alla luce, ho potuto solo accennarle tra grida da trivio, vanità da camerino per sociologhe di serie C e giornalisti garantisti che intitolano “Piazza pulita” le loro trasmissioni di fini giuristi liberali, e ho visto, mentre mi abbassavano l’audio e si prendevano un sonoro vaffanculo.

Le domande che si fanno i vili e i cretini sono queste: è stato assolto, Berlusconi, in virtù del patto con Renzi?; è tutto dipeso dalla concussione per induzione varata dal Parlamento su iniziativa del governo Monti (Severino), una norma concepita per specificare ancora meglio che una raccomandazione con favori scambiati è una concussione anch’essa, sebbene non coattiva?; è merito della Severino di servizio al Cav., la Severino stessa una cui legge ha consentito di buttarlo fuori dal Senato o dell’avvocato Coppi?; Berlusconi è restituito alla sua agibilità politica o riabilitato, malgrado l’altra sentenza per frode fiscale, definitiva, e l’affidamento ai servizi sociali?; riprenderà in mano Forza Italia con tutta la fronda?; per la serie eufemistica dell’amico Mentana, non è un po’ “slittata la frizione” ai media e ai pm che hanno messo in scena tutto questo ambaradam sulle vite degli altri? Poi ci sono le considerazioni: il paese è indifferente (Brambilla), quelli che adesso festeggiano in futuro si dovranno vergognare (Azucena Annunziata), ora tenteranno di mettere le loro manacce sulla giustizia italiana, per le scuse di pm e giornalisti e editori al paese e all’ex presidente del Consiglio c’è tempo. Poi ci sono i depistaggi pusilli tipo “a me del caso Ruby non frega poi così tanto, era chiaro che sarebbe andata a finire così, passiamo alla mafia”, gentucola moscia che non merita di essere invitata, per quanto lo desideri, alle cene eleganti. Fanno bene a fare le vacanze con i mafiosi, come capitò a Marco Dettaglio, così si fanno raccontare le gesta dell’antimafia di Ingroia dal suo attendente doppiogiochista, a loro insaputa, e si consolano.

 

Nella mia modestia di spazzino del giornalismo italiano, consegnato da vent’anni all’incombenza di sistemare nei cassonetti, senza differenziata (lo riconosco), tonnellate di carta stampata e di digital-tv del prime time, ho anch’io un paio di domande cretine. C’è stato un qualche rapporto tra la crisi di leadership che ha portato alla defenestrazione, lui consenziente e rassegnato e callido e responsabile, di Berlusconi eletto dal popolo e questa inchiesta che non si sarebbe mai dovuta fare, tutta gogna mediatica, intromissione guardona, e niente prove, niente reati? C’era un rapporto vent’anni prima tra gli avvisi di garanzia a mezzo stampa di Francesco Saverio Borrelli via Corriere della Sera (poi siamo arrivati ai Mattinali specializzati in Delazioni&Dettagli), “stiamo arrivando ai livelli alti di Telepiù”, oppure la propalazione a tradimento dell’informazione giudiziaria sulla Guardia di Finanza, seguita da processo e assoluzione, e il ribaltone del 1994-1995? Potrebbe lasciar affiorare qualche sospetto di combine tra media giustizia e politica il ripetersi di un accanimento che produce a vent’anni di distanza, con impressionante regolarità, cadute di governi eletti nell’applauso della gente che ama piacersi? Non sarebbe questo uno svuotamento della democrazia liberale e un insulto alla medesima? Che ne dicono i saggi osservatori che affermano di rifiutarsi di osservare dal buco della serratura per via della loro idiosincrasia liberale?

 

Altre domandine, questa volta sul costo nazionale delle fobie della Boccassini contro la “furbizia orientale” della signora El Mahroug. Ricordate quando Tremonti sequestrò per sé integralmente la politica economica, disse che non c’era una lira, rigettò ogni ipotesi di frustata all’economia e di riforme, attese la caduta di Milano, lo sputtanamento internazionale del capo del suo governo, pensando che sarebbe restato in piedi in mezzo alle macerie come profeta dell’antimercatismo? E’ così che ci preparammo alla grande crisi finanziaria? Ricordate quella povera anima di Fini, la sua baldanza ciarliera con il magistrato Trifuoggi in un memorabile fuorionda, la sua idea di ricostruire con la benedizione di Scalfari e Mauro e della sinistra gregaria una destra conservatrice di stampo europeo, fondata sulla caduta imminente dell’uomo degli scandali sessuali e circonvicini? Può una sequela di inchieste senza oggetto né prove condurre alla consumazione di una maggioranza di governo, alla sua estinzione in un susseguirsi di squallidi opportunismi, di piccole ambizioni senza senso destinate a finire nel dimenticatoio di quella grande discarica dei codardi che è la storia?

 

Ecco. Ho partecipato a un talk show, su gentile richiesta di Chicco, la sera dell’assoluzione di Berlusconi, la sera in cui anche la sentenza per evasione fiscale ai danni del maggior contribuente italiano ha preso la sua nuova e vera luce da queste domande su un accanimento ventennale ormai straprovato, e queste domande non sono venute alla luce, ho potuto solo accennarle tra grida da trivio, vanità da camerino per sociologhe di serie C e giornalisti garantisti che intitolano “Piazza pulita” le loro trasmissioni di fini giuristi liberali, e ho visto, mentre mi abbassavano l’audio e si prendevano un sonoro vaffanculo, la grande fuga dei topi mentre la loro barcaccia affondava: nessuno che attaccasse il verdetto e rivendicasse fino in fondo il proprio comportamento, nessuno che si scusasse per il malfatto, nessuno che si facesse domande politiche che in qualunque paese sarebbero state poste ai magistrati, alle loro associazioni, a gente di cultura giuridica e politica e non a un circolo di scemi del giornalismo chiacchierone (me compreso). In compenso culi, tette e testimonianze di pentite al processo finito in pornoprocesso e farsa grottesca. Eravamo tutti giornalisti, mica male il giornalismo italiano. Merita i premi che si conferisce autorevolmente per aver detto che Rostagno è stato ucciso dalla moglie, che l’uranio del Niger è stato nascosto dal controspionaggio italiano, che Ruby era la chiave di volta di palpeggiamenti criminali da Cassazione.

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.