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Uffa!

Fra i tesori di rue Tournon 9, casa della letteratura francese più bramata

Giampiero Mughini

Passioni e fortune spese fra gli scaffali della Lecointre-drouet, tempio dei libri da collezione

Seppure sobria e breve, la mail che qualche giorno fa m’è arrivata da Parigi mi ha provocato una fitta al cuore. Dopo più di 40 anni di attività chiude i suoi locali a rue Tournon 9 (nel quartiere Saint-Germain-des-Prés) la Librairie Lecointre-Drouet che da anni era ai miei occhi un tempio del libro francese da collezione. Beninteso i due proprietari da un indirizzo privato continueranno per corrispondenza e per appuntamento il loro prelibato lavoro di catalogazione e vendita di libri, volantini, pamphlet, opuscoli, riviste che attengano alle avanguardie culturali della Francia del Novecento. Solo che Parigi non è più la stessa da quando hanno preso a chiudere le librerie le più cariche di storia del Quartiere Latino. Quando ci arrivai per la prima volta con una borsa di studio nei primi anni Sessanta, e avevo a stento i soldi di che mangiare una volta al giorno, trascorrevo dei pomeriggi a passarne in rassegna le vetrine, non che osassi entrare. Né che a quel tempo ne sapessi qualcosa di prime edizioni, di copie nella tiratura di lusso, di copie autografate dall’autore. Mi bastava guardarle quelle vetrine di librerie magari piccole ma orgogliose, dov’erano deposti con cura pochi libri di cui sapevo a stento l’autore ma che era come se ti investissero del loro profumo. Poi via via che passavano gli anni e io avevo cominciato a lavorare nei giornali e ad averne un reddito, cominciai a entrare, a comprare qualcosa e poi sempre di più. Una volta che a Parigi ci andai d’estate in vacanza vidi in una libreria l’intera collezione della “Pléiade de la Comédie Humaine” di Honoré de Balzac di cui il libraio francese chiedeva l’equivalente di 100 mila lire di una quarantina d’anni fa. Saltai due o tre pasti e mi presentai per comprarla. Nel frattempo era stata venduta. L’avrei comprata non molto tempo dopo per 400 mila lire da un libraio romano che stava dietro al Pantheon e che adesso non c’è più.


Così come deve essere stato una quarantina d’anni fa, e dunque all’inizio della loro attività, quando passai per la prima volta dal numero 9 di rue Tournon e gettai uno sguardo alle sue vetrine, che erano particolarmente impressionanti per il fatto di ospitare solo due o tre pezzi, ed erano dei pezzi partoriti da quei formidabili “rompicazzi” che erano stati i situazionisti e i lettristi parigini del secondo Dopoguerra di cui allora io non sapevo niente di niente. Guardavo, pensavo che quei pezzi costassero un occhio della testa, e passavo oltre. Finché una trentina e passa d’anni fa presi il coraggio a due mani ed entrai per la prima volta a sogguardare dentro le bacheche di cui la libreria era colma. Il cuore mi pulsava da quanto non c’era cosa che non volessi comprare. Non che uno dei due proprietari mi invitasse a farlo, lasciavano che fossi io a deciderei. Vidi un volantino, distribuito dai situazionisti francesi nel 1964 dal titolo “España en el corazon” e dov’erano due foto che dirò sconce e di cui i francesi esaltavano che circolassero clandestine nella Spagna franchista a segnalare “l’amore della libertà” e come ci fosse “nell’amore” il massimo di libertà possibile. Ci potevo arrivare. Lo comprai.


Da allora in poi quello che provavo ogni volta che mi arrivavano via mail i loro seducentissimi cataloghi era una vera e propria addiction, una tossicodipendenza. Se i soldi li avevo, compravo. E difatti una buona parte degli euro ricavati dalla vendita della mia collezione di futuristi italiani li ho poi versati nella compera dei libri dei situazionisti e dei lettristi. Ovviamente ho comprato a rue Tournon la prima edizione de “La Société du Spectacle” (Paris, 1967) di Guy Debord e del “Traité du savoir-vivre à l’usage des jeunes générations” (Paris, 1967) di Raoul Vaneigem, quei due capolavori del situazionismo che hanno conferito al “maggio francese” del 1968 la sua particolare fisionomia creativa e libertaria, quei due libri sì e non le soporifere boiate del filone “marxista-leninista” che in Francia è stato non meno sguaiato che in Italia. Chiedetene qualcosa a Daniel Cohn-Bendit.


Sapevo dell’esistenza di un’altra libreria francese di cui adesso non ricordo il nome e che durante l’occupazione nazi se ne stava a poche centinaia di metri da rue Tournon e che tale e quale esisteva ancora negli anni Ottanta. Mi ci recavo invariabilmente tutte le volte che arrivavo a Parigi, solo che la trovavo sempre chiusa. Finalmente una volta la trovai aperta, quelle sue pareti interamente fasciate dalla letteratura “collaborazionista” in prima edizione – Céline, Pierre Drieu La Rochelle, Lucien Rebatet, Robert Brasillach e tanti altri –, una letteratura di cui sono ghiotto (e come potrebbe essere altrimenti?) tanto che ci spesi l’equivalente di un milione delle vecchie lire. Mi misi a chiacchierare con il proprietario, che era ancora quello degli anni 1940-1944. Mi raccontò che erano numerosi gli ufficiali tedeschi che entravano nella sua libreria come in punta di piedi e che mostravano una notevole competenza in fatto di letteratura francese, tipi che ammiravano quei suoi libri e li compravano. 


Mi viene in mente quel che avrei letto in un libro di Vercors, l’autore de “Le Silence de la Mer” (il più bel romanzo francese sui tempi dell’occupazione nazi), e cioè che un giorno degli anni 1940-1944 lui si trovava nella libreria parigina di un suo amico ebreo quando videro entrare un ufficiale tedesco che si mise a frugare fra gli scaffali della libreria con aria competente. Scelse un mucchietto di libri e si presentò alla cassa per pagare. A quel punto il proprietario della libreria senza dire una parola gli mise innanzi agli occhi il cartello in cui era scritto che a lui ebreo era proibito vendere libri a un militare tedesco. L’ufficiale trasalì di imbarazzo, restituì i libri e uscì. Che cosa non è successo in quelle librerie parigine che oggi non esistono più.

 

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