Foto Imagoeconomica

Leonessa nella giungla tv

Salvatore Merlo

La televisione e lo sport, la famiglia De Benedetti, gli amici e le amiche. Il vulcano mobile Paola Ferrari

L’appartamento che le fa da ufficio e da pied-à-terre, nel centro di Roma, alle spalle del Parlamento, somiglia a una gigantesca meringa. Bianche le pareti, bianchi i divani, bianchi i morbidi tappeti pelosi, bianco è il grande mobile a parete che circoscrive i tre schermi televisivi. Accesi, ma muti. Rai news, SkyTg24, Tgcom24. Una candela profumata in un angolo, le foto del calendario Pirelli, una grande finestra è spalancata sui tetti: a sinistra lo splendore di San Pietro. Uno dei telegiornali intanto informa, in sovra impressione, che per il ministro Giovanni Tria “è del tutto infondata l’idea che si voglia far saltare l’Europa”. Sulla Rai c’è invece il “prof. Giuseppe Conte, presidente del Consiglio”, che parla rivolgendosi all’Aula di Montecitorio. E allora la domanda viene fuori quasi da sola: sei sposata con Marco De Benedetti, l’editore di Repubblica, il figlio di Carlo. Non hai paura di essere mandata via dalla nuova Rai sovranista?

 

“So di essere una privilegiata. Ma c’è gente che in passato ha tentato di cacciarmi via per vendicarsi del cognome di mio marito”

Con Marco De Benedetti “un matrimonio molto divertente: non sa mai che cosa posso combinargli da un momento all’altro”

“Molti anni fa mio suocero, l’Ingegnere, mi disse una cosa del tipo: ‘Ma ancora lavori? Non ce la farai!’. Lì per lì mi arrabbiai. Ma col senno di poi credo che in quelle sue parole ci fosse del buono in realtà. So di essere una privilegiata, ma so anche che posso essere oggetto di cattiverie. C’è gente che in passato ha tentato di cacciarmi via per vendicarsi del cognome di mio marito. Questa cosa l’ho sentita sulla mia pelle. E infatti quando ho letto quello che diceva di Maio – per il quale ho avuto persino simpatia – quando quasi si augurava la chiusura dell’Espresso, mi è dispiaciuto in primo luogo per i colleghi. Poi mi è anche venuta paura. Paura personale. Andavo in onda e dicevo tra me e me: ‘E se ora sbaglio, se dico qualcosa che non dovrei dire, che succede?’”. E a questo punto solleva uno sguardo obliquo, carico di malizia. “Intendiamoci, non sono una che si fa mandare via facilmente”, dice. “Darei battaglia”, aggiunge con una sorta di divertimento segreto. “Sono fatta così. Non sono certo una che sta zitta”.

 

E dev’essere proprio vero perché Paola Ferrari, la più longeva conduttrice della “Domenica sportiva”, il primo volto femminile dello sport Rai, è una specie di piccolo vulcano mobile: “Soffro di cefalea cronica, quindi mi sono abituata a vivere al massimo le ore che mi restano senza mal di testa. Mi alzo a mezzogiorno e vado a letto alle tre del mattino”. Non sta ferma un attimo. Mentre parla si alza in piedi, gira scalza per la stanza, si solleva sulle punte, poi si rimette a sedere, e finalmente si accoccola sul divano come una gatta, le gambe nude, quasi Paolina Borghese sul triclinio, mentre sul suo viso mobile vanno e vengono scintille e ombre che alla fine rivelano la sua più costante espressione: un entusiasmo allusivo, invitante, forse una vena di seducente follia, da irrequieta. Osservandola si può riconoscere l’immagine della ragazzina che a sedici anni è scappata di casa in una turbolenta serata di primavera ormai lontana – “venivo da una situazione famigliare complicata” – e che poi due anni dopo, a diciotto, si è sposata con un amico d’infanzia “ma quel matrimonio è durato appena sei mesi. In quel periodo mi sentivo sola, cercavo qualcuno che fosse dalla mia parte in tutto e per tutto. Così feci questo errore. Ora lui si è risposato e ha anche avuto quattro figli. Ci sentiamo ancora. Siamo amici”, dice, con il tono caldo, segreto, sensuale delle donne che parlano d’amore quando l’amore è lontano nel tempo.

 

Sono gli anni in cui Enzo Tortora la nota, quando lei era poco più che adolescente. Il famoso conduttore la portò in televisione, alla Rai. “A ‘Portobello’. Quel programma fu un’esplosione di successo: 28 milioni di spettatori dopo cinque puntate”. Come andò? “La mia fuga da casa, vivevamo a Città Studi, si concluse a Busto Arsizio. Da mia zia, che oggi ha novant’anni. Lì c’erano gli studi televisivi di Tele Alto Milanese, e Tortora faceva un programma. Così mio cugino un pomeriggio mi ci porta, tra il pubblico. E Tortora, che stava in regia, mi vide. Allora il giorno dopo girò per tutto il paese chiedendo chi fossi. Così una mattina entro al bar e mi dicono: ‘Ti cerca Tortora’”. Si lanciò dall’oggi al domani nella carriera televisiva, come un puledro in un prato.

 

Chi sono gli amici? “Soprattutto uomini. Tra le donne Alba Parietti è una mia carissima amica. In televisione siamo cresciute insieme. Ho avuto molte delusioni dalle amicizie, per esempio da Daniela Santanchè. Mi sono sentita tradita, ma sono ancora in società con lei. Anche se ormai le azioni valgono pochissimo. Io non sono capace di tradire gli amici. E considero il tradimento di un’amicizia molto più grave del tradimento in amore”. Sei anche amica di Flavio Briatore? “Lo conosco bene”. E in amore hai tradito mai? “Moltissimo”, risponde, con un’espressione birichina negli occhi. “Ci sono stati periodi della mia vita in cui avevo tanti fidanzati e mi stufavo facilmente. Si tradisce anche per noia. Con svagatezza. Mentre il tradimento dell’amicizia è tutto un altro paio di maniche, è una cosa feroce”. Fidanzati famosi? Non sono mai stata fidanzata con un calciatore. Gli attori non mi piacciono, sono egocentrici e lo so perché li conosco bene lavorando per una casa di produzione”. Sei socia di Lucisano. “Mi occupo di docu-film. Proprio adesso stiamo facendo una serie su Siena e la storia del Monte Paschi”. E la sera chi frequenti, chi inviti a casa? “Non faccio salotti. Non faccio cene. Sono già abbastanza stimolata dal mio lavoro, così quando sono a casa mi piace stare da sola”. E casa dov’è? “Sono una girovaga. Ho una grande casa con giardino a Roma, e sto molto a Miami e a Dubai. Adoro Dubai. Mi piace dal punto di vista architettonico, è la sfida vinta dell’uomo sulla natura. Lo skyline di Dubai è stupefacente. Altro che New York. E poi ti offre tutto quello che vuoi”.

 

E insomma Flavio Briatore e Repubblica, Daniela Santanché e Carlo De Benedetti, il Billionaire ed Eugenio Scalfari. Non sono precisamente mondi affini quelli che Paola Ferrari ha messo e mette insieme. Tutti dicono che sei di destra. “Stimo molto Giorgia Meloni, ma sono favorevole alla maternità surrogata, che non è certo una posizione di destra. E da ragazzina votavo i Radicali, per difendere il diritto all’aborto e al divorzio. Come vedi non sono facilmente catalogabile”. Chi hai votato l’ultima volta? “Non te lo dico. Ma posso dirti che avevo previsto la vittoria del Movimento 5 Stelle e anche quella di Trump negli Stati Uniti. Ma soprattutto avevo previsto Renzi sotto il 30 per cento. Seguo da tempo con grande attenzione la strada dei Cinque stelle. Pur non concordando sempre con quello che fanno. Per esempio non mi piace il reddito di cittadinanza”. Ti candidasti con la Destra di Storace, nel 2008. “Un errore fatto per amicizia con la Santanché. Poi mi offrirono di fare l’assessore a Milano. In quell’occasione capii quanto i partiti sono chiusi e arroccati in se stessi”.

 

E Repubblica la leggi? “Cerco di leggerla. Ma approfondisco di più l’Espresso. Sono una fan di Lirio Abbate. Repubblica la guardo sul web”. E se ti capita il giornale di carta invece, chi leggi su Repubblica? “Non mi fare questa domanda”, sorride. “Guarda che io leggo tutto. Leggo il Corriere, leggo il Foglio… leggo la Verità. Ecco, la Verità delle volte mi diverte moltissimo. Mi avevano anche offerto di entrare nella società editrice. Ci credevo molto dal punto di vista editoriale alla tenuta del progetto, che infatti come si vede funziona”.

 

Scintille e ombre che rivelano la sua più costante espressione: un entusiasmo allusivo, invitante, una vena di seducente follia

Alba Parietti “carissima amica”. La delusione Daniela Santanchè: “Mi sono sentita tradita ma sono ancora in società con lei”

Sai che discussioni poi al mattino, a colazione, con il marito Marco De Benedetti. “Da una parte mi sarei divertita dall’altro dispiaciuta. E infatti ho lasciato perdere”. Tuo marito che ne pensava? “Il nostro è un matrimonio molto divertente: lui non sa mai che cosa posso combinargli da un momento all’altro. Capita che mi dica: ‘Mi hai combinato un casino!’. Qualche mese fa, durante un brindisi per la presentazione della riforma grafica di Repubblica, c’era anche Scalfari, e mio marito mi indica di fronte a tutti dicendo: ‘Eccola, lei vota Movimento 5 stelle. Che imbarazzo!”. Ma allora è vero che hai votato Di Maio. “A me piacciono le novità. All’inizio ero affascinata anche da Renzi, quando era a Firenze. Mio suocero invece lo detestava, a quel tempo. Sia chiaro: non l’ho votato mai Renzi, eh. Ho capito presto che gli mancavano delle qualità… umane. E poi non mi è piaciuto affatto il Nazareno. E non per via di Berlusconi. Ma perché lo consideravo un patto di potere per il potere, un patto sfacciato che non aveva niente a che vedere con il bene degli italiani”. E di Berlusconi che pensi? “Ho molta simpatia per lui. E’ un uomo divertente e piacevolissimo. Ma odio le barzellette. Mi danno stress. Mi sento obbligata a ridere. E infatti appena uno comincia a raccontare una barzelletta in realtà dentro di me mi chiedo, ossessivamente: ‘E se ora non rido, se non la capisco, che succede?’”.

 

Perché in televisione, nelle trasmissioni sportive, ci sono, quasi come un cliché, soltanto donne belle e poco vestite? “L’immagine in televisione aiuta. A me però piacciono le giornaliste, quelle che hanno fatto la gavetta, che hanno raccontato lo sport andandolo a vedere, che hanno praticato il mestiere. Diffido delle conduttrici ‘prodotti televisivi’. Ilaria D’Amico e Diletta Leotta, per esempio, credo non abbiano mai fatto gavetta giornalistica”.

 

Chi sono allora le più brave secondo te? “Oddio, dimenticherò sicuramente qualcuno… Le più brave sono le giornaliste vere. Monica Vanali, poi ovviamente Donatella Scarnati che è un colosso. Simona Rolandi, Francesca Sanipoli, Elisabetta Caporale, Alessandra De Stefano… Apprezzo le colleghe che hanno raccontato lo sport, le altre sono conduttrici. Ed è un’altra cosa. A me piacciono le giornaliste che sanno fare entrambe le cose. La prima donna a parlare di calcio in televisione è stata Alba Parietti nel 1990, ai tempi dei Mondiali. Io sono arrivata nel 1996 con la ‘Domenica sportiva’. Poi è arrivata la D’Amico, che andava in onda seduta su un ‘cadreghino’ trasparente, come lo chiamo io, che era esattamente quello che utilizzavo io nelle mie trasmissioni”.

 

Molte conduttrici vivono, andando in onda, una evidente e continua tensione erotico-estetica. “Io per la verità cerco sempre di nascondere il mio seno abbondante quando sono in onda. Ho il terrore di apparire volgare. E non credo di vivere nessuna tensione erotica. Ma c’è un problema, questo sì. Basta guardare, per esempio, i siti sportivi, anche di testate molto importanti. C’è sempre la moglie o la fidanzata del calciatore tutta nuda, c’è sempre la ‘strabona’, uno stereotipo che secondo me è offensivo per le donne tifose”.

 

Ma tu hai mai scritto sulla carta? “Come no. Ho scritto per il Monello e per l’Intrepido, mi occupavo di musica e di sport. Però mi offrivano sempre di fare dei film, perché ero carina, oppure di cantare, anche se sono stonatissima. Ma a me tutto questo non interessava. Ho sempre voluto fare la giornalista, mi facevo pure le treccine per imitare Oriana Fallaci. Ho seguito il tour europeo dei Queen. A quei tempi avevo un fidanzato manager della Emi. Quindi conoscevo tutti gli artisti. Ero amica di Carlo Massarini, di Paolo Giaccio. Ascoltai ‘Radio Ga Ga’ due mesi prima che i Queen la cantassero per la prima volta al festival di Sanremo. E Venditti mi fece ascoltare ‘Ricordati di me’ in anteprima. Adesso in quel mondo ho poche amicizie, con alcuni sì, nel senso che se ci incontriamo ci salutiamo con piacere”. Chi? “Zucchero, Enrico Ruggeri… Però non li frequento. Ho anche lavorato a Radio dj. Con Fiorello, con Gerry Scotti, con Albertino. Ricordi bellissimi”. E Linus? “Con Linus facemmo un programma sportivo, litigammo dall’inizio alla fine. E’ una delle poche persone con le quali non ho lavorato bene. Adesso però siamo amici. La mia è una lunga carriera da giornalista, nessuno si ricorda che sono stata al Tg2 per molti anni. Ero lì quando crollarono le torri gemelle, e lasciai con l’abbattimento della statua di Saddam”. Cosa non ti piace in televisione? “Non mi piacciono i reality, e non mi piace l’intrattenimento. Trovo che Maria De Filippi sia un genio, ma quando vidi ‘Uomini e donne’ per la prima volta mi sembrò una cosa allucinante: l’uomo seduto sul trono con le donne che ambiscono di essere scelte dal maschio”. Qual è stata la migliore Rai? “Io sono legata alla creatività di Marino Bartoletti, che ha inventato moltissima televisione sportiva, non solo ‘Quelli che il calcio’”.

 

A un certo punto, mentre parliamo, un grosso cane, che sembra un leone, un magnifico Bovaro del bernese di nome Aragorn – “Perché Aragorn? Perché è possente e bello e fedele” – entra nella stanza. Forse è stanco di aspettare la padrona, anzi “la fidanzata”, come dice lei. E’ il segno che l’intervista è finita. Dalle finestre arriva lontano il rumore della città. E allora, sempre scalza, con la gonna scorciata al ginocchio, Paola Ferrari zampetta verso la finestra: “Visto il panorama? Roma è tanto bella. E tanto trattata male”. Che pensi di Virginia Raggi? “Che ha ereditato uno sfacelo, ma se è possibile l’ha persino peggiorato”.

 


 

La collana “A tu per tu” di Salvatore Merlo ha ospitato finora Ferruccio de Bortoli, Ezio Mauro, Giancarlo Leone, Flavio Briatore, Fedele Confalonieri, Giovanni Minoli, Luca Cordero di Montezemolo, Urbano Cairo, Claudio Lotito, Giovanni Malagò, Beppe Caschetto, Bruno Vespa, Vincino, Marco Carrai, Ettore Bernabei, Umberto Bossi, Ennio Doris, Paolo Del Debbio, Simona Ercolani, Raffaele Cantone, Milo Manara, Francesco Paolo Tronca, Raffaele La Capria, Carlo De Benedetti, Federico Pizzarotti, Michele Serra, Michele Santoro, Andrea Salerno, Walter Veltroni, Pietro Valsecchi, Marco Bentivogli, Vittorio Sgarbi, Makkox, Vincenzo Scotti.

Di più su questi argomenti:
  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.