X Factor, come l'Italia, è in mano agli interisti per tendenza. Guai a essere eccezionali

Simonetta Sciandivasci

Gli inediti sono tiepidi, la democrazia diretta dilaga, e non ci resta che piangere, o parlare con enfasi

L’Italia, come X Factor, è nelle mani di gente che ama fallire, degli interisti per tendenza. “Antonio Conte non ne sbaglia una neanche morto”, ha detto ieri sera Cattelan, in apertura di puntata, e siccome non siamo Beppe Sala, non smentiremo la fesseria con i dati, primo perché non interessano a nessuno e secondo perché tifare Inter, per il miglior conduttore italiano messo alla guida di un programma non programma, significa “avere sempre qualcosa che ti guasta la festa”: non metteremo il dito nella piaga. Conte ha fatto a Icardi quello che X Factor tenta di fare a Cattelan dandogli la parte di telecomando, tout se tient. “Questo sistema non c’è in nessun altro paese”, ha detto dopo aver spiegato il nuovo meccanismo di voto per gli X-fattorini, in base al quale ad andarsene al ballottaggio la prossima settimana sarà l’artista che fino a giovedì venturo risulterà il meno ascoltato sulle piattaforme online - “Sceglierà il mercato”.

 

 

Diceva Longanesi che la democrazia è una scusa per fondare giornali, ma in Italia è soprattutto una scusa per fare e disfare sistemi elettorali, siamo o non siamo il laboratorio politico più fervido fervente del mondo? Se alla democrazia diretta non arrivano Parlamento e Sanremo, le due istituzioni cardine del paese, ci pensa X-Factor a fare da apripista, scongiurando così le indignazioni indimenticabili che l’ultimo festival s’era attirato addosso a febbraio scorso, quando gli italiani da casa decretarono che la giuria degli esperti aveva scippato la vittoria al candidato del popolo per darla a quello dell’élite. Mahmood, il vincitore della kasta che miete consensi e successi da mesi, non proprio a riprova di quanto elitaria sia stata la sua vittoria sanremese, ieri sera è stato ospite in apertura, con la sua “Barrio”, pezzo che il Pigneto dovrebbe dedicare all’ex ministro Trenta. Hanno inseguito il populismo anche i Booda, con un inedito musicalmente fenomenale e però parecchio diminuito da un testo così sintetizzabile: Madagascar 5, lo zoo in fuga a Montecitorio – “siamo le formiche rosse pronte per la guerra, guardaci dall’alto […] tu credi di condurre il gioco[…] tanto è inevitabile che scoppierà la guerra” (ma è una poesia di Dibba?).

  

 

I giudici hanno apprezzato, facendo tuttavia trapelare un po’ dello sgomento per il testo, che Ayane ha così commentato: “L’uso di acronimi permetteva di entrare e uscire dalla cosa”. Ma certo! Come no, gli acronimi, La Cosa, La Bestia, i gattini, Salvini, le sardine, entriamo, usciamo, ululì, ululà.

    

Come che sia, sempre meglio Ayane dadaista di Samuel Miss Italia: ieri è riuscito a dire che il pezzo dei Sierra parla di un tema altamente sociale, e cioè il momento in cui l’amore smette di essere tumultuoso e s’arena, s’appiattisce, trascolora e dall’euforia si passa alla stasi. Maionchi ha obiettato che non c’è niente di sociale e lui le ha risposto che “se nel mondo tutti ci amassimo non ci sarebbero le guerre”. Samuel, scusi, ma a casa tutto bene? Ciascuno difende il siero della propria giovinezza con le unghie e con i denti, per carità, però su, un po’ di contegno. Come sia possibile che uno che ha cantato “Ti cerco perché sei la disfunzione, la macchia sporca, la mia distrazione, la superficie liscia delle cose” possa ritenere che due che scrivono “Sto in disparte come nel selfie di uno sconosciuto che m’ha preso per sbaglio” siano eccezionali parolieri non è spiegabile che con la paura d’invecchiare, e lo abbiamo già detto: i Sierra sono l’antirughe di Samuel, che con loro si lascia andare, si libera dalle inibizioni sabaude e dice persino “Cazzo!”, facendo commuovere Maionchi. Trasparenza per trasparenza, l’inedito dei Sierra non è male, ha un refrain bellissimo, quel “Parliamo con enfasi” è un grande programma sentimentale, e se volete anche politico, la migliore opposizione al governo rossogiallo, che Giuseppe Conte aveva inaugurato, lo ricorderete, dicendo che avrebbe parlato “una lingua mite”. E invece no, la mitezza lasciamola al discorso della montagna. Noialtri, a valle, parliamo con enfasi, esageriamo, strepitiamo, sbagliamo, esondiamo; le parole servono a sforare, a mentire, a “baciare con la mente, pensare con le mani”.

   

E gli altri?

  

  

Sofia è di nuovo la migliore, e forse il verso più bello degli inediti è il suo. Questo: “La nazionale sembra una frontiera che mi avvicina di più a te e poi domani ti porto con me su una cometa che si avvera”. Così immagina sia l’amore una quattordicenne che non lo ha mai provato, e che invidia fa tutta questa purezza, questo coraggio per l’ideale, a noi che l’amore pensato non ricordiamo più cosa sia, noi giovani in ritardo o vecchi in anticipo che abbiamo accumulato nient’altro che complicazioni e variazioni sulla nostra incapacità di andare al sodo, ad ammettere la nostra inappetenza e il terrore che ci fa riconoscere che l’amore è la sola forza trasformatrice che abbiamo (siamo nativi divorzisti, ci raccontano che il cambiamento che vogliamo vedere nel mondo sono i brexiteer). Qualcuno da amare è qualcuno che rende sopportabile il limite, la frontiera. Cara ragazza, non siamo alla tua altezza, noi sbagliamo da professionisti, complichiamo il pane e quindi vogliamo fare di te una Billie Eilish e ti appiccichiamo in faccia un effetto che ti fa piangere lacrime viola all’inizio di una canzone che non fa piangere ma tremare.

   

Non male Giordana. Era vestita in modo decente, ha strillato di meno, e siccome parliamo con enfasi facciamo finta che sia come, sempre parlando con enfasi, ha detto Sfera: Sia ha scritto un pezzo per lei (Samuel ha fatto debunking ricordando che Sia ha scritto un pezzo per X Factor e poi ha accettato che a interpretarlo fosse Giordana, trova le differenze).

   

 

Eugenio anzi Comete ha cantato la sua “Corn flakes” e di nuovo noi da casa, prima di andare a dormire, abbiamo scritto a quello che ci piace, o che amiamo, o tutte e due le cose: “Ehi”. Stavolta, lui ha risposto “Ohi”. Perché Comete è arrivato anche a casa sua. Parliamo con enfasi, mettiamoci molti ehi, molti ohi, che volendo rima con “da me che vuoi”.

   

 

Di eccezionale non c’è nessuno, e questo per l’Inter di lotta che ci siamo ridotti a essere dovrebbe essere un bene. 

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