Configurazione Tundra

Edoardo Rialti

La recensione del libro di Elena Giorgiana Mirabelli, Tunué, 106 pp., 13,50 euro

Nelle formelle dei mestieri sul campanile della cattedrale, a Firenze, l’architettura conclude il terzo ciclo. E’ una delle ultime, dedicate alle discipline più perfette e raffinate, giacché in essa il sapiente barbuto è chino sui fogli come il Dio della prima sezione era curvo sul mondo, suscitando fiori e frutti dalla terra, infondendo vita all’uomo. Entrambi conoscono “la grammatica della creazione”, hanno visioni e progetti, squadrano il caos in geometrie comprensibili. Questi mesi di quarantena continuano a palesare quanto gli spazi personali e collettivi ci definiscano, nei nostri ritmi interiori e nei nostri rapporti, e si potrebbe certamente rimodulare il celebre detto orwelliano “chi controlla il passato controlla il futuro”, aggiungendo che pure il controllo dello spazio assicura quello sul tempo e persino il consenso. Basti pensare alla retorica del “decoro urbano” indagata dal saggio La buona educazione degli oppressi di Wolf Bukowski. Il bel romanzo d’esordio di Elena Giorgiana Mirabelli ha al suo centro proprio una possibile riconfigurazione architettonica delle nostre città future, il modello Tundra, un’utopia di luce dove strade e case non devono presentare alcun ostacolo per la vista. “Gli abitanti di Tundra dovevano percepire estensione, ampiezza, orizzonti lontani. Convinti di poter andare ovunque e certi di non volersi allontanare troppo”. L’ideatrice di questo progetto vertiginoso, effettivamente realizzato dal governo, l’architetta che “voleva che lo spazio intrappolasse il tempo, piegare gli elementi e rigenerarli” e ideare una regia strategica delle reazioni emotive, è anche la madre della ragazza di cui si ricostruiscono le vicende, a partire da un atto di discreta ma radicale opposizione alla pianificazione della nuova società, ai suoi ritmi e riti.

 

E’ la storia di una guerra mossa contro silenzi e vuoti parimenti da riempire, nella quale corpi e personalità sono come case e palazzi pubblici, possiedono facciate e stanze, e si percepisce come ogni modello esterno, ogni nostro tentativo di stabilire rituali privati e comunitari comprenda sempre una proiezione di aspirazioni e conflitti irrisolti. Ciò si annida anche – forse soprattutto – nei nostri sogni di ordine e purezza. La prosa di Mirabelli oscilla tra nitore astratto e costanti rivincite del linguaggio dei sensi (“la casa non è luminosa ma i suoi piedi ricordano tutto”), mostra come i movimenti nello spazio sappiano lavorarci simili alle onde del mare, alterando anche la percezione cronologica o l’intensità dei ricordi, racconta i giochi di voyeurismo, imitazione e sostituzione che scandiscono le consegne e ferite tra generazioni, le nostre vite affettive, il desiderio di sparire e al tempo stesso sentirci visti, quanto ci affidiamo a copioni e strategie per tentare di ridurre a bianco e nero tanto grigio del mondo: “Le mappe esistenziali sembreranno sempre più simili agli schemi che abbiamo imparato a costruire per riassumere la realtà”.

  

CONFIGURAZIONE TUNDRA
Elena Giorgiana Mirabelli
Tunué, 106 pp., 13,50 euro

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