Tokyo 2020

Il disastro olimpico della Rai

Apprezzabile lo sforzo, ma il confronto con la concorrenza è imbarazzante. Non si può restare al Novecento

Matteo Matzuzzi

La tv di stato ha un gioiellino (RaiPlay) che non usa. Le Olimpiadi solo su Rai 2 o sulle frequenze radio Fm. E lo streaming? Non c’è. Appello ai nuovi vertici: per favore, entrate nel Terzo millennio

Roma. E’ estate, si va in vacanza. Un bel weekend al mare, crema solare, lettino, cuffie e tablet per gustarsi in relax le Olimpiadi di Tokyo.  Niente di meglio che usare la più fortunata delle invenzioni Rai degli ultimi decenni, quella RaiPlay che non ha niente da invidiare ai colossi del settore. Peccato che, su RaiPlay, non ci sia niente. Neppure un secondo di taekwondo, sport di cui diveniamo cultori a ogni tornata olimpica. Neanche un colpo di fioretto. E i piattelli, chi li ha visti?  Niente. La Rai, infatti, per una mera scelta economica  –  scellerata – non ha comprato i diritti per trasmettere i Giochi in streaming. Volete riparare sulla radio, magari sintonizzandovi col vostro iPhone su Rai Radio 1 e la sua “tutta l’Olimpiade minuto per minuto”? Provateci: ascolterete solo musica di vario genere (domenica mattina all’alba, mentre in Giappone ci si giocava qualche oro, Radio 1 trasmetteva “E allora mambo” di Vinicio Capossela seguito da apprezzabili successi degli 883). Come mai? Stesso motivo: i diritti. L’Olimpiade la potete seguire sì su Rai Radio 1, ma solo sulle care vecchie frequenze FM o Dab. Insomma, bisogna sintonizzare la radiolina, come una volta. Presente la scena di Fantozzi che si fa orientare da Mariangela la radio in auto pur di non perdersi un istante di Inghilterra-Italia? E’ la stessa cosa.

 

Ecco allora un appello ai nuovi vertici della tv pubblica: fatela entrare nel Terzo millennio. E’ inutile versare lacrime sui giovani che  preferiscono Netflix se poi, quando potrebbero ricordarsi di mamma Rai, lei non si fa trovare. Il modello scelto per seguire i Giochi è lo stesso di sempre, vecchio: un unico canale dedicato per duecento ore complessive, tg olimpico ogni due ore, specialone in prima serata riassuntivo e spezzatino continuo. Si salta da uno sport all’altro, prediligendo il fatto che ci siano italiani e dando poca importanza al “peso” dell’evento: Francia-Stati Uniti di basket, forse, meritava più di una gara di softball (con tutto il rispetto). Si inizia a guardare un match di volley e subito si viene risucchiati nell’ultimo scorcio di un assalto di sciabola perché un italiano è in gara anche se sotto di otto-nove stoccate. Finito quello, si passa alla canoa. Tre minuti dopo, il tiro con l’arco. E così via, un pastone che fa vedere molto (non tutto) ma che alla fine disorienta il povero spettatore. Con incidenti spaventosi sempre in agguato, come accaduto domenica, quando la finale per il bronzo del fioretto femminile è stata mandata in differita perché alle 13, con puntualità sovietica, andava trasmesso il Tg2, che tra un servizio sulle vacanze a Portofino, la Caritas di Torino e la giornata degli anziani, faceva sì che la rete olimpica si perdesse pure la corsa alle medaglie degli azzurri. Oltre al danno, poi, puntuale arriva la beffa: mandando in differita l’assalto di Alice Volpi nel fioretto, Rai 2 si perdeva il bronzo del pesista Mirko Zanni. E’ un modello, questo, che andava bene vent’anni fa, quando quella era la contemporaneità. Peccato che dopo siano arrivate Sky, Dazn, Netflix, Prime Video, Discovery, che hanno reso impensabile il non poter usufruire, nel 2021, dei servizi in streaming e della contemporaneità. Paradossalmente, la Rai sta costringendo chi non vuole perdersi neanche un minuto delle Olimpiadi (e non ha intenzione di sorbirsi le sintesi delle gare dal tg olimpico trasmesso da uno sgabuzzino nipponico) ad abbonarsi alle piattaforme rivali a pagamento. RaiPlay è universalmente riconosciuta essere un gioiellino: è un gran peccato non averla usata al meglio in occasione di Tokyo. Sarebbe stato un bel colpo d’immagine per la tv pubblica di stato, che con poco avrebbe anche fatto dimenticare al telespettatore attento qualche defaillance nelle telecronache e le grafiche da tv locale che non reggono il confronto con la concorrenza. Occasione persa, peccato. L’importante è non perseverare: fra un anno ci sono i Mondiali, fra tre i Giochi di Parigi. 

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  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.