Due pagine del libro di Electa, “Pier Luigi Nervi. L’Ambasciata d’Italia a Brasilia”

Che Nervi a Brasilia

Michele Masneri

L'ambasciata italiana in Brasile ricordata nel recente volume di Electa 

Giusto prima di dimettersi per un’ennesima scissione del Psi, nel 1969, Pietro Nenni, allora ministro degli Esteri, incaricò Pier Luigi Nervi di costruire la nostra ambasciata a Brasilia. Il maestro del cemento armato che tutto il mondo ci invidiava, invitato a tenere corsi e conferenze da Buenos Aires a Harvard, si distingueva dai brutalisti austeri del nord o est Europa per le sue strutture difficili da produrre in serie, come in questo caso i tetrapodi che sollevano la struttura sullo specchio d’acqua e sul giardino sottostante. Veniva chiamato dai grandi architetti quando si trattava di “vestire” strutture difficili, come il Pirellone di Milano, come gli stilisti anche fondamentali che poi però per il vestito buono vanno dal vecchio sarto (e un giorno bisognerà celebrare gli stilisti del cemento armato italiano, i loro stili, la loro eccentricità, il made in Italy laterizio).

   

L’editore Electa ha pubblicato ora una nuova edizione del volume monografico di Sergio Poretti e Tullia Iori, “Pier Luigi Nervi. L’Ambasciata d’Italia a Brasilia”, con fotografie di Leonardo Finotti. Poretti, scomparso lo scorso anno, recentemente aveva avviato il progetto di ricerca SIXXI, per ricostruire la storia dell'ingegneria strutturale italiana del XX Secolo. Qui a Brasilia – che si prepara a celebrare il giuramento del temibile Bolsonaro – l’ambasciata d’Italia non sfigura accanto ai palazzi del più sfrenato modernismo nella città creata solo in tre anni, inaugurata nel 1960 nello stesso giorno del Natale di Roma (21 aprile). Orgoglio brasileiro, e dello sviluppo democratico aiustrale, come ricordò l’archistar e fondatore Lucio Costa alla triennale di Milano del 1964 con l’esposizione “Riposatevi”, fatta di amache provocatorie, oggi in mostra nuovamente a Rio; per dire allora (anche ai milanesi) che i brasiliani son quelli della pennica ma anche quelli in grado di costruire una capitale dal nulla in tre anni (ma poi, per sfiga suprema, proprio in quell’anno prese il via la micidiale dittatura). Corsi e ricorsi: oggi a Brasilia la residenza dell’ambasciatore sfoggia il miglior made in Italy e non sfigura accanto alle altre sedi diplomatiche tutte disposte ordinatamente nei lotti predisposti da Costa. Il completamento dell’ambasciata coincise quasi con la morte del suo autore, gettandola nell’ombra: ma ora viene giustamente riscoperta.

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