Tintinnio di bilance L’iconografia giudiziaria è disseminata di tranelli. Scriveva Francesco Carnelutti (“Le miserie del processo penale”, 1957) che anche le manette sono un emblema del diritto; “forse, a pensarci, il più autentico dei suoi emblemi, ancora più espressivo della bilancia e della spada. Bisogna che il diritto ci leghi le mani”. La belva aggiogata torna allora ad apparirci uomo, risvegliando la nostra compassione. 17 MAG 2014
Le lolite del Dr. Mengele Adolf Eichmann fu il più laconico stroncatore di “Lolita”. “Decisamente un libro sgradevole”, disse all’agente di polizia che gli aveva dato da leggere il romanzo di Nabokov per passatempo, quand’era sotto processo a Gerusalemme. La recensione del tenente colonnello al film di Kubrick non la leggeremo mai (“Lolita” debuttò a New York pochi giorni dopo la sua impiccagione), ma non c’è motivo di immaginarla più generosa. Cos’hanno da spartire, in fin dei conti, un alto burocrate dello sterminio e un cacciatore incantato di ninfette? Nulla, se non la necessità di inventarsi una difesa davanti a una Corte, e c’è pure chi ha suggerito che Humbert Humbert usa gli stessi espedienti retorici dei gerarchi nazisti a Norimberga. 10 MAG 2014
Il vintage dell’utopia Ai nostalgici della Guerra fredda culturale, o anche solo ai ritardatari, restano ben poche occasioni di rivalsa e non è raro che a offrirle sia la diaspora cubana. Meglio quindi non lasciarsi sfuggire “El comunista manifiesto”, l’ultimo libro di Iván de la Nuez, saggista nato all’Avana che da vent’anni vive a Barcellona. La sua premessa – inoppugnabile al lume delle scienze occulte – è che lo spettro del comunismo abbia cominciato ad aggirarsi per l’Europa non già nel 1848 ma solo dopo il 1989, perché è proprio dei fantasmi manifestarsi post mortem. Oltrepassate la tragedia e la farsa saremmo diretti al terzo stadio dell’estetica, dove si va, al galoppo, a saccheggiare le regioni degli sconfitti per riportarne qualche trofeo grazioso. 05 MAG 2014
Il cinemino della politica Una rondine non fa primavera, d’accordo, ma già una coppia di rondini può servire da pretesto per qualche divinazione, alla maniera degli àuguri etruschi e romani. Due film gemelli hanno attraversato i cieli del penultimo inverno italiano – l’uno diffuso nelle sale alla fine di ottobre del 2012, l’altro nel febbraio del 2013, a ridosso delle elezioni politiche – annunciando una primavera che pare, allo stato delle cose, tutta congetturale. Si somigliano fin dal titolo: “Viva l’Italia” si chiama il primo, “Viva la libertà” il secondo. Ad accomunarli è un intreccio di temi dalla lunga e veneranda tradizione teatrale: la pazzia del sovrano, il buffone come doppio del re, le scintille di verità sprigionate dal cozzo tra il potere e la follia. 27 APR 2014
Prove di un successo Sono rari gli amori ferroviari, difficile l’incontro fra sconosciuti in treno; ma due libri gettati alla rinfusa nella tasca esterna di una valigia possono intendersela a meraviglia, senza bisogno di occhiate allusive, e perfino accoppiarsi selvaggiamente in un vagone affollato. Sapeste come amoreggiavano, i due volumetti che mi ero scelto per un lungo viaggio! Il primo, “Casi giudiziari”, era un’antologia di racconti siciliani curata da Salvatore Ferlita. Tra questi una novella di Capuana, “Delitto ideale”, dove un uomo che ha lungamente fantasticato un assassinio, senza però mai commetterlo, si sottopone da solo a processo – nel foro interiore, l’unico competente per queste faccende – e si dà la condanna che nessun giudice avrebbe potuto infliggergli. 12 APR 2014
Mal di Moviola Enzo Tortora era innocente, ma frugando bene una piccola colpa gliela si trova. E’ stato lui, quand’era conduttore della “Domenica sportiva”, a inaugurare il longevo rito nazionale della moviola: era il 28 febbraio 1965, e l’occasione era un gol di Rivera. Nasceva, quasi inavvertito, un nuovo registro della conversazione pubblica, che s’innestava su antiche inclinazioni del costume italico ed era destinato a propagarsi ben al di là dei campi di calcio; in esso s’intrecciavano il gusto tutto avvocatesco per la controversia regolamentare, l’attenzione maniacale al dettaglio, ingigantito fino a eclissare il quadro generale, la fissazione perdurante su qualche episodio traumatico, la sete mai appagata di verità e di riparazione, una sconfinata permalosità. 31 MAR 2014
L’apocrifo di Sciascia C’è una frase che ricorre come un mantra nella pubblicistica sulla trattativa, attribuita a Leonardo Sciascia: “Lo stato non può processare sé stesso”. Finalmente, dicono i fiancheggiatori dell’accusa, ecco un drappello di magistrati coraggiosi che tenta di smentire l’assioma; donde la portata storica, epocale del processo palermitano. Davvero Sciascia pronunciò quella frase? Difficile a dirsi, perché i tanti che la citano tra virgolette, un clan endogamico che avrebbe fatto la gioia di Lévi-Strauss – Marco Travaglio, Saverio Lodato, Maurizio Torrealta, Salvatore Borsellino, Sandra Rizza, Beppe Grillo – se la passano di bocca in bocca senza mai menzionarne la fonte. 15 MAR 2014
Fëdor noir Ci vorrà un Dostoevskij”, pensava Jorge Semprún a Buchenwald, ci vorrà qualcuno in grado di ritrarre l’anima umana colata a picco nel male. Ma un Dostoevskij non c’era, ed è sempre così, i Dostoevskij sono peggio degli idraulici: mai che ce ne sia uno a tiro quando ne hai bisogno. Le eccezioni sono rare. Quando Necˇaev giustiziò a Mosca lo studente Ivanov, affiliato all’organizzazione rivoluzionaria di cui era ideatore e capo, un Dostoevskij in circolazione c’era. 08 MAR 2014
La vittima che azzanna Non so quali siano gli effetti tossicologici del Popper, dottore, ma c’è una pagina della “Società aperta e i suoi nemici” che mi ronza nella testa da vent’anni e non vuole uscirne, devo preoccuparmi? E’ quella in cui il filosofo mette allo specchio i partiti che parlano da lupi e agiscono da agnelli e i partiti che parlano da agnelli e agiscono da lupi: un piccolo chiasmo che vale un trattato di scienza politica. E va bene che Daniele Giglioli assume droghe ben più pesanti delle mie (un cocktail micidiale di Zizek, Agamben, Badiou, Rancière, Butler, roba che stenderebbe un cavallo) ma il suo “Critica della vittima”, appena pubblicato da Nottetempo, è sempre lì che torna, alla favoletta di Fedro e alle sue inesauribili implicazioni politiche. 01 MAR 2014
Facebook-Krieg Qualcuno doveva aver raggirato Claudio M., perché senza che avesse fatto niente di male una mattina lo iscrissero a Facebook. Il professore absburgico si è trovato, suo malgrado, sdoppiato: da una parte Claudio Magris, dall’altra il profilo Facebook di Claudio Magris. E va bene che ogni orfano della finis Austriae ha diritto al suo personale Doppelgänger, ma che gli si lasci almeno il piacere perturbante di generarlo da sé, per gemmazione fantastica, psicoanalitica, allucinatoria, al limite vendendo l’ombra al diavolo. 08 FEB 2014