(foto Ansa)

fine mandato

La riforma del premierato che conta: il dopo Amadeus

Saverio Raimondo

Dalla non vittoria di Geolier alle illuminazioni  in un bagno. Nella musica leggera inizia una fase congressuale da sballo. Soluzioni possibili

Sono rimasto chiuso in un bagno a Sanremo. È successo l’altra sera, mentre sul palco cantava Irama. Mi trovavo in uno dei numerosi circoli giù al porto, brandizzato e allestito durante la settimana del Festival per ospitare visioni collettive attorno a un televisore amplificato, buttati su divani o sedute varie più o meno comode. A Sanremo tutti guardano Sanremo, lo si può seguire in ogni ristorante, bar o piazza dotata di maxischermo: è una specie di incubo, più che il Festival è il Panopticon della musica italiana. Potrei seguire la gara dalla sala stampa nel roof del teatro Ariston, ma lì il clima non è particolarmente vivace, si scherza poco, e poi il bar è modesto, l’altra sera aveva anche finito il ghiaccio (effetto dei cambiamenti climatici? Dopo lo scioglimento dei ghiacciai, quello dei cubetti di ghiaccio?); mentre se sei ammesso a uno di quei circoli di cui sopra (e io lo ero) c’è l’open bar, si tira tardi con maggiore allegria e tutto sommato l’interminabile Festival di Amadeus ti scivola via fra un bicchiere e una risata condivisa.

Solo che a un certo punto devo alzarmi per fare pipì; e solo una volta chiusa la porta del bagno mi accorgo che non c’è la maniglia, o meglio c’è ma è nel lavandino. Niente panico: faccio quello che devo fare, tiro l’acqua e poi busso alla porta, da prima in modo discreto, poi sempre più insistentemente; finché il mio picchiare contro il legno della porta non viene intercettato da un altro avventore. “Tutto bene?” mi chiede allarmato dopo che gli ho spiegato la situazione. “Sì, vorrei solo uscire” rispondo, calmo. Ma il mio tono tranquillo e la mia pazienza nell’aspettare “i soccorsi” non bastano a calmare lui: l’uomo libero dietro la porta chiusa è molto più preoccupato di me. Eppure il bagno non è il posto peggiore dove restare chiusi dentro, voglio dire c’è acqua corrente e se devi andare in bagno... beh, ci sei già.

 

Ma intanto che aspetto di essere liberato, rifletto sul fatto che forse ha ragione lui ad essere più allarmato di me, perché ben più di me quelli rimasti “chiusi dentro” sono tutte le persone fuori dal bagno ma dentro alla bolla sanremese, che per una settimana altera la realtà e la sua percezione al punto da renderla del tutto irriconoscibili e impossibili da esperire per chi si trova qui. Forse il bagno dove sono rimasto chiuso dentro è l’unico luogo reale di questa città in questa settimana, un avamposto di realtà. Il Festival di Sanremo non è lo specchio del paese; è la sua parodia. E ora ve lo dimostro, anzi, racconto.

 

La vittoria di Geolier nella serata di venerdì, che si è aggiudicato la serata delle cover grazie al televoto dei suoi numerosissimi fan (sollecitati dal cantante sui suoi canali social a televotare con più sim a testa, strategia concessa dal vuoto legislativo dell’attuale regolamento sanremese che necessità di una riforma elettorale), la vittoria di Geolier venerdì sera dicevo accende finalmente la sala stampa dell’Ariston, che fino alla serata conclusiva era rimasta noiosa e distratta: venerdì sera ho visto con i miei occhi un giornalista giocare sul computer a un videogioco mentre era in corso il Festival.

Per la finale di sabato invece il clima in sala stampa è elettrico, la tensione palpabile. La posta in gioco è alta: il rischio è quello di consegnare il paese alla Campania. Il pensiero di Geolier in Europa, all’Eurovision (vallo a spiegare in Svezia il giochetto delle sim...) crea il fronte del “voto utile”. La forte affluenza al televoto che si registra durante la serata allarma chi ha a cuore le istituzioni. Le uniche cantanti in gara che hanno la possibilità di contendere la vittoria a Geolier sono Annalisa e Angelina Mango: in un paese responsabile, una delle due si ritirerebbe dalla gara e direbbe ai suoi fan di votare l’altra, come in Francia contro Le Pen. Ma questo non accade, e ciò investe la giuria della sala stampa del ruolo di fronte repubblicano e argine al populismo. Dalle consultazioni durante la diretta, fitte e un po’ agitate, emerge il nome di Angelina Mango: la maggior parte della sala stampa converge su di lei come “punto fortissimo di riferimento per tutta la musica pop”; non da ultimo, il fatto che il suo brano in gara “La Noia” abbia suggestioni musicali partenopee (come già la sua hit precedente) fa ritenere che possa intercettare parte della base elettorale di Geolier. Nasce il movimento “liberali per Angelina”; e io stesso, che fra le due avrei votato senza indugio Annalisa (meno ambigua della Mango sia sull’Ucraina che sul tema dei diritti) sono disposto a turarmi il naso e votare post-ideologico per Angelina, per il bene dell’istituzione sanremese. Ma la sala stampa è meno compatta del Nazareno: la fronda “annalisista” non cede, è influente e ha fra le sue fila voti di peso. Un veterano della sala stampa sanremese, un “Grande Elettore”, mi dice che Angelina “è come Marco Carta”, non resterà a differenza di Annalisa, che ha dimostrato di essere solida e preparata.

 

Che Annalisa sia classe dirigente non ho dubbi; ma fra le due chi ha più chance al televoto? L’endorsement di Luca Argentero sul palco dell’Ariston per Annalisa fa effetto Hillary Clinton: è lei la favorita, “quella giusta”, la prescelta dai poteri forti... quindi non vincerà. La sala stampa non si compatta, non si riesce a fare fronte comune, una giornalista mi dice di essere stanca di compromessi (lei nella vita reale vota Marco Rizzo); e quando arriva la cinquina per il voto finale è chiaro a tutti che il voto della sala stampa sarà disperso, perché la frangia più a sinistra voterà per Ghali. “Ci becchiamo Geolier per cinque anni!”, grido al bar dell’Ariston sperando di destare qualche coscienza; ma di rimando mi sento rispondere “Avete avuto Mahmood per dieci anni, e cosa avete fatto?!”. Provo a far ragionare il collega che l’ultima volta Mahmood non ha vinto da solo, era in coalizione con Blanco, il quale era un alleato bizzoso come si è visto l’anno scorso quando ha distrutto i fiori sul palco dell’Ariston. Da qui la decisione di Mahmood quest’anno di correre da solo -e perdere; forse, se si fosse presentato con Ghali... Ma ormai non è più tempo di discutere o ragionare, la sala stampa ha solo 1 minuto per votare sull’apposita app e si può esprimere una sola preferenza. Voto perso per voto perso, alla fine io voto da maschio bianco etero e clicco su Annalisa.

 

Dopodiché inizio a mettermi su la giacca, voglio andarmene per le strade di Sanremo ancora lucide di pioggia senza vedere il vincitore, tanto già lo so e non lo voglio vedere. Ma anche in strada il verdetto mi raggiunge dalle casse ancora accese di un ristorante in chiusura: vince Angelina Mango! Geolier secondo. Il pensiero mi corre all’intervista a Pupo di qualche mese fa, che sostenne di aver vinto Sanremo nel 2010 con Emanuele Filiberto di Savoia e Luca Canonici, ma una telefonata del Quirinale fece cambiare la classifica a loro svantaggio. Intervento provvidenziale del Colle anche stavolta? O anche solo del Ministero dell’Interno: la mancata vittoria di Geolier evita i festeggiamenti a Napoli, che avrebbero portato nella notte a morti e feriti da arma da fuoco. Non sono solo canzonette, è anche una questione di ordine pubblico. Intanto a Sanremo i fan di Geolier tentano l’assalto del Casinò come fosse Capitol Hill; ma nella città che non dorme mai (da una settimana) è tempo di feste e party esclusivi, presi a loro volta d’assalto da chi vuole festeggiare il risultato elettorale e la tenuta dell’istituzione sanremese. A chi andrà all’Ariston dopo Amadeus spetta il delicato compito di correggere il sistema di voto, affinché sia garantita la rappresentanza ma anche un sistema di pesi e contrappesi che garantisca al Festival di mantenere i suoi impegni con l’Europa. Ora Angelina dovrà parlare a tutto il paese; e nella musica leggera italiana inizia una fase congressuale di profonda riflessione, aperta dalle dimissioni di Diodato.

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