Charlotte Perriand e il suo mondo

Giulio Silvano

Architetta di rifugi e stazioni invernali in Alta Savoia ma anche di mobili per gli sfollati. Oscurata dalla figura di Le Corbusier, Perriand torna in un libro 

“Qui non ricamiamo cuscini!”, dice Le Corbusier nel 1927 cacciando una giovane Charlotte Perriand che aveva provato a entrare nel suo atelier parigino. Ma dopo poco il teorico svizzero della machine à habiter si ricrede, vede un suo allestimento al Salon d’automne e la invita a lavorare con lui e con Pierre Jeanneret. Dietro alcuni dei più importanti pezzi di culto, prezzemoli nelle riviste di interni e nelle aste di modernariato, c’è anche lei, Perriand, dalla Chaise longue LC4 al Grand Confort, il divano cubico di pelle racchiuso dall’acciaio cromato, roba da collezione permanente del Moma. Viaggi a Mosca negli anni Trenta e ingresso nella Association des écrivains et artistes révolutionnaires, denunce delle condizioni della vita dei più umili a Parigi, perché manca un piano urbanistico, dice. Sciatrice, architetta di rifugi e stazioni invernali in Alta Savoia ma anche di mobili per gli sfollati. Concepisce per la zona notte dei dormitori della Cité de refuge dell’Esercito della salvezza un set di letti a castello formati da un telaio in tubolare lucido e mobili impilabili a basso costo ispirati alle attrezzature da campeggio. Sua la Chaise longue basculante stabile e dondolante insieme. Bellissima la sua lampada Pivotante à Poser molto stile industriale.

 
Poi un allontanamento dall’acciaio, verso il legno, la riscoperta delle forme naturali, infatti rifarà anche la chaise-longue in bambù e legno nel ’40 dopo i viaggi in Giappone. Alla fine degli anni Sessanta Perriand disegna gli interni della dimora dell’ambasciatore nipponico a Parigi. Ecco, il Giappone, meta che trasforma, o che influenza più di un incontro con Walter Gropius, tanti designer e architetti del Novecento. La poesia del Sol Levante ha avuto un soft-power nel design europeo simile a quello degli Usa nel cinema. Tutto questo, un’infarinatura necessaria per apprezzare Perriand, le sue opere e soprattutto i suoi interni – come quello del suo chalet alpino, un po’ Heidi un po’ Kyoto – ce la dà il libro dedicato all’architetta che inaugura una nuova collana dell’editore Johan & Levi, La biblioteca dell’amatore. Questo è scritto da Anne Bony con una postfazione di Kengo Kuma che sì ci racconta dell’influenza su Perriand dell’estremo oriente, ma anche il contrario. Il lascito della designer in Giappone non è da poco. Figure come Sori Yanagi, che riformerà poi il movimento Mingei, e Junzo Sakakura che accompagnò Perriand, nata il 24 ottobre di 120 anni fa, in giro per il suo paese le devono molto. “Senza i viaggi con Charlotte Perriand, è probabile che il Sakakura di cui parlo non sarebbe mai nato. Dai semi gettati insieme durante quell’avventura ha preso vita un Giappone dolce, amabile, del tutto diverso dal Giappone potente e muscolare di Kenzo Tange”, scrive Kuma.

   
Il secondo volume della collana è dedicato a Ettore Sottsass, anche lui, oltre all’amicizia con Shiro Kuramata che invitò nel gruppo Memphis, interessato alle forme asiatiche. Scriveva Sottsass che la tradizione giapponese “è determinata da un imperativo mistico che ha dotato quella società di un ordine e di un equilibrio perfetto, antico e astratto fino ad una sublime purezza”.