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un foglio internazionale

La difesa comune europea ha bisogno degli Stati Uniti per non cadere a pezzi

Andrew Michta sull'American Interest spiega le tensioni sulla difesa fra Europa e America e il rischio di una frattura nell’alleanza atlantica

“Dall’elezione di Donald Trump nel 2016, si è andato a formare un coro di politici europei che ritiene che il continente non può più fare affidamento agli Stati Uniti per la sua difesa. Questa narrativa aveva già iniziato a diffondersi durante la campagna elettorale, quando i media europei interpretarono le richieste dell’allora candidato Donald Trump ai paesi della Nato di investire più soldi nella difesa come l’inizio della fine del ruolo tradizionale dell’America come protettore degli stati e difensore dei diritti umani. Alcuni opinionisti europei sono arrivati a immaginare che, in caso di elezione di Trump, gli Stati Uniti avrebbero potuto abbandonare la Nato. Altri hanno cercato di rassicurare se stessi e i loro lettori sempre più turbati che, sebbene il presidente Trump sarebbe stato imprevedibile, il suo gabinetto sarebbe stato composto da professionisti esperti. Quindi, forse è stato uno choc quando il segretario alla Difesa americano James Mattis, durante la sua prima visita ufficiale in Europa nel febbraio 2017, lanciò un severo avvertimento agli altri 27 membri della Nato in una riunione privata a Bruxelles, dicendo loro che gli alleati devono rispettare i propri impegni finanziari per la difesa o l’America limiterà il proprio impegno nei confronti dell’organizzazione”, scrive Andrew A. Michta.

 

Dalle parole, l’Unione europea è passata ai fatti. Nel dicembre del 2017 è stata lanciata la Cooperazione strutturata permanente (Pesco): 25 paesi membri hanno promesso di partecipare a un piano di investimenti militari comuni. I critici statunitensi ritengono che la Pesco nella migliore delle ipotesi avrebbe un impatto marginale sulle capacità militari europee, e porterebbe alla duplicazione delle attività della Nato. Secondo i suoi detrattori americani, la Pesco avrebbe lo scopo di bloccare le società di difesa statunitensi dal presentare offerte per i contratti europei. L’amministrazione Trump è anche preoccupata che le regole del Fondo europeo per la difesa (Edf), impediscano alle aziende con sede al di fuori dell’Unione europea, compresi gli appaltatori della difesa degli Stati Uniti, di partecipare ai progetti. Insomma, se in principio Edf e Pesco erano viste dall’amministrazione Trump con cauto ottimismo e come un primo passo per migliorare la capacità di difesa europea, entrambe le iniziative sono diventate sinonimo di protezionismo che crea concorrenza tra Unione europea e Nato.

 

Ma c’è di più. Il presidente francese Emmanuel Macron nel novembre del 2018 ha dichiarato la sua volontà di creare un esercito comune europeo. Idea subito condivisa da Angela Merkel, che ha subito spiegato che questo nuovo esercito sarebbe stato complementare alla Nato. Oggi è vivo il rischio che un esercito comune europeo, come vorrebbero alcuni europei, potrebbe polarizzare ulteriormente l’Unione Europea. E’ possibile formare truppe europee che non rispondano a istanze nazionali? Esempi del passato ci dicono che raggruppare soldati provenienti da paesi diversi non è così semplice, come nel caso dell’Unione dell’Europa occidentale (Weu), dell’Eurocorps e della Brigata franco-tedesca.

 

“I continui sforzi dell’élite politica e dei media dell’Ue per mettere in discussione l’impegno dell’America nei confronti della difesa transatlantica comporta un grave rischio, che va oltre le relazioni intra-europee. Il sentimento anti Trump, sempre più diffuso tra le élite europee, va di pari passo le idee anti americane di una certa parte dell’opinione pubblica, a scapito della relazione tra America e Unione Europea. Ad esempio, uno studio del Pew del febbraio 2019, svolto tra il 2013 e il 2018, mostra che l’anno scorso il 30 per cento in più di tedeschi rispetto a cinque anni prima ha dichiarato di percepire l’influenza degli Stati Uniti come una grave minaccia per il loro paese, con aumenti del 29 per cento in Francia, 25 per cento in Spagna, 15 per cento nel Regno Unito e il 12 per cento in Italia. Tra i paesi della Nato, solo la Polonia ha registrato un calo del 5 per cento”, scrive Michta.

 

Quello europeo sembra un tentativo ingenuo di formare un esercito comune senza una visione d’insieme che tenga conto delle necessità dei diversi paesi. A mancare è soprattutto una conoscenza storica e la lungimiranza strategica. Innanzitutto i politici si sono dimenticati che il progetto europeo è stato possibile grazie alla Nato che ha protetto il continente da attacchi esterni e ha affievolito i risentimenti tra i paesi europei. Dalla fine della seconda guerra mondiale la sicurezza dell’Europa è stata assicurata dalla sua integrazione nel sistema transatlantico: oggi nulla è cambiato. Insomma, c’è una bella differenza tra mercato comune e difesa comune. Il risultato finale non sarebbe un sistema di sicurezza paneuropeo, ma un ritorno al passato di incertezze e tensioni tra stati. Si ristabilirebbe una gerarchia di interessi nazionali che scomporrebbe rapidamente il senso più ampio di solidarietà europea. “L’impasse nell’attuale dibattito sulla sicurezza europea è guidato da un’apparente riluttanza nelle principali capitali europee a rendersi conto della realtà, ovvero che senza gli Stati Uniti l’architettura di sicurezza europea non può funzionare. E’ tempo che l’Europa la smetta di sognare ‘un esercito europeo’ o ‘un esercito degli europei’. In un periodo di aspra competizione tra stati, è giunto il momento di concentrarsi sulle fondamenta della difesa. Se il progetto comune europeo deve continuare, gli Stati Uniti devono restare legati all’Europa e la Nato deve rimanere il fulcro della nostra reciproca sicurezza e difesa. Vale la pena ricordare che, indipendentemente dalle occasionali differenze politiche, l’Europa non ha migliori amici e alleati più forti degli Stati Uniti. Questa realtà dovrebbe essere il punto di partenza di qualsiasi confronto nelle capitali europee riguardo la sicurezza e la difesa del continente. Tuttavia, se l’attuale dibattito sulla difesa europea autonoma, parallela o addirittura complementare alla Nato continuerà a muoversi su questi binari, causerà danni permanenti alle relazioni transatlantiche”, conclude Michta.