Il giardiniere

Giuseppe Fantasia

La recensione del libro di Jonathan Evison, Sem, 333 pp., 17 euro

“Un bambino può sognare, no?”. Lo fa Mike subito dopo aver visto Disneyland in un filmato promozionale. Si innamora subito di quello che, a suo avviso, è “il posto più felice della terra” per via delle sue grandiose attrazioni, ma soprattutto del prato impeccabile, del paesaggio curato con cespugli tagliati a forma di Paperino e Pluto e delle aiuole di fiori colorati che riproducono Topolino e Minnie. Vorrebbe andarci e sua madre, fumatrice incallita, gli promette che se un giorno riusciranno a risparmiare abbastanza, organizzeranno quella gita e si porteranno con loro anche il fratello maggiore ritardato. Suo padre, perennemente sul divano tra una sbronza e l’altra, non ce la fa più ad ascoltare quell’ossessione e decide di accontentarlo. “Sali in macchina”, gli dice, “andiamo a Disneyland”.

  

Immaginate la gioia di quel ragazzino, ma anche il suo breve fremito di desiderio e i pochi momenti silenziosi prima della tragedia durante i quali permette a se stesso di credere che qualcosa di straordinario sta per succedere. Arrivano in un posto che non è la California, ma East Bremerton con i cantieri navali, senza un castello e senza le risate di altri bambini, senza i cespugli a forma di animali, senza i personaggi dei cartoni animati, ma solo con un mare sporco con un profumo nell’aria che non ha nulla a che fare con quello dello zucchero filato e delle noccioline tostate. “Bene, sembra che se ne siano andati”, gli dice il padre e lui, tra le lacrime, decide comunque di crederci lo stesso “con tutto il cuore”.

  

Anni dopo, quando ne ha quasi ventitré e suo padre non c’è più, pensa davvero che nonostante tutto quell’uomo sia stato “il miglior papà del mondo” e quell’esperienza, il momento esatto in cui si rese conto che sognare lo avrebbe aiutato, almeno fino a quando non avrebbe toccato con mano le umiliazioni che può subire un figlio di immigrati nel mondo americano dei migranti, capendo che “i sogni sono un privilegio dei sognatori”. Quelle certezze arrivano puntuali assieme a mille ostacoli e umiliazioni, tra cui quella di non poter veder realizzare la sua passione – l’arte topiaria, il dare forma a cespugli e ricavarne statue. E’ un giardiniere per ricchi che taglia e pulisce i prati.

 

Jonathan Evison, scrittore californiano con un passato da musicista punk, gli dà voce in queste pagine, ci fa ascoltare i suoi pensieri che non sono mai lamenti fini a se stessi, ma un mix di lacrime e frustrazioni che non diventano mai rabbia, ma solo positività e ironia, entrambe necessarie per sopravvivere. Leggendolo, tiferete per quel ragazzino divenuto uomo fin troppo presto, farete vostra la frase “Se la vita ti regala merda, usala come fertilizzante”, quella che lui stesso si ripete come un mantra, e capirete come lui che il sogno americano non esiste ma che una luce – anche se lontana – si può riuscire sempre a intravederla nonostante tutto. Basta crederci ancora.

  

IL GIARDINIERE
Jonathan Evison

Sem, 333 pp., 17 euro

Di più su questi argomenti: