Beppe Fenoglio. La prima scelta

Massimo Morasso

La recensione del libro di

E’bello che questo libro non sia un’apologia di Fenoglio. Ed è interessante (per il lettore sazio di pagine critiche scritte in “critichese”) che l’autore sia uno dei suoi personaggi. Si potrà ribattere che un profilo critico degno di questo nome deve essere scritto con oggettività e apparente distacco, e che l’immedesimazione in prima persona dell’io scrivente fa a pugni con la facoltà di giudizio e il rigore dell’osservazione. Benché, oggigiorno, perfino gli accademici tendano ad assecondare la dilagante voluttà di comunicazione. L’obiezione è pertinente, ma nel libro di Gianfranco Lauretano c’è qualcosa di molto diverso da un mero occhio scrutatore. C’è l’ammirazione esibita e partecipe per il più grande narratore epico del nostro Novecento, scrittore di statura “europea” non ancora del tutto riconosciuta. Donde il fervore anche autobiografico che smuove lo studioso nella sua ricerca itinerante: che lo ha portato a dar conto con sciolto piglio narrativo delle proprie incursioni nel vivo del paesaggio langarolo, che fu dell’uomo Fenoglio, e che ricorre di continuo nell’opera fenogliana come un prodigioso generatore e contenitore d’esperienza immaginativa. Nei sette capitoli più prologo ed epilogo che compongono il volume di Lauretano – il quale, prima di questa, ha pubblicato diverse altre monografie, fra cui spicca quella su Clemente Rebora uscita con Rizzoli dieci anni fa –, tutto è messo a fuoco dal basso provvido di una lente chiaroveggente; soprattutto “I ventitré giorni della città di Alba”, “La malora” e “Il partigiano Johnny” ne escono trasvalutati (si direbbe risemantizzati, ben al di là della filologia) come meritano.
   Emerge, nell’indagine, l’eccezionalità del caso Fenoglio, l’appartato provinciale che ha saputo redigere con umiltà di genio la “cronaca” letteraria della guerra civile obbedendo solo alla propria coscienza, dando voce al primato della morale sulla politica per virtù stilistica. Emerge la qualità assolutamente adamantina di quasi tutti i racconti e dei romanzi del “partigiano e scrittore” Fenoglio (così come recita l’epitaffio che egli volle sulla sua tomba), che alla lettura danno un contraccolpo di bellezza che non ha bisogno di alcuna competenza specifica. Emerge l’ambiente particolare di quelle narrazioni, inconfondibile come un volto o un’impronta digitale. Emerge, insomma, a cent’anni dalla sua nascita e a sessanta dalla sua morte, la forza di un poeta del vero che ha saputo incontrare l’umanità lungo la difficile via che porta alla conoscenza del mondo attraverso la parola.  
  

Beppe Fenoglio. La prima scelta
Gianfranco Lauretano,
Ares, 168 pp., 15 euro