Nicolas Sarkozy (foto LaPresse)

Sarkozy in stato d'accusa permanente

Paola Peduzzi

L’ex presidente francese si difende in tv e non esclude una ricandidatura. Ma potrà mai riprendersi? La nemesi della Chiracchia e di Gheddafi, il “sistema” torbido e la Francia in declino forniscono già un loro verdetto

Non ho tradito la fiducia dei francesi, non ho fatto nulla contro lo stato di diritto, c’è stata la volontà di umiliarmi (quelle due signore, i giudici che l’hanno interrogato, “sono state aggressive”), è una strumentalizzazione politica della giustizia, ma non sono uno che si scoraggia di fronte alla lotta, ha detto ieri sera Nicolas Sarkozy in un’intervista trasmessa su Tf1 ed Europe1 dopo aver passato una giornata e una mezza nottata a Nanterre, in “garde à vue”, dopo essere stato rilasciato, nella notte, con la messa in stato d’accusa per corruzione, violazione del segreto istruttorio e “traffico d’influenza”. Uno “scisma politico” scrive il Monde drammatico, e sulle tv francesi passano per ore le stesse immagini, l’ex presidente francese con gli occhi stanchi e la barba di un giorno, la stessa smorfia che aveva nel 2012, quando perse dopo un solo mandato la rielezione all’Eliseo. Battagliero e arrabbiato, Sarkozy non ha escluso di ricandidarsi, deciderà a inizio settembre, ma nutre la speranza di poter rimettere insieme il paese dopo il disastro dei socialisti (complici di un complotto contro di lui). Ma può rimettersi in piedi Sarkozy? Al di là della pena, che va fino ai dieci anni di carcere e comprende l’ineleggibilità, può Sarkozy provare a essere di nuovo Sarkozy?

 

In questa caduta così banalmente brutale – i finanziamenti illeciti, “les écoutes”, il “sistema”, le sim comprate di nascosto, sotto falso nome, gli aiutini – si ritrovano come testimoni tutti gli elementi che negli anni, quando c’era l’immunità e non c’entrava l’accanimento giudiziario denunciato oggi, hanno deturpato la promessa sarkozista. Che nel 2007 era potente e umana, fatta di cantieri aperti (cento), di rottura con il passato, anche con il proprio passato, quello del gollismo al potere con la Chiracchia, di apertura alle migliori menti fra i socialisti, di figli con i capelli lunghi (e in questi giorni su Twitter difensori pugnaci del papà) e di mogli inquiete. Era Sarkozy sulla copertina dell’Economist nei panni di Napoleone, l’aspettativa alta perché sembrava che tutti i pezzi dovessero finalmente combaciare con la realtà in cambiamento. Poi quella promessa si è sfilacciata, fino a tramutarsi in una nemesi dolorosa per i sarkozisti e per la Francia. Jacques Chirac, il nemico combattuto da Sarkozy per anni, con tradimenti e scuse, con l’insofferenza di chi vuole farti fuori ma deve stare alle regole, era l’uomo da abbattere e superare. Oggi, alla luce delle inchieste che pesano su Sarkozy, le accuse di corruzione a Parigi di Chirac sembrano quasi nulla, lui è anziano, malato, e due mandati comunque se li era vinti. Ma la Chiracchia sarebbe più digeribile, se non ci fosse anche quell’altra ombra tragica, quella di Muammar Gheddafi, dittatore di Libia cacciato da una coalizione di occidentali guidata da Sarkozy (i primi aerei che si alzarono in volo, quando l’Onu disse sì alla missione della Nato in Libia, erano francesi), che nel 2007 dava soldi forse in modo illecito alla campagna presidenziale di Sarkozy. Quando Gheddafi è stato ammazzato, per strada, da libici furiosi, la prima immagine, quella più famosa, fu scattata da un fotografo francese. Sarkozy voleva esserci in quella missione, un regime change che non si è mai chiamato così per la consunta ipocrisia europea ma che è finito con l’uccisione del rais che aveva finanziato l’elezione di Sarkozy. E oggi proprio quei fondi sono all’origine dello stato d’accusa dell’ex presidente francese: i suoi telefoni cellulari sono stati intercettati per l’inchiesta sui finanziamenti libici e così s’è scoperto della spintarella a un giudice in cambio d’informazioni su un’altra inchiesta ancora, quella sulla signora Bettencourt, altri soldi dati a Sarkozy forse in modo illecito.

 

[**Video_box_2**]Chirac e Gheddafi, e un network a cavallo tra polizia, magistrati, politici, che oggi ci viene restituito, nei riassunti delle intercettazioni, così improvvisato da non credere che Sarkozy sia stato, prima di essere presidente, il capo del ministero dell’Interno, che nell’immaginario europeo è un incarico di potere assoluto, da lì puoi manovrare la macchina dei dossieraggi, che ha mosso i grandi scontri politici in Francia. I pezzi che dovevano collimare non hanno trovato sistemazione, come una sistemazione non la trova la Francia, neppure ora che fa i conti con Sarkozy, logorata com’è dal declino e da François Hollande, il presidente antisarkozista senza idee che ha fatto notizia soltanto per i croissant di buon mattino e il triangolo amoroso, sarkozismo senza occhiali a specchio. Poi si saprà se Sarkozy, come dice, non ha nulla da nascondere, ma lo stato d’accusa politico è permanente, a ricordare che non sono solo le inchieste il problema: sono, come nella vita, le promesse non mantenute.

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi