Una Fogliata di libri

La necessità degli apocalittici

Giuseppe Perconte Licatese

La recensione del libro di Geminello Alvi (Marsilio, 464 pp., 30 euro)

Cristo mai precisò la data della fine del mondo, quel grande giorno noto soltanto al Padre, che non lo ha rivelato neppure ai sette angeli: perché resti furtivo, inatteso”. L’Apocalisse, ultimo testo riconosciuto canonico del Nuovo Testamento, sorge dal senso dell’imminenza della fine dei tempi nella prima comunità cristiana, e la sua intelligibilità è via via sbiadita per la gran parte di noi man mano che il tempo storico è andato avanti senza che questa fine arrivasse. Esso è il più rimosso, il meno trattabile nelle omelie e nella catechesi di chiese cristiane oggi più strutture di governo dell’esistente che pulpiti profetici. Interpretare le sue visioni apparenta a settari che bussano ai citofoni, mentre per gli atei esso proverebbe a ritroso il carattere mitologico di tutte le Scritture. Sì, non è possibile accostarsi a questi versetti senza fede e forse anche senza immaginazione.

 

Ma lo stato dell’esegesi è così diagnosticato da Alvi: “La teologia dei commenti ecclesiali all’Apocalisse implica ormai filologia senza sovrannaturale. Le visioni turbinanti sovrumane diventano labirinti d’ovvietà, equazioni erudite senza soluzione logica, confusione che si rimedia immeschinendone la lettura”, con l’esito di “circoscrivere un libro santo a cui non credere tanto”. In anni di assidua – “venerante” – lettura l’autore si è allora rivolto ai lumi di quarantadue – la cifra è una chiave numerologica del testo sacro – studiosi dell’Apocalisse vissuti tra Otto e Novecento: alcuni sono tra i nomi più noti della letteratura e della teologia, altri sono tratti dalle catacombe sapienziali e gnostiche del pensiero europeo, tutte le loro sono esistenze segnate dalla pericolosa prossimità dell’ispirazione religiosa con l’eresia o semplicemente con la mania. Le loro vite sono intessute in una raccolta di glosse che inevitabilmente complica più che chiarire e che per il carattere aforistico, elusivo, poetico e per gli inattuali giudizi sull’attualità ricorda Ceronetti. Al loro centro resta l’Apocalisse, il testo enigmatico per antonomasia della tradizione occidentale, nato dalla mente di un autore – non l’evangelista Giovanni, ma un altro e per il resto oscuro Giovanni – che ha scritto in greco ma pensava in aramaico e cercava di trasmettere visioni che non vanno razionalizzate come discorso, ma – come ben vedeva l’ortodosso Florenskij – contemplate come teoria di icone e – come insegnato da Teilhard de Chardin – partecipate come liturgia cosmica che ricapitola tutto in Cristo.

 

Geminello Alvi
La necessità degli apocalittici
Marsilio, 464 pp., 30 euro

 

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