Keith Richards a Nellcote (Ansa) 

uffa!

L'epico “Esilio” francese dei Rolling Stones, che partorì la pietra miliare dei 70

Giampiero Mughini

Un libro che celebra volti e luoghi di un evento strepitoso nella storia della musica moderna, le registrazioni di "Exile on Main St." nella villa di Nellcôte in Costa Azzurra. Tra fiumi di droga e il caldo torrido nacque il più grande disco delle pietre rotolanti

La mia amica Barbara Costa, quella che su Dagospia scrive non bene ma benissimo di eventi e personaggi attinenti al cinema porno, sempre mi manda messaggi mail per segnalarmi un film o un disco o un libro di cui reputa che ne valga la pena. Quando mi ha mandato qualche giorno fa la foto di una fulgente Anita Pallenberg, l’allora musa dei Rolling Stones, ho avuto un soprassalto. Il tempo di andare su Amazon e cliccare l’acquisto del libro che celebra volti e luoghi di un evento strepitoso nella storia della musica moderna, ed ecco che ho cominciato a percorrere Les Rolling Stones & Nellcote (edito dalla Galerie de l’Instant nel 2021) cui fanno da magistrale arredo le foto del francese Dominique Tarlé (nato nel 1949), l’autore della foto alla Pallenberg trentenne (nata nel 1942, è morta nel 2017) da cui ero stato tramortito. Un libro dove come in un ingorgo all’ora di punta stanno la storia di una leggendaria villa francese della Costa Azzurra, la saga dei Rolling Stones colti nel momento turbinoso di un destino che durava già da dieci anni, il racconto di come nacque quel loro decimo disco, Exile on Main St., di cui trovate 275 mila richiami su Google e che la rivista Rolling Stone ha posto al settimo posto nella classifica dei vinili di ogni tempo.

 

Mai la giovinezza, la bellezza, il talento creativo avevano fatto un unico mucchio come in quei mesi del 1971, quando l’intero team degli Stones e le loro amanti e i loro figli si assieparono nella mirabolante villa ottocentesca che aveva nome Nellcôte, dove Tarlé mitragliava foto giorno dopo giorno. Mesi durante i quali negli scantinati della villa i musicisti inglesi addentavano per ore e ore i 17 brani dell’album in quella loro lingua che non sappiamo se sia nata prima del rock o invece dopo a valorizzarlo, e questo da quanto la lingua inglese si attaglia al rock (ve lo immaginate Exile on Main St. cantato in italiano o in messicano o in polacco?). Non la classe operaia, e bensì il rock ha dominato il mondo. Per fortuna.

 

Ce lo racconta Rich Cohen nel suo splendido The Sun and the Moon & the Rolling Stones (New York, Spiegel & Grau, 2016), che all’inizio del 1971 i Rolling si ritrovarono con un colossale debito nei confronti del fisco inglese e in sovrappiù con la minaccia che i loro futuri introiti venissero tassati al 98 per cento, da come dettava la legge britannica. Dietro consiglio di un esperto finanziario scelsero la via dell’esilio. Andarono tutti in Francia. Dove Keith Richards e la Pallenberg affittarono per dieci mesi (all’equivalente di odierni 10 mila euro al mese) la villa Nellcôte le cui terrazze guardavano il mare, e dove c’era sufficiente spazio per ospitare chiunque volesse o dovesse. Il batterista Charlie Watts e il bassista Bill Wyman trovarono casa nei paraggi. Mick Jagger, che aveva appena sposato a St. Tropez la bellissima Bianca Pérez Mora-Macias facendo di quell’evento lo spettacolo massmediaticamente più fracassone dell’intero 1971, fittò un appartamento a Parigi. Non avendo trovato uno studio di registrazione atto alla bisogna, decisero di utilizzare gli scantinati della villa affittata da Richards. Il lavoro di registrazione del futuro album divenne più intenso a Nellcôte a partire dal mese di luglio.

 

Keith Richards a Nellcote (Ansa) 

  

Era un’estate molto calda e giù nello scantinato il clima era tropicale, da cui il titolo di uno dei brani, Ventilator Blues. Ciascun musicista aveva un suo box dove agiva da solo, talvolta distante dagli altri. Suonavano a torso nudo e senza scarpe, il più delle volte a partire da mezzanotte. L’alto consumo di eroina, racconta Cohen, rendeva le cose più difficili e talvolta drammatiche. Nato nel 1946, il pianista e chitarrista Gram Parsons – quello che passa come uno dei creatori del country rock – compare più volte nelle foto di Tarlé e durante le registrazioni andava musicalmente molto d’accordo con Richards, ma il consumo di droghe ne dimezzò la resa e Jagger ne ottenne l’allontanamento dal gruppo a metà della registrazione. Dopo essere stato congedato dagli Stones, lo raccontano i suoi amici, passò lunghi mesi da solo in casa guardando il soffitto. Morì di overdose nel 1973. Alla fine di novembre del 1971 gli Stones tutti abbandonarono la Francia. La polizia irruppe poco dopo nella villa, dove rinvenne non esigui quantitativi di eroina e cocaina. Processati in contumacia, Richards e la Pallenberg beccarono un anno di prigione con la condizionale e una multa di 5 mila franchi ciascuno. Come tutti i dischi, lo scrive ancora Cohen, Exile on Main St. comportava due facciate, la facciata A e la facciata B. La facciata A era la villa dalle parti di Nizza dove il disco nacque, la facciata B era la clinica svizzera dove Richards e la Pallenberg andarono subito dopo a disintossicarsi. Che la droga non abbia ucciso Richards, lo dicono e lo pensano in molti, è un miracolo.

 

Successivamente mixato a Los Angeles ed edito dalla Virgin, l’album doppio che faceva da apoteosi del sogno del Sessanta e da elegia della sua fine uscirà nel 1972 avvolto in una sontuosa jaquette tappezzata dalle foto di Robert Frank (nato nel 1924, morto nel 2019), il fotografo svizzero naturalizzato americano la cui fama era dovuta al suo libro fotografico pubblicato dapprima in Francia (Les américains, 1958) e l’anno dopo in America (The Americans, 1959). Nell’attribuirgli un posto d’onore nella scala dei vinili di ogni tempo, la rivista Rolling Stone presenterà così Exile from Main St.: “In quella tempesta deliberatamente fitta – i fieri scambi di riff tra Richards e Mick Taylor, il lussurioso sussultare della macchina ritmica di Bill Wyman-Charlie Watts, l’abbaiare da animale in gabbia e il canto confidenziale di Mick Jagger – stanno il più grande album degli Stones e la dichiarazione autoriale definitiva di Jagger-Richards di orgoglio fuorilegge e audace dedizione”.

Di più su questi argomenti: