Sulla soglia tra filosofia e teologia
La recensione del libro di Valentina Gaudiano e Alessadro Clemenzia, Città Nuova, 168 pp., 22 euro
“Teologia senza filosofia non è teologia”, scriveva Klaus Hemmerle (1929-1994), vescovo di Aquisgrana e cofondatore, con Chiara Lubich, della scuola di Abbà che fu molto attivo nel dialogo tra le confessioni cristiane. Senza dubbio san Tommaso non avrebbe nulla da obiettare, infatti nel Medioevo i due termini quasi si equivalevano, in un intreccio che fu lento e complesso districare. Tuttavia, poiché da secoli la metafisica ha smesso di scrutare i cieli e ha rivolto gli occhi a terra, la puntualizzazione di Hemmerle è coraggiosa. Il cuore del suo pensiero è l’ontologia trinitaria, in cui il discorso sull’essere si innerva nel mistero cristiano dell’incarnazione. A venticinque anni dalla sua morte, gli autori si interrogano sull’attualità della sua teologia, o filosofia se preferite, in una giornata di studio qui trascritta, in cui emergono collegamenti con Hegel, Rosmini e Simone Weil.
Commuove ogni volta il tentativo della chiesa di misurarsi con il pensiero moderno, orientato a una riflessione del tutto agnostica. Dal canto suo, Hemmerle ritrova la mistica, sommo patrimonio della cristianità, e introduce alcune novità. Come la dinamica del gioco, in cui filosofia e teologia si confrontano in una tensione tra soggetto e oggetto, dato che la persona per il vescovo è centrale, una dimensione duale che si apre poi anche all’altro o agli altri. Difficile? Senza dubbio: lo si può semplificare figurandosi la dinamica della musica e del gioco degli scacchi “che nasce dalla combinazione tra scacchi e giocatori”, creando un evento unitario che tuttavia “ha il carattere della sorpresa e dell’incremento”.
È insomma un evento che accade tra persone, nel movimento del darsi in cui è inclusa la vera protagonista, l’ontologia trinitaria, perché l’incontro tra filosofo e teologo avviene in una dinamica che sarà anche di ardua comprensione in tempi di filosofia analitica e riflessioni sull’intelligenza artificiale, ma innegabilmente ha un passato glorioso, un presente e con ogni probabilità un futuro. Non a caso, la riflessione di Hemmerle ha trovato sponde creative non solo nella fenomenologia di Hegel, ma anche nella teoria del mutuo riconoscimento di Paul Ricoeur, in cui si esalta il gesto simbolico del dono e la sua festività.
C’è poi il confronto con Antonio Rosmini e l’analogia tra conoscenza naturale e soprannaturale, e se la prima è data all’uomo dalla natura la seconda viene da Dio e anche questo è un viatico alla riapertura di un proficuo scambio tra teologia e filosofia secondo i parametri del pensiero moderno. Con Simone Weil si entra nell’ambito del linguaggio e nel suo valore trascendente, nel suo essere un dono dell’amore di Dio. Uno spiraglio si è insomma riaperto tra due modalità di concepire l’uomo e la sua mente che sembravano destinate a non ritrovarsi. E Hemmerle è senza dubbio un protagonista di questa nuova storia dalle radici antiche.
SULLA SOGLIA TRA FILOSOFIA E TEOLOGIA
Valentina Gaudiano e Alessadro Clemenzia, Città Nuova, 168 pp., 22 euro
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