Il punto preciso d'incontro tra il libro e il lettore

Giulia Ciarapica

È il momento in cui il filo della storia, che lo scrittore ha messo in mano al pubblico al principio della narrazione, inizia ad arrotolarsi attorno al dito di chi sta leggendo

Esiste un punto d’incontro preciso tra libro e lettore. Forse, potremmo definirlo più un punto di incrocio che non d’incontro, nel quale il filo della storia, che lo scrittore ha messo in mano al pubblico al principio della narrazione, inizia ad arrotolarsi attorno al dito di chi sta leggendo. Quel punto lì non è che l’immedesimazione semi-totale dello spettatore rispetto alla materia che gli viene raccontata. Un processo che, soprattutto di questi tempi, si ripete sempre più spesso con quei libri che noi chiamiamo saghe – perlopiù famigliari – a cui ci aggrappiamo con ragionevole convinzione, attratti dal fascino delle storie che si intrecciano al loro interno. Ma una cosa su tutte, più di tutte, ci spinge in quella direzione: la famiglia.

 

Una volta ho scritto che non ci si allontana mai troppo da ciò che si è stati, poiché la famiglia è tutto ciò che la vita ci ha dato per metterci alla prova e imparare a resistere. E noi, in quanto uomini, siamo fatti per il novanta per cento di resistenza. Ecco perché ci piacciono così tanto le saghe, le storie “a puntate” in cui si parla di amicizia, di famiglia, di sentimenti e di grande Storia: perché sappiamo che se siamo arrivati fin qui, è merito della nostra capacità di resistere, e perché abbiamo sempre bisogno – oggi ancor più di ieri – di riconoscerci attraverso i gesti degli altri – particolari ma universali –, di ritrovare ciò che eravamo per renderci conto di cosa potremmo essere domani. Se ci siamo riusciti una volta, per quale motivo non dovremmo riuscirci ancora?

 

Di saghe che ci hanno appassionato, e che tuttora ci coinvolgono, ce ne sono molte; la più famosa è senza dubbio “L’amica geniale” (Edizioni E/O), il cui perno non è tanto la famiglia in sé ma l’amicizia – profonda, morbosa, cattiva, immarcescibile – tra Lila e Lenù. Qui, di famiglia, non ce n’è mica una sola, anzi, l’intera quadrilogia è dominata dai giochi di miseria e di potere dei Carracci, dei Greco, dei Cerullo, dei Sarratore. Qui, la famiglia, è pericolo, imbarazzo, vergogna, tradimento, e proprio per questo è anche l’unico rifugio possibile quando si perde la percezione di sé, perfino del proprio corpo – che in certi momenti si “smargina”, quasi slabbrandosi. La famiglia diventa un tutt’uno con il luogo di appartenenza – in questo caso il rione – trasformandosi in un prolungamento stesso della Napoli selvaggia, polverosa e aggressiva del secondo Dopoguerra.

 

Ciò che troviamo ne “L’amica geniale” è però quanto di più lontano dal sentimento famigliare che troneggia – è proprio il caso di dirlo – ne “I Goldbaum” (Neri Pozza); Natasha Solomons, ispirandosi alla storia finanziaria e personale dei Rothschild, ha fotografato una famiglia il cui senso di appartenenza a se stessi, al proprio clan, è ancora più importante della ricchezza che hanno costruito nell’arco di generazioni (e che li ha resi tanto potenti da essere temuti dall’Imperatore stesso): “Noi sappiamo che ci si può fidare solo della famiglia. Non è che abbiamo successo nonostante siamo ebrei, nonostante siamo Goldbaum. Abbiamo successo proprio perché siamo ebrei e siamo Goldbaum”. I Goldbaum non “hanno” una famiglia, loro “sono” famiglia fin nelle viscere. Lo sono perfino quando vengono assaliti dalla voglia di rinnegare le loro origini, come fa spesso Greta. Lo sono al di là del bene e del male, immutabili e immutati.

 

Chi invece vive la famiglia come un luogo di più ampio respiro è Carmen Korn, della quale Fazi ha pubblicato recentemente il secondo volume della Jahrhundert Trilogie, “E’ tempo di ricominciare”; qui, il nucleo famigliare è composto da quattro donne che fanno famiglia al di fuori della famiglia, concentrandosi sull’amicizia che le lega nonostante il peso gravoso della Storia e gli anni difficili – quelli della Seconda guerra mondiale in “Figlie di una nuova era”, e ora della Guerra fredda e del Muro di Berlino. La Korn dipinge magistralmente il sentimento di un’intera epoca, in cui la famiglia, spesso divisa, lacerata, smembrata a causa dei morti in guerra, si reinventa a partire dalla solidarietà femminile, da quella voglia di riorganizzare il presente per guardare al futuro senza paura. Al di là dell’intimità biologica e dei legami di sangue.

In tutto questo, impossibile dimenticare la famiglia per eccellenza, quella che resterà nella storia di tutte le saghe: i Cazalet. Ma lì, in quel luogo oscuro chiamato famiglia, c’è posto solo per gli uomini e per le donne che si rincorrono senza raggiungersi mai. Una famiglia vera, insomma.

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