una fogliata di libri

Del narrare

Giulio Silvano

La recensione del libro di Daniele del Giudice edito da Einaudi (296 pp., 36 euro)

Gli scrittori tendono solitamente a pensare all’atto del narrare dopo che hanno scritto. Mentre scrivono pensano alla trama, ai personaggi, alla lingua, ai dialoghi. Dopo aver composto un’opera si chiedono poi: come ho fatto? Dopo aver letto opere di altri si chiedono: come hanno fatto? 

“Non v’è dubbio che un narratore vede veramente soltanto mentre narra; anche nel caso di un’esperienza vissuta o di una cosa realmente vista, è solo descrivendola, scrivendola, che si apre una smagliatura nella continuità memoria-invenzione, un’istante di frattura da cui si genera il vedere, la visione”. Lo scrive Daniele del Giudice nella seconda parte del libro Del narrare, bel volume curato da Enzo Rammairone sulla base dei materiali conservati nell’archivio dello scrittore morto a settembre del 2021 a Venezia, dove viveva, in una calle che parte da Campo San Polo. Del Giudice ha scritto romanzi e racconti, ma ha anche scritto saggi e articoli che qui vengono recuperati. “Dello stile non mi è mai importato niente”, scrive a un certo punto l’autore di Atlante Occidentale. E racconta, come una sorta di guida intima ai meccanismi della scrittura, le proprie abitudini, i pensieri durante la concezione e la redazione di un romanzo o di un racconto. Ma anche grandi verità sulla scrittura. “Narrare oggi significa muoversi in una specie di mare in cui ci sono delle boe e sopra alle boe delle campane, e le campane che dondolano al movimento delle onde indicano dei naufragi, qui è naufragato Kafka… qui è naufragato Conrad… qui Hemingway”. 

La prima parte del libro raccoglie saggi sugli autori preferiti da Del Giudice. Uno scrittore che ci piace che scrive di autori che gli piacevano – e che piacciono anche a noi – è spesso un piacere, soprattutto perché permette di trovare chiavi di lettura inedite, a cui non avevamo mai pensato, e che aggiungono una lente nel caleidoscopio con cui guardiamo il nostro pantheon letterario. Permettono nuovi punti di vista. Ad esempio, parlando di Primo Levi, Del Giudice riesce a citare Stephen King. Ma quello che risulta più interessante – e per chi conosce i libri di Del Giudice diventa a posteriori naturale notarlo – è l’attenzione che viene posta a determinati elementi nei racconti di questi autori, tutti autori molto  precisi, che descrivono animali, macchinari e oggetti con dovizia, che hanno un certo attaccamento alla scienza e al modo in cui la scienza si può usare nella letteratura. E infatti i nomi sono quelli di Stevenson e di Jules Verne, di Calvino e di Primo Levi. Ma anche Svevo, Bernhard e Conrad. 
     

Daniele del Giudice
Del narrare
Einaudi, 296 pp., 36 euro

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