In difesa dei Giochi. Le Olimpiadi sono la massima istanza globalista possibile

Giuseppe De Filippi

Pensate che il movimento olimpico si possa fermare? È il motore dello sport mondiale

Fate sparire le Olimpiadi e dovremmo correre a inventarle di nuovo. Costano care, ma danno molto di più. E non per quei calcoli, un po’ ingenui, è vero, sui ricavi diretti, intorno ai quali ci si potrebbe accapigliare per mesi, tanto chi vuol vedere solo le perdite e i danni vedrebbe solo quelli. Ma, per quanto sia ampia e dettagliata la matrice usata, calcolare gli effetti economici di un’Olimpiade resterebbe difficilissimo e, soprattutto, inutile, senza guardare un po’ più in là nello spazio (perché i benefici o se volete gli effetti, sono globali) e nel tempo (perché ogni edizione dei Giochi comincia quattro anni prima dello svolgimento e dura per i quattro anni successivi).

 

Questa volta le Olimpiadi, che pure sono rette, a livello mondiale, da un’organizzazione rigida e piuttosto burocratica, hanno anche dato prova di adattamento (era successo solo per le guerre mondiali che si dovesse cancellare una data prevista). Hanno retto alla pandemia e, ora, stanno reggendo alle proteste di chi dice che non andavano svolte a causa della pandemia. I media, nazionali e mondiali, enfatizzano le proteste dei giapponesi contrari ai Giochi, segnalano le lamentele degli albergatori (come si dice ristori in giapponese?) e degli altri agenti del turismo, informano sui buchi finanziari e sui rischi di contagio.

 

Tutto vero ma, ancora più forte, anche di fronte a queste terribili difficoltà, è la spinta di quella strana creatura che si chiama movimento olimpico.

 

Il punto è che, per quanto possa sembrare possibile, e per alcuni perfino allettante, l’idea di uno sport sovranista, chiuso in un paese e tutto svolto lì, nella realtà non funzionerebbe. Serve, invece, quel consesso variegato, non esente da errori e corruzione o da ipocrisie nel trattare con le storture di ciascun paese, ma che è un consesso mondialista.

 

Le Olimpiadi sono il motore di tutto lo sport mondiale, ne sono l’impulso iniziale e l’approdo finale, servono a valorizzare tutte le discipline, a portare centinaia di milioni di giovani verso la pratica di uno sport e a spingere verso il consumo sportivo (senza il quale non esisterebbe la floridissima industria che lo alimenta e sostiene), creano l’immagine dello sport, da cui poi derivano esternalità positive, per parlare come gli economisti, per tutti.

 
E sono, per loro vocazione e per loro mandato, la massima istanza globalista possibile, con la standardizzazione delle regole e il valore mondiale delle decisioni del Cio. I casi di divergenza sono minimi e sono passati alla storia come eccezioni da cui la tradizione olimpica e uscita rafforzata, come è successo nei boicottaggi o con le forzature di alcuni regimi dittatoriali. Tutto questo, ovviamente, non poteva fermarsi per il Covid, anche se la sfortuna ha voluto che si finisse in un paese dove la incultura No vax è molto diffusa. Ora, tra bolle e bollettini, si va avanti come è possibile. I campionati di calcio nazionali, le coppe europee e, recentissimamente, gli europei, hanno mostrato che, tra problemi e contestazioni e con un po’ di elasticità nei tempi di svolgimento, i grandi appuntamenti sportivi riescono a essere completati. E quanto ci sono serviti, proprio in questi giorni, anche con qualche errore nel controllo degli assembramenti. Per le Olimpiadi vale tutto questo e vale molto di più. Qualche atleta non potrà gareggiare per positività Covid. Cose che succedono, ma si va avanti. Mostrando anche la strada ai paesi. Ciascuno col suo Green pass, per non fermarsi più.
 

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