Rendering di isola artificiale del Sseasteading institute 

Terrazzo

I big della Silicon Valley progettano la città ideale. E c'è anche la vedova di Steve Jobs

Michele Masneri

La fuga da San Francisco e la riscoperta dei borghi, ma solo a certe condizioni. Ci pensa la compagnia Flannery Associates 

Sarà che nei borghi veri non vuole andare a vivere nessuno (né in America né in Italia, quest’anno pure gli americani si son accorti che a Positano ci son troppe scale), sarà che tutti amano un tipo di campagna immaginaria, campagna pettinata con arie condizionate e wi-fi di ultima generazione e consegna pacchi Amazon in giornata e vicini decenti e fit con Tesla, non i vecchietti occhiuti e il Conad che fa pausa dalle 12 alle 17 e non accetta le carte; insomma chi può s’attrezza per fuggire dalle città, ma solo a certe condizioni. 


“Siamo lieti di presentare un progetto che porterà posti di lavoro ben retribuiti, energia pulita, ambiente salutare”, ha detto un rappresentante della compagnia Flannery Associates in questi giorni, compagnia sconosciuta che farebbe capo a un tale Jan Sramek, trentenne ex dipendente di Goldman Sachs e astro nascente della finanza che vorrà andare a vivere anche lui in campagna e che secondo New York Times e Wall Street Journal ha ammassato negli ultimi anni migliaia di ettari in California per creare una città dal nulla. E non per abitarci lui ma per mettersi in testa un’idea meravigliosa con meravigliosi margini. La Flannery Associates avrebbe acquistato progressivamente in almeno 5 anni 800 milioni di dollari (secondo il Wall Street Journal 1 miliardo) in terreni a nordest di San Francisco,  nella Contea di Solano, vicino alla base aerea di Travis a Fairfield e verso la capitale Sacramento. Per costruirvi una città ideale, di migliaia di case, con energia pulita garantita da una centrale a pannelli solari, frutteti, architettura sostenibile e quant’altro.


Gli investitori e futuri abitanti di questa Citylife californiana non sono palazzinari qualunque e nemmeno spie come qualcuno ha temuto vista la vicina base dell’Air Force, ma sarebbero personaggioni della Silicon Valley: Michael Moritz, presidente di Sequoia, grande guru del venture capital, che sarebbe il primo firmatario dell’idea; poi il fondatore riflessivo di LinkedIn Reid Hoffman; Marc Andreessen, il leggendario venture capitalist della Andreessen Horowitz;  Patrick e John Collison, i due fratellini bilionari inventori della piattaforma di pagamenti Stripe; e poi la vedova di Steve Jobs Laurene Powell Jobs e tanti altri. Insomma un’Olgiata di miliardari tecnologici pronti a insediarsi in una campagna blindata e rigogliosa tra San Francisco e le zone vinicole di Sonoma e Napa.

 

Tutto è segreto, si sa solo che gli acquirenti già si son scannati coi proprietari locali, accusati di mettersi d’accordo per alzare i prezzi dei loro terreni subodorando l’affare; non si sa invece quando inizieranno i lavori, chi la progetterà la città, se archistar siderali oppure sconosciuti studi locali oppure ancora delle intelligenze artificiali a km zero. Se Los Angeles è da sempre città ghiotta di design forestiero (al momento tutti vogliono case disegnate da Tadao Ando, Beyoncé e Jay Z. ne hanno una a Malibu e una la vuole pure  Kanye West, e pure la sua ex  Kim Kardashian, per farlo rosicare), San Francisco  architettonicamente è più basica. A parte qualche incursione di Ettore Sottsass, il SfMoma disegnato da Mario Botta e l’Accademia delle scienze di Renzo Piano (e il De Young Museum di Herzog & de Meuron), nella committenza privata prevale la villetta monofamiliare senza nome ancorché miliardaria e magari ottocentesca, con retrofit antisismico. 


Però qui da sempre alligna il sogno di fondare città dal nulla (mito delle origini; la frontiera, il “go west”, spirito dei pionieri, corsa all’oro, e del resto la stessa città di San Francisco fu creata in pochi mesi, a metà Ottocento – di lì le strade sconclusionate e ripide - e poi ricostruita dopo i terremoti). Poi c’è l’ego ingegnoso dei siliconvallici che senza tregua agognano mondi paralleli e migliori.  Anni fa si andò a una riunione del Seasteading Institute, una delle fantasiose società di Peter Thiel, già fondatore di Paypal e siliconvallico però di destra, che costruisce isole artificiali galleggianti da piazzare in  acque internazionali (risultate molto utili invece agli stati insulari che si vedono dimezzare la cubatura dall'innalzamento dei mari). Aleggia poi il mito della solita Ayn Rand, l'Oriana Fallaci della Silicon Valley, scrittrice che immaginava un mondo popolato solo da ganzi maschi talentuosi senza leggi né remore (né tasse). E del resto i grandi capitalisti anche tecnologici da sempre creano enormi tenute, in previsione di cataclismi nucleari o climatici o politici (magari da loro stessi causati, o agevolati). Bill Gates è il più grande proprietario terriero d’America, Marck Zuckerberg ha vasti appezzamenti alle Hawaii, e così via. Secondo il New York Times sono anni che Moritz accarezzava l’idea di una “nuova San Francisco” però coi vantaggi della campagna. Tanti poi di questi inventori-magnati hanno il pallino dell’architettura: il cofondatore di AirBnb, Joe Gebbia, è un architetto e designer e appassionato studioso di  case ecosostenibili. Insomma, era solo questione di tempo perché alcuni di questi si mettessero insieme e andassero a vivere in campagna, una campagna idealizzata tipo Barbieland a misura di sibarita organico.  Mica facile però. Lo spazio in questa parte di California è da sempre un problema. Leggi urbanistiche molto severe, costi altissimi,  si sono scontrati col desiderio di contenitori speciali per esseri speciali (in posti speciali). Google e Facebook han fatto le loro cattedrali, e  Steve Jobs gli ultimi anni di vita li ha dedicati più che a curarsi ad accumulare terreni carissimi per costruirvi il suo quartier generale-mausoleo rotondo. E’ anche un modo che hanno per celebrare questa terra unica che li ha fatti grandi.


Ma oggi  conterà  pure la narrazione di San Francisco ormai città terminale, infestata da homeless assetati di sangue e fentanil, romanzo al novanta per cento inventato dai media di destra americani e poi pigramente rimbalzato su tutti gli altri anche in Europa (cosa c’è di meglio di una città di fricchettoni ricchi e democratici da deridere? E’ come i soldi ritrovati nella cuccia a Capalbio). Il tasso di homeless è  molto più alto in realtà a Las Vegas, e in altre città americane, i reati sono in calo ma non ne parla nessuno perché San Francisco è diventata il Pd, è diventata la Soros delle città, è colpevole di tutto e a tutti piace biasimarla. Anche tanti che ci abitavano l’hanno abbandonata  non per i senzatetto, che quelli erano e quelli sono rimasti, ma perché col Covid hanno scoperto che si lavora molto meglio da casa, evitando il traffico micidiale  della città, e hanno rivalutato i loro borghi.  In tv adesso vedono San Francisco raccontata dalla televisione, si spaventano, e sognano il compound. Poi tra vent’anni un Nanni Moretti siliconvallico dirà: ma San Francisco negli anni Duemilaventi era una città bellissima! Cosa ci siete andati a fare nei borghi…

  • Michele Masneri
  • Michele Masneri (1974) è nato a Brescia e vive prevalentemente a Roma. Scrive di cultura, design e altro sul Foglio. I suoi ultimi libri sono “Steve Jobs non abita più qui”, una raccolta di reportage dalla Silicon Valley e dalla California nell’èra Trump (Adelphi, 2020) e il saggio-biografia “Stile Alberto”, attorno alla figura di Alberto Arbasino, per Quodlibet (2021).