Germano Celant (foto Ansa)

terrazzo

Abate con l'occhio di Celant

Giacomo Giossi

Viaggio in un secolo di arte attraverso la lente del fotografo italiano. Un libro che racchiude la panoramica di un tempo irripetibile per l'unicità di chi lo attraversò

L’apparenza è quella del monumento, il titolo, secco: Claudio Abate, poi in copertina solo la dicitura: “Un progetto di Germano Celant”. Il libro di una vita, il racconto di una vita, ma in realtà basta sfogliarlo, lasciare che le pagine caschino l’una sull’altra per rivelare l’acuta leggerezza dello sguardo che fu del più importante fotografo d’arte contemporanea. Ovvero un reporter, un documentarista, un catalogatore, uno scopritore d’anime inquiete e infine, ovviamente, un artista lui stesso. Il libro diviene così l’occasione ghiotta per attraversare un secolo di arte attraverso la lente fotografica di Carlo Abate, ma anche per capire come questa vita pazzesca possa prendere forma tra le pagine di un libro, attraverso il lavoro compiuto giorno dopo giorno da Abate. E qui il libro si trasforma, da oggetto totalmente fisico in una forma immateriale, fatta di desiderio e di relazione. L’incontro tra Claudio Abate e Germano Celant e l’idea di un libro pensato, progettato, ma purtroppo non portato a termine in vita dal grande curatore genovese. Il libro dunque non è curato da Germano Celant, ma resta un libro da lui pensato. Una vera e propria visione in forma di lascito, un varco aperto che mostra l’abilità e il pensiero di Celant nella pratica, nell’elaborazione di un prodotto che qui assume l’aspetto di un omaggio condiviso tra Abate e Celant. Architrave che sostiene interamente la pubblicazione la bella e densa cronologia di Ilaria Bernardi che diviene in parte una biografia di Claudio Abate e in parte di un Novecento italiano che vede incrociarsi artisti e intellettuali, politici e attori.

Un tempo isolato che precede il chiacchiericcio, il costume e lo scandaletto. Quella di Abate non è una fotografia che si sovrappone all’opera, ma che aspetta e accoglie in maniera totalmente aperta l’oggetto d’arte, comprendendolo ed elaborandolo. Una relazione conoscitiva ed erotica che mira al massimo potenziale del sensibile, rivelando e svelando. Il volume è un ricco e multiplo quadro della capacità mimetica di un fotografo, ma è anche la dimostrazione dell’abilità di Germano Celant nel mostrare, intrecciando vite e opere, quella linea cronologica a cui ognuno è appeso e che qui Claudio Abate attraversa con il coraggio leggero di un funambolo. Libro ricchissimo, panoramica di un tempo che ha la sua irripetibilità non nella nostalgia di ciò che fu, ma nell’assoluta unicità di chi insieme ad Abate lo attraversò. Al tempo si deve la quantità, il peso, gli  anni, ma più di ogni cosa resta l’impalpabile “click” del momento esatto, della scelta, in cui tutto il resto si perde. Scrive in chiusura del suo saggio introduttivo Carlos Basualdo: “L’artista/fotografo trova finalmente la possibilità di realizzare fotografie come opere d’arte per documentare altre opere d’arte, in un equilibrio impeccabile  definitivo tra opera e contesto che rappresenta allo stesso tempo il suo testamento e un nuovo inizio”. 

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