Una fogliata di libri

Estate Italiana

Edoardo Rialti

La recensione del libro di Sergio Nelli (Les Flâneurs, 76 pp., 10 euro)
 

Molti  – verrebbe da dire la maggior parte – dei romanzi e saggi sull’emergenza Covid sono già vecchi: allarmismi apocalittici, morali consolatorie da tema delle medie, presunte profondità ritrovate nel lucidare i mobili, j’accuse ardenti che non hanno remore a trasformare in hastag morti e umiliati, tutte spinte così facili che allontanano dallo spazio grigio – come scriveva Cristina Campo – “dove i problemi ritrovano il loro centro e cadono le barriere di inesistenti valori”. Questo diario della nostra comune estate tra spiragli della vecchia vita, riaperture e l’incombere della seconda ondata, continuerà invece a essere un viaggio che ha la forza di innestare la novità di una situazione particolare su un orizzonte meditativo già presente e attivo, un fiume carsico di attenzione per i parziali e faticosi processi di cicatrizzazione dopo le crisi personali e collettive: “Mentre i bambini crescono, gli adulti in qualche misura ricrescono”. Gli amori che sfumano, quelli che resistono mentre limiti e vecchiaia consumano le forze, la scrittura che allevia il dolore. “E più stavo male più mi sembrava innaturale morire”. Le chiusure forzate, i limiti imposti a tutti e che stravolgono cosa intendevamo per mondo esterno e interiore, premono sull’acceleratore di dinamiche perenni, onnipresenti. Nelli è uno dei pochi autori che davvero si innestano sul solco dell’opzione leopardiana, e leggendolo uno dei nomi che più balza agli occhi della mente è proprio l’autore dello Zibaldone per cui “non basta che lo scrittore sia padrone del proprio stile. Bisogna che il suo stile sia padrone delle cose”. Così, si può citare tutto e nulla di questa ironia che coglie con spigolosa, geometrica precisione i limiti degli altri e di se stessi, le ansie del piccolo mondo consumistico quando s’inceppano i nostri giocattoli, la violenza meschina delle tribù e sette in cui ci trinceriamo, ma che abbraccia nell’andatura della sua inchiesta quotidiana anche il moto costante del desiderio che se ne infischia di tempo e plausibilità, così come le vite di animali, piante e oggetti, presenze con cui stabilire un patto tacito di resistenza comune: “Usavo un lapis consumato, lungo come un naso. Mi ero detto: che ti vada o no appuntalo, mettilo in tasca dei pantaloni perché ti buchi l’inguine e ti ammonisca di farlo esercitare; o controluce piuttosto per fargli scrutare il mondo. Un lapis che è arrivato a quel punto va protetto”. 

 

Ci sono immagini e intuizioni che non si commentano, perché simili pause tra due battiti, questi crocevia tra i dettagli d’una occasione esterna e l’occhio dell’anima che li filtra e proietta nei caratteri grandiosi e densi dell’alfabeto collettivo, questi moti di flusso e risacca, sono più veri di quanto se ne possa dire: “Pensai che pure Cristo in croce aveva bisogno di una sigaretta, che anche la sua mano liberatasi dal chiodo se la portava alla bocca aspirando. Così l’accesi continuando a guardare i tre che godevano insieme del bagno e della frescura”.

 

Sergio Nelli
Estate Italiana
Les Flâneurs, 76 pp., 10 euro